Gli italiani non fanno più figli perché costano troppo: i dati

Costo della vita, retribuzioni e welfare inadeguato, gender gap elevato: la denatalità al centro dell'evento di lancio del nuovo portale di Adnkronos Demografica

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Gli italiani non fanno più figli. Quante volte abbiamo sentito ripetere questo mantra, che pure è triste realtà. Nel 2022 nel Belpaese ci sono state meno di 400mila nascite (393mila per l’esattezza), dato che segna un pericoloso record negativo, per nulla estemporaneo e anzi ormai radicalmente strutturale dal 2008. Le cause? Diverse, ma senz’altro riassumibili in un deleterio e vecchio sistema sociale e lavorativo che, di fatto, impone alle donne un’alternatività tra l’essere mamme e l’essere lavoratici.

Il che non significa certo che le donne, una volta messo al mondo un bambino, smettano in blocco di lavorare. Si tratta, invece, di un più sottile ma incancrenito filo che ci scorre sotto i piedi per anni, portandoci a un certo punto a dover scegliere: da un lato, la cura dei nostri figli (quasi totale nel primo anno di vita, poi sempre più parziale, tra il portarli all’asilo, il prenderli a scuola, condurli alle varie attività o al parco con gli amichetti); dall’altro, l’investimento di tempo ed energie in carriere ostacolanti e ancora troppo spesso centrate sulle abitudini maschili. Che, peraltro, non sarebbero comunque uguali per uomini e donne, considerato che in Italia l’accudimento è ancora prerogativa femminile: se si deve scegliere tra chi debba rinunciare a più lavoro, o al lavoro tout court, quasi sempre tocca alla mamma.

Donne: mamme o lavoratrici

In una indagine realizzata da Ipsos e contenuta nel rapporto “Le Equilibriste”, redatto da Save the Children in occasione della Festa della Donna, nonostante il sentimento di gioia per la maternità sia prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% dichiara di non desiderare altri figli. Tra le cause c’è per il 40% fatica, per il 33% difficile conciliazione lavoro/famiglia, per il 26% la mancanza di supporto e per un altro 26% la scarsità dei servizi esistenti.

E poi ci sono i costi, spesso proibitivi nei primi anni di vita di un neonato. La difficoltà di accedere gli asili nido comunali, che comunque costano mediamente 300 euro a famiglia, le rette inavvicinabili dei privati, la “parcellizzazione” delle famiglie, soprattutto al Nord, dove sempre più genitori non hanno i “nonni-salvagente” a supporto, o li hanno lontani.

Secondo il rapporto, il 12,1% delle famiglie con figli minorenni nel nostro Paese, pari a 762mila famiglie, è in condizione di povertà assoluta, e 1 coppia con figli su 4 è a rischio povertà.

Il mercato del lavoro, dal canto suo, sconta un gender gap allarmistico. Nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è molto più ampio in presenza di bambini. Qualche dato? Nella fascia d’età 25-54 anni, se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà; con due figli minori la percentuale precipita addirittura al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.

Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time: 32% dei casi contro il 7% degli uomini. Se ci sono figli minorenni la quota schizza al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme, ovvero il 15%, che si è vista costretta ad un part-time involontario, cioè che non ha scelto. Enormi poi le differenze geografiche e per titolo di studio: nel Mezzogiorno l’occupazione delle donne con figli è tristemente ferma al 39,7%, contro il 71,5% del Nord.

Un quadro poco favorevole alle madri lavoratrici emerge anche dai dati raccolti dall’INL-Ispettorato Nazionale del Lavoro sulle dimissioni: nel 2021 su 52.436 dimissioni totali, il 71,8% sono state di donne, madri. Per il 65,5% di loro, il motivo principale è proprio la difficoltà di conciliare famiglia e lavoro. Interessante notare invece come tra gli uomini il 78% delle dimissioni sia legato al passaggio ad un’altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura.

Cosa sanno e cosa pensano gli italiani della crisi demografica

Gli italiani sono consapevoli e preoccupati per la crisi demografica del nostro Paese, convinti – a ragione, come visto – che si facciano meno figli a causa delle condizioni economiche.

Come rileva il sondaggio realizzato da EMG Different in occasione dell’evento “Demografica: Popolazione, persone, natalità’”, organizzato nell’ambito delle celebrazioni del 60esimo anniversario di Adnkronos e del lancio del nuovo portale Demografica Andkronos, ben 8 italiani su 10 del campione rappresentativo intervistato (1500 persone) sono bene informati. E preoccupati. Il 76% di loro si dichiara molto o abbastanza preoccupato soprattutto per il crescente invecchiamento del Paese (51%) e per il rallentamento della crescita economica (40%).

Un tema caldissimo, quello della natalità così come quello del suo alter ego, il crescente bisogno di assistenza agli anziani, che impone nuovi pensieri, nuovi orizzonti, nuovi paradigmi, al di là degli orientamenti ideologici. Solo a livello economico, a causa della denatalità da qui al 2042 rischiamo di perdere il 18% del nostro Pil. Per non parlare del peso insostenibile delle pensioni in un futuro tutt’altro che lontano. In questo scenario si inserisce il nuovo portale di”Demografica”, che ha proprio l’obiettivo di raccogliere e analizzare i dati unendo gli aspetti politici, sanitari, sociali ed economici del tema.

Perché non facciamo più figli: le cause della natalità in Italia

Perché non si fanno più figli? Per il 37% degli intervistati la colpa è dell’aumento del costo della vita, il 35% la attribuisce alla precarietà del lavoro, ma pesano anche le basse retribuzioni (29%) e la carenza di servizi per i figli (28%). Molti, inoltre, addebitano le ragioni del basso indice di natalità alle difficoltà di conciliare lavoro e famiglia e, in alcuni casi, anche alla scelta delle donne o delle coppie di avere figli in età sempre più matura (18).

“Dal nostro sondaggio risulta evidente non solo che la stragrande maggioranza degli intervistati è consapevole di questa emergenza, ma che c’è molto da discutere sulle soluzioni da adottare per fronteggiarla” osserva Fabrizio Masia, amministratore delegato di Emg Different. “Per gli italiani insomma è arrivato il momento di intervenire: il dibattito lanciato dall’Adnkronos e i dati che emergono da questa indagine e dagli altri interventi potrebbero offrire un contributo utile ai decisori pubblici”.

Per l’82% degli intervistati bisogna fare qualcosa. Subito. Come prima cosa aumentare gli asili nido e le scuole dell’infanzia (lo dice il 35% del campione), ma anche garantire più aiuti economici per famiglie con figli (31%) e sostegno alle donne per conciliare lavoro e famiglia (29%). Non da ultimo, servono politiche serie ed efficaci di incentivazione al lavoro femminile, accessi agevolati al mercato immobiliare (il famoso sogno italiano di comprare casa…), e maggiore collaborazione da parte dei papà nella cura dei figli e della casa.