I portuali di Genova dicono no alle armi, in arrivo l’osservatorio permanente

I lavoratori portuali sono saliti sul cargo Bahri Yanbu e hanno fermato armi e carri armati diretti verso gli Emirati Arabi

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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I portuali di Genova da tempo hanno detto “no” alle armi nel porto, anche al cannone Oto Melara della Leonardo. Lo hanno ripetuto giovedì 7 agosto, dopo un controllo sulla nave saudita Bahri Yanbu. Questa conteneva armi, munizioni, esplosivi, diversi mezzi corazzati e carri armati provenienti dagli Stati Uniti, da uno stabilimento militare in Alabama per la precisione.

Lo hanno confermato alcuni dei lavoratori e delle lavoratrici salite a bordo per verificare il carico della nave. Sono state scattate diverse foto, ma è intervenuta la Digos per far cancellare il materiale. Parte di questo è però già stato divulgato ed è possibile constatare la presenza di quanto denunciato. Il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, attraverso il proprio canale social, ha annunciato che “le parole non bastano più” e che, se volevano farli arrabbiare, ci sono riusciti. Il blocco dell’imbarco del materiale bellico prosegue ed è stato organizzato un nuovo presidio, a ponte Etiopia, nella mattinata di venerdì 8 agosto.

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No alle armi nel porto di Genova: blocco dei portuali

Nella giornata di giovedì 7 agosto era attesa la Bahri Yanbu proveniente da Dundalk. Si tratta di un porto spesso associato all’export bellico, come ricorda Il Fatto Quotidiano, e per questo l’attenzione è stata subito massima, con un presidio davanti ai cancelli del terminal e uno di fronte all’autorità portuale.

Il cargo Bahri Yanbu non solo arrivava a Genova con materiale bellico, ma avrebbe dovuto imbarcare nuovo materiale prodotto dalla Leonardo. Secondo l’Unione Sindacale di Base e il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali, si tratterebbe del cannone Oto Melara prodotto a La Spezia e destinato a un cantiere Fincantieri negli Emirati Arabi.

I sindacati sono sostenuti anche dagli accordi presi nel 2019, quando si ottenne la conferma che da Genova non sarebbero più partiti armamenti (come da legge, verso Paesi in guerra). Lo ricorda il coordinatore dei delegati Fit-Cgil alla Compagnia Unica, Luca Franza, che fa notare come non si possa sapere dove il carico di armi finirà davvero. Viene così rievocata la mobilitazione del 2019, quando i portuali e le sigle sindacali riuscirono a bloccare un carico di armi diretto su una nave della stessa compagnia saudita.

Nave piena di armi e carri armati: la denuncia

Da sospetto si è passati alla conferma nel giro di poche ore. Il presidio ha dato ragione ai portuali, ancora una volta. Alcuni di loro sono saliti sul cargo e hanno fotografato una quantità impressionante di materiale bellico di ogni tipo. Filmati e immagini sono stati quasi tutti cancellati per volere della Digos, intervenuta sul cargo. Un’azione che però ha scatenato una forte reazione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali.

Da qui il messaggio forte sui canali social e il richiamo a un nuovo presidio a ponte Etiopia nella giornata di venerdì 8 agosto, alle ore 8:00. Nel messaggio, oltre all’invito a partecipare, si legge: “Se volevate farci arrabbiare, ci siete riusciti”.

Verso un osservatorio permanente contro gli armamenti

Non è la prima volta che i portuali di Genova ottengono sostegni da gran parte della popolazione e delle istituzioni, arrivando persino a smuovere la Chiesa genovese e a incontrare Papa Francesco nel 2021. L’incoraggiamento dal basso e dall’alto è nutrimento per i lavoratori e le lavoratrici in lotta contro non solo il carico di armamenti al porto di Genova, ma anche il passaggio di queste navi.

Alla fine dello scorso mese, il Comune di Genova ha preso parola durante la protesta riunitasi a palazzo Tursi per chiedere un cambio di passo rispetto all’indifferenza della giunta precedente sul traffico di armi nel porto. Emilio Robotti, assessore ai Rapporti Sindacali della giunta Salis, ha dichiarato che il Comune di Genova è “contro la guerra, contro tutte le guerre, compresa quella a Gaza verso la quale sarebbe diretta la nave che oggi contestate”.

Ha quindi preso una posizione forte, dicendosi disponibile come Comune a farsi portavoce in tutte le sedi competenti delle istanze portate avanti dai lavoratori e dalle associazioni pacifiste e non violente per vigilare sul traffico di armi dal porto. Esiste infatti la legge 185/90, che vieta il transito verso i Paesi in guerra. Il problema riguarda quelle navi che dichiarano un porto di arrivo, ma di cui non si conosce poi l’effettiva destinazione del carico.

Proprio per questo, il portavoce del Calp José Nivoi ha fatto richiesta di un osservatorio sugli armamenti per avere informazioni tempestive ogni volta che vengano segnalati carichi sospetti nel porto di Genova ed evitare così che ritardi burocratici permettano a tali materiali di lasciare il porto.