Cambiamento climatico, c’è ancora speranza: gli interventi immediati

Il neopresidente dell'Intergovernmental Panel on Climate Change ha avvisato i governi mondiali: ecco le azioni da intraprendere per salvarsi

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Le condizioni climatiche rispecchiano con grande precisione ciò che gli scienziati ripetono in maniera allarmante da decenni. Da tempo, ormai, non possiamo più permetterci il lusso di guardare al futuro, in termini di interventi da attuare.

Tutto ciò che conta è il presente e, come sottolineato dal neopresidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, Jim Skea, è fondamentale agire in maniera unita. Un appello ai governi del mondo, al fine di rendersi conto di come la natura debba avere la precedenza. Già nel 2030, che è decisamente vicino, le temperature sul pianeta saranno in media più alte di 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali.

Nuovo allarme, vecchio cambiamento climatico

Per quanto ci sia ancora chi contesti la realtà del cambiamento climatico, i principali governi mondiali sembrano propensi ad agire per modificare lo status quo, almeno sulla carta. Nella realtà, invece, la grande preoccupazione è rappresentata dal fragile equilibrio societario creato.

Cambiare rotta in maniera radicale vorrebbe dire mettere in pericolo i sistemi finanziari e industriali sviluppati. Posti di lavoro perduti ed economie a rischio. Viene però da pensare a cosa possano giovare tali elementi in un pianeta che, senza essere catastrofisti, potrebbe ritrovarsi in un futuro prossimo/remoto alle prese con conflitti per le risorse che oggi consideriamo basiche e dovute

Il fisico scozzese Jim Skea, recentemente eletto presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, ha suonato nuovamente l’allarme, come altri prima di lui. Si è definito un ottimista per natura ma, allo stato attuale, è impossibile pensare di evitare di sforare la soglia più ambiziosa dell’accordo di Parigi.

Ecco il suo pensiero sintetizzato in maniera estrema: “I colleghi al lavoro al Working Group 1 sulla scienza fisica dei cambiamenti climatici sono stati chiari. Raggiungeremo un aumento delle temperature globali di 1.5 gradi intorno al 2030”.

Ha così aperto il suo discorso in collegamento da Nairobi, dove ha avuto la meglio su Thelma Krug, candidata brasiliana alla presidenza. Perché si definisce ottimista? Perché spera di poter raggiungere un primo obiettivo, abbassare la temperatura sotto la soglia prevista tra poco più di 6 anni, a patto che i governi applichino le necessarie politiche immediatamente.

Gli interventi per salvare la Terra

È troppo tardi per salvare la Terra? Per alcuni è ormai tardi per salvare noi, in termini di razza umana. Altri, invece, come Jim Skea, sperano in un futuro migliore, per quanto lontano e vissuto da differenti generazioni, ben distanti dalla nostra.

È però fondamentale avviare quel cambiamento ora: “I governi non hanno messo in atto politiche abbastanza ambiziose da raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Il mondo non finirà se diventerà più caldo di 1.5 gradi. Sarà però più pericoloso e i Paesi dovranno affrontare enormi problemi e ci saranno gravi tensioni sociali”.

C’è ancora speranza di intervenire in maniera netta e decisiva, così da evitare alcune delle peggiori conseguenze. Ecco le azioni che dovremmo intraprendere sul fronte governativo, su scala globale:

  • taglio al metano, così come a tutti gli inquinanti climatici di breve durata. Un’azione che potrebbe, da sola, ridurre di più di mezzo grado il surriscaldamento globale;
  • bloccare la deforestazione, consentendo di godere dei più grandi serbatoi di assorbimento di carbonio;
  • restituzione dei territori alla natura, dalle foreste alle zone umide, prosciugate per l’agricoltura;
  • modifiche generali del sistema d’agricoltura e alimentazione. I processi attuali non garantiranno la nutrizione per la futura popolazione mondiale. Si sottolinea, dunque, la necessità di passare a una dieta più sostenibile, ricca di verdure e povera di carne e latticini;
  • affidarsi alle energie rinnovabili, dalla eolica alla solare. Sfruttarle al massimo, insieme con lo stop al consumo di suolo per l’agricoltura, sarebbe un passo cruciale per ridurre le emissioni a effetto serra;
  • porre il clima al centro di ogni decisione politica, agendo su un fronte comune tra pubblico e privato, smettendo ad esempio di bruciare carbone immediatamente.