Randagismo in Italia: quanto ci costa e perché è alimentato dal mercato nero dei cani

Nonostante l'Italia sia uno dei Paesi con più animali domestici in Europa, due gravi problemi pesano sulla situazione dei cani e dei gatti: il randagismo e la vendita illegali dei cuccioli

Pubblicato: 27 Agosto 2021 19:09Aggiornato: 1 Maggio 2024 17:50

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

In Italia una famiglia su tre ospita almeno un componente a quattro zampe, per un totale di oltre 32 milioni di animali da compagnia nelle case degli italiani, principalmente cani. La Penisola è il secondo Paese in Europa per numero di pelosi domestici. Questo dato non è però necessariamente legato all’amore per gli animali dei nostri connazionali, che, spesso per mancanza di strumenti per comprenderli, alimentano due fenomeni che danneggiano proprio i cani, ovvero il mercato nero dei cuccioli e il randagismo.

Per Coldiretti e l’Osservatorio sulle Agromafie il business illegale dei cani coinvolge oltre 400 mila cuccioli, con un giro di affari da 300 milioni di euro all’anno, che contribuisce all’economia sommersa e grava sulle spalle dei contribuenti e degli allevatori onesti. Si tratta di uno dei fenomeni criminali più diffusi, che riguarda direttamente e indirettamente un ampio numero di famiglie.

Gli animali domestici entrano nelle nostre case in diversi modi. Si stima che la provenienza degli amici a quattro zampe delle famiglie italiane sia divisa come segue.

  • Il 20,7% è stato regalato.
  • Il 19,3% arriva da una struttura di ricovero.
  • Il 17,1% arriva dalla strada.
  • Il 13% arriva da un allevamento.
  • Il 12,3% è stato comprato in un negozio.
  • L’11,4% è stato comprato da conoscenti o privati.
  • Il 5,7% è figlio di un altro animale domestico ed è stato tenuto.
  • Lo 0,5% è stato acquistato sul web.

I dati del mercato nero dei cani maltrattati

Tra questi canali si insidia il mercato nero. Un fenomeno che va dalla semplice vendita di cuccioli da parte di privati senza qualifiche e certificazioni, e ovviamente senza fattura, fino a una vera e propria tratta di animali dall’estero. Vengono portati in Italia a poche settimane di vita, spesso prima di essere stati svezzati ed educati alla socialità e senza microchip. Passano le frontiere con documenti falsi, che ne attestano la finta origine italiana e riportano l’ottima salute del cane, con vaccini e controlli medici spesso mai eseguiti.

Gli animali sono trasportati in contenitori con doppi fondi e chiusi, stipati in camion che percorrono lunghi tragitti, senza cibo né acqua. Molti non sopravvivono alla traversata. Chi arriva in Italia viene imbottito di farmaci per apparire sano ed essere venduto anche da negozi e allevamenti certificati, per mancanza di disponibilità di esemplari e per abbattere i costi delle pratiche corrette.

Ma l’acquisto di un cucciolo a prezzo ridotto può nascondere insidie anche economiche, oltre che etiche. Con un risparmio fino all’80% e prezzi che vanno dai 60 ai 1.200 euro, gli animali del mercato nero non sono sottoposti ad adeguati controlli e sono spesso maltrattati. Questo si traduce in alti costi per le cure veterinarie e un’aspettativa di vita molto bassa rispetto ai cani provenienti dagli allevamenti legali, anche a fronte del fatto che pur di non spendere cifre esorbitanti sul cucciolo malato, questo viene abbandonato.

Quali norme regolano il randagismo in Italia

Se da una parte tanti italiani sono disposti a spendere anche molti soldi per avere un nuovo amico a quattro zampe da inserire in famiglia, dall’altra c’è un Paese con un altissimo numero di randagi che invece potrebbero beneficiare delle cure domestiche. La lotta al randagismo è prevista da una legge di 30 anni fa, la numero 281 del 30 agosto 1991.

Questa prevede la promozione da parte dello Stato di comportamenti e azioni contro i maltrattamenti animali e l’abbandono, al fine di tutelare anche la sanità pubblica e l’ambiente. La norma prevede la sterilizzazione di cani e gatti e la cattura dei cani che vagano in libertà. Gli animali che entrano nei ricoveri non possono essere soppressi, e se non reclamati entro 60 giorni possono essere ceduti a privati mediante l’adozione.

I numeri e i problemi del randagismo in Italia

Nel corso del 2020, il governo ha stanziato un fondo di un milione di euro destinato al sostegno dei canili sanitari, che hanno accolto complessivamente 76.192 cani, e dei rifugi, che hanno accolto 42.665 cani. Nonostante questi sforzi, il numero di adozioni è stato di soli 42.360, con diversi fattori che hanno influito su questa situazione, tra cui l’epidemia di Covid e la diffusione di notizie false riguardanti la trasmissione del virus da parte dei cani e dei gatti.

Anche escludendo gli animali ospitati a lungo termine nei rifugi, che spesso vengono trascurati a causa di malattie, età avanzata o pregiudizi nei confronti di alcune razze, il numero di cani ancora in cerca di una casa e assistiti da volontari e operatori sanitari nel corso dell’anno passato sarebbe comunque stato significativo. Tuttavia, i cani catturati rappresentano solo una piccola parte del totale dei randagi, poiché la mancanza di fondi, spazi e personale impedisce di prendersi cura di tutti gli animali abbandonati.

Il problema del randagismo, nonostante i controlli rigorosi da parte delle autorità, continua ad essere alimentato dall’abbandono degli animali, specialmente delle femmine gravide che partoriscono cuccioli che riescono a sopravvivere nutrendosi di rifiuti o grazie all’aiuto dei volontari. Tuttavia, gli animali randagi che non sono mai stati socializzati e che hanno subito traumi possono manifestare comportamenti aggressivi, sia verso altri cani che verso esseri umani e bestiame, rappresentando una minaccia per la comunità e l’economia.

Cosa sono i cani di quartiere e come si tutelano

Il sistema presenta evidenti falle, e gli animalisti che si occupano già di curare i randagi hanno chiesto più volte un cambio di rotta alle istituzioni, con modelli che premino non solo le adozioni ma anche gli interventi sul territorio, oltre a maggiori investimenti pubblici. L’azione dei canili e di tante associazioni, in cui magari non sono presenti figure titolate sul comportamento dei cani e a conoscenza della normativa sul randagismo, è inoltre criticata dagli specialisti del benessere animale.

Spesso infatti non vengono presi in considerazione i cani di quartiere, che pure sono riconosciuti da una circolare del Ministero della Salute di 20 anni fa, la numero 5 del 2001. Sono animali che sono accuditi da comunità dove non rappresentano un problema per le attività umane e se stessi. Docili e abituati alla presenza dell’uomo, raggiungono tale status solo dopo un iter che varia di regione in regione ma che in genere prevede le opportune visite mediche, la sterilizzazione, la somministrazione dei vaccini e l’inserimento del microchip a nome del Comune di residenza.

I perfetti candidati come cani di quartiere sono però soventemente catturati da volontari e strutture, e magari trasportati a chilometri di distanza attraverso le staffette, con adozioni di animali che partono dal Sud e arrivano nelle regioni meridionali. A volte questi cani non riescono a integrarsi nei nuclei in cui vengono forzatamente inseriti, con un alto rischio di essere abbandonati in territori lontani da quelli familiari, sviluppando comportamenti che invece li rendono a tutti gli effetti dei randagi.

Bonus animali domestici: un aiuto concreto per i proprietari di animali

Nel 2024 è stato introdotto il tanto atteso “bonus animali domestici”. Questo bonus è destinato a sostenere i proprietari di animali d’affezione nelle spese veterinarie e nell’acquisto di farmaci veterinari. Il fondo ministeriale prevede uno stanziamento totale di 750.000 euro per tre anni, suddiviso in 250.000 euro per ciascun anno dal 2024 al 2026. Possono beneficiare del bonus i proprietari di animali d’affezione con un Isee inferiore a 16.215 euro e un’età superiore ai 65 anni.

Gli animali che rientrano nel bonus comprendono cani, gatti, roditori, conigli, furetti e uccelli. Per accedere al bonus per gli animali domestici, ci sono alcuni requisiti da tenere in considerazione. Prima di tutto,  avere più di 65 anni. Inoltre, l’Isee dovrebbe essere inferiore a 16.215 euro. Questo bonus è pensato per aiutare con le spese veterinarie, comprese visite, operazioni chirurgiche e farmaci veterinari.

Gatti randagi: le critiche al sistema normativo

Il sistema attuale prevede inoltre fondi solo per la sterilizzazione di gatti e non per la loro cura in gattili, oasi feline e colonie controllate. Solo nel 2020 sono stati sterilizzati 61.749 felini, ma non è chiaro quanti siano effettivamente stati adottati o catturati. Lasciati liberi, i comuni gatti domestici sono veri killer in miniatura. Sono cacciatori instancabili che uccidono non solo per necessità ma anche per divertimento e che possono causare danni ambientali irreparabili.

Sterilizzarli e rimetterli in circolazione, dunque, non sembra la scelta più green, anche se molti esperti sottolineano la natura ancora selvatica di questi animali, che storicamente non hanno vissuto un processo di domesticazione analogo a quello dei cani, e il loro benessere all’aria aperta. Il randagismo, sia felino che canino, è insomma un problema dalle tante sfaccettature e senza soluzioni semplici o immediate, che deve essere combattuto partendo dalle case degli italiani, con campagne di informazione mirate alla prevenzione dell’abbandono e a supporto della sterilizzazione degli animali domestici e ulteriori incentivi all’adozione.