Per giorni nessuno ha saputo dove fosse Cinzia Pinna. La sua scomparsa da Palau, l’11 settembre, si è trasformata in una delle pagine più nere della cronaca sarda. A scriverla, con una confessione tardiva e una tentata fuga, è stato Emanuele Ragnedda, 41 anni, imprenditore del vino e volto noto della Gallura.
I carabinieri lo hanno fermato mentre cercava di salpare da Baja Sardinia, su un gommone. Prima di macchiarsi di femminicidio, Emanuele Ragnedda era noto per il suo vino da collezione: un Vermentino da 1.800 euro a bottiglia.
Ora quel nome, che un tempo girava nei salotti della Costa Smeralda, è legato a un atto vile e brutale: l’omicidio di una donna. Un crimine che non ha nulla di misterioso o romanzesco, ma è solo l’ennesima manifestazione di potere, dominio e violenza maschile.
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Emanuele Ragnedda, prima del femminicidio il bianco “da record”
Fondatore dell’azienda vitivinicola ConcaEntosa, Emanuele Ragnedda aveva attirato l’attenzione del settore nel 2021 con il lancio de “L’Isola dei Nuraghi – Disco Volante”, un Vermentino d’annata diventato celebre non tanto per il gusto, quanto per il prezzo. Fino a 1.800 euro a bottiglia nei locali esclusivi della Costa Smeralda, con una base di 1.300.
Un prodotto che aveva incuriosito tanto gli esperti quanto i semplici curiosi, colpiti da un’etichetta capace di trasformare il marketing in notizia. Disco Volante è arrivato anche all’estero, dove ha raccolto reazioni contrastanti: stupore, critiche, fascino.
Il progetto con radici antiche e un nome simbolico
ConcaEntosa è nata su sette ettari di terreno appartenuti al nonno materno Andrea Giagheddu, un fazzoletto di terra che guarda verso la Corsica e che unisce mare e macchia mediterranea.
Ed è così che Emanuele Ragnedda ha deciso di costruire il suo progetto personale, affidandosi anche all’esperienza dell’enologo Piero Cella. Da qui è venuto alla luce il “Disco Volante”, un Vermentino in tiratura limitata di circa mille bottiglie.
Il nome richiama una grande pietra millenaria che si trova proprio all’interno del vigneto, una presenza silenziosa che ha finito per diventare il simbolo stesso della cantina.
Il Vermentino più caro d’Italia e le polemiche online
Due anni fa il nome di Ragnedda aveva fatto il giro del web per via del prezzo attribuito al “Disco Volante”, celebrato come il bianco più caro del Paese. La notizia aveva generato un’ondata di reazioni, dai commenti ironici alle critiche sul valore attribuito a una singola bottiglia.
In molti accusavano l’imprenditore di aver esagerato con le cifre, altri invece cercavano di capire cosa ci fosse dietro una scelta commerciale tanto radicale.
Lui, in diverse interviste e interventi sui social, rispondeva che non fosse un prezzo così alto, spiegando che dietro quel costo c’erano anni di lavoro, ricerca e una filosofia di produzione che, a suo dire, meritava di essere riconosciuta come espressione di eccellenza.
La discussione si era trasformata in un dibattito acceso, tra chi lo vedeva come un visionario del marketing e chi lo considerava solo un provocatore in cerca di attenzione.
La tentata fuga e le indagini
Dopo giorni di silenzio, Emanuele Ragnedda ha tentato di allontanarsi via mare, salendo su un gommone dal porto di Cannigione. Ma quel tentativo di fuga si è interrotto presto: il mezzo è stato ritrovato danneggiato, abbandonato. I carabinieri lo hanno rintracciato poco dopo all’interno della sua tenuta, , quella regalatagli dal nonno, nella proprietà di ConcaEntosa. È lì che, messo di fronte alle sue responsabilità, ha indicato il luogo in cui si trovava il corpo di Cinzia Pinna.

La Procura di Tempio Pausania ha preso in mano il caso con il sostituto Noemi Mancini e il procuratore Gregorio Capasso. Il fermo è scattato con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere.
Quella notte, con Ragnedda, c’era anche un ragazzo di 26 anni, milanese. Ora è indagato per concorso nell’occultamento del corpo, anche se i suoi legali parlano di estraneità totale: nessun legame con l’imprenditore, nessun rapporto con la vittima, Cinzia Pinna.