Allarme per la “superbomba” di Putin: cosa sappiamo

I timori di Usa e Unione europea per le prossime mosse del presidente russo, sempre più alle strette in Ucraina: l'incubo delle armi di distruzione di massa

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Nel drammatico scenario in evoluzione della guerra in Ucraina pare essere giunto il momento delle “bombe“. Dopo quelle vere, sganciate a tonnellate dai velivoli russi per compiere massacri e stragi di civili come a Bucha, aleggia ora lo spettro di quelle non convenzionali e di quelle dalla grande capacità distruttiva. Armi che tutto il mondo teme e osserva con angoscia.

Le difficoltà della Russia e i timori dell’Occidente

La Russia ha promesso conseguenze imprevedibili nel caso gli Usa e gli alleati continuino a fornire armi all’Ucraina. Lo stesso presidente Volodymyr Zelensky ha messo in guardia l’Occidente, sostenendo che Vladimir Putin potrebbe usare armi nucleari. Anche Bill Burns,  direttore della Cia, ha sostenuto che “non bisogna prendere alla leggera il possibile ricorso a questi metodi di guerra da parte di Mosca“.

Dopo aver lanciato l’allarme, tuttavia, sia da Washington che da Kiev hanno chiarito che, per ora, non ci sono avvisaglie concrete di un attacco nucleare. Gli insuccessi militari e le forti difficoltà riscontrate sul territorio ucraino a causa della resistenza locale potrebbero però spingere il capo del Cremlino a utilizzare armi nucleari ridefinite tattiche, meno potenti ma comunque dal potenziale devastante.

L’arsenale nucleare di Mosca e le armi a corto raggio

A differenza di quelle cosiddette “strategiche” con cui gli Stati Uniti e la Russia potevano colpirsi sparando dal proprio territorio (durante la Guerra Fredda erano usate come deterrente), quelle tattiche hanno una gittata minore. Sono ordigni più piccoli, con un raggio d’azione tra un chilometro e mezzo e otto chilometri, da usare in battaglia se le truppe russe non dovessero riuscire a vincere con le armi convenzionali.

Questa opzione potrebbe anche essere un modo per “convincere” l’avversario a desistere, tattica tipica della dottrina militare sovietica. I russi ne hanno circa 2mila nei depositi, non pronte all’uso, ma anche i Paesi europei ne hanno un centinaio, stoccate in diverse basi sul territorio del Vecchio Continente, comprese quelle italiane di Ghedi (Brescia) e di Aviano (Pordenone).

Al momento però – stando alle ultime considerazioni dei più esperti analisti militari internazionali – l’opzione appare poco praticabile, mentre al momento sembra più probabile che i russi prendano di mira Mariupol sganciando la cosiddetta super bomba Fab-3000, come sembrerebbero suggerire alcune immagini satellitari americane.

Le minacce di Putin e l’utilizzo della super bomba

Di progettazione sovietica, la Fab-3000 pesa tre tonnellate e ha una massa esplosiva di 1.400 chili: ha un raggio di distruzione di circa 50 metri (ma le schegge possono colpire fino a 260) ed è concepita per distruggere aree industriali, urbane e portuali. È possibile che i russi vogliano usarla per colpire, oltre al porto cittadino, anche l’acciaieria Azovstav, nei cui tunnel sotterranei si trova ancora la resistenza ucraina.

È un’arma potente ma convenzionale, anti-bunker, già usata dall’Unione Sovietica in Afghanistan negli Anni Ottanta. Da allora era rimasta nei depositi militari, dove i russi l’avrebbero recuperata proprio per l’operazione militare speciale avviata da Putin. Anche gli stessi americani ne avevano usata una simile: era stata denominata la Moab, la madre di tutte le bombe, ed era stata impiegata sempre in Medio Oriente per forzare la resistenza dei talebani.