L’aggiornamento dell’Indice composito di fragilità comunale (Ifc) elaborato dall’Istat, offre una fotografia dettagliata e comparabile nel tempo delle condizioni di vulnerabilità dei comuni italiani. I dati confermano da un lato un miglioramento complessivo e progressivo della fragilità media, ma dall’altro la persistente e marcata frattura territoriale tra Nord e Sud, con Mezzogiorno e Isole che continuano a concentrare le situazioni più critiche.
Indice
Cos’è l’Indice di fragilità comunale
L’IFC è uno strumento multidimensionale che misura l’esposizione dei territori comunali a una pluralità di fattori di rischio. Non si limita, quindi, a un singolo indicatore economico o demografico, ma integra elementi diversi, come:
- rischi di origine naturale (vulnerabilità ambientale e dissesto);
- pressioni antropiche (uso del suolo, densità, criticità infrastrutturali);
- condizioni demo-sociali (invecchiamento, spopolamento, fragilità sociali);
- fattori economico-produttivi (struttura del tessuto imprenditoriale, dinamismo locale).
L’approccio composito consente di individuare non solo quali comuni sono più fragili, ma anche perché lo sono, restituendo un profilo articolato delle criticità territoriali.
Quanti sono i comuni fragili in Italia
Secondo l’Istat, i comuni con livelli di fragilità massima o molto alta, sono il 14,9% del totale, pari a poco meno di 1.200. In questi territori risiede quasi l’8% della popolazione italiana.
All’estremo opposto, i comuni con fragilità minima o molto bassa rappresentano oltre un quarto del totale (26,8%) e accolgono poco meno del 45% della popolazione.
Molti territori fragili sono piccoli, demograficamente deboli e scarsamente popolati (o a rischio spopolamento), mentre le aree meno fragili tendono a coincidere con comuni medi e grandi, meglio connessi e più attrattivi.
Il divario territoriale: Sud e Isole in affanno
La geografia della fragilità comunale conferma un dato strutturale noto, ma non per questo meno rilevante. I valori più critici dell’IFC si concentrano al Sud.
In particolare, nelle Isole, il 46,3% dei comuni presenta livelli di fragilità massima o molto alta (in Sicilia la quota supera addirittura la metà dei comuni). Considerando tutto il Meridione, la percentuale è del 32,8%, con punte estreme in Calabria, dove il 60,4% dei comuni rientra nelle classi di maggiore fragilità.
All’opposto, i territori con fragilità minima o molto bassa si concentrano nel Nord-Est, dove si colloca il 59% dei comuni meno fragili, in particolare nelle province autonome di Trento e Bolzano e in Veneto.
Il divario non riguarda solo i territori, ma anche le persone.
In Campania, Calabria e Sicilia, poco meno di un terzo della popolazione residente vive in comuni a fragilità massima o molto alta.
Se si guarda alle macro-aree, la quota è del 20,9% nel Sud e sale al 26,1% nelle Isole. Al contrario, nel Nord-Est, 3 residenti su 4 vivono in comuni a fragilità minima o molto bassa, con un dato che supera il 90% nella Provincia autonoma di Bolzano.
Un miglioramento diffuso, ma non omogeneo
La notizia positiva è che l’Indice di fragilità comunale mostra un miglioramento diffuso e progressivo.
Diminuisce l’incidenza dei comuni e della popolazione residente nei territori a fragilità massima o molto alta:
- -5,1 punti percentuali per i comuni;
- -3,7 punti percentuali per la popolazione.
E nello stesso periodo cresce la quota di Comuni e cittadini che vivono in territori a fragilità minima o molto bassa:
- +6,8 punti percentuali per i comuni;
- +11,5 punti percentuali per la popolazione.
Questo miglioramento, tuttavia, non è uniforme.
La riduzione della popolazione residente nei territori più fragili è più marcata proprio nelle Isole e al Sud, con un calo superiore ai 9 punti percentuali, mentre in termini di Comuni la diminuzione supera i 12 punti percentuali, soprattutto in Sicilia e Puglia.
Segno che alcune politiche di riequilibrio e dinamiche socio-demografiche hanno prodotto effetti tangibili, pur partendo da livelli molto critici.
La crescita della popolazione che vive in territori a bassa fragilità è invece più intensa nel Nord-Ovest (+23,3%) e nel Centro (+14,3%), con risultati particolarmente evidenti in Valle d’Aosta, Lombardia e Toscana. Qui il miglioramento si innesta su basi strutturali già solide, rafforzando ulteriormente il divario territoriale.
Piccoli comuni e aree periferiche: la fragilità strutturale
Un altro elemento centrale dell’analisi riguarda la relazione tra:
- fragilità;
- dimensione demografica;
- accessibilità ai servizi.
L’incidenza dei comuni con fragilità massima o molto alta diminuisce all’aumentare della popolazione residente, ma cresce sensibilmente con l’aumentare della perifericità.
I valori più elevati si registrano nei comuni fino a 1.000 abitanti, dove circa il 23% rientra nelle classi di maggiore fragilità.
Nei comuni periferici e ultraperiferici, la quota sale al 25,7%, coinvolgendo quasi il 20% della popolazione residente in queste aree. La distanza dai servizi essenziali (sanità, istruzione, mobilità) si conferma quindi un fattore decisivo di fragilità, spesso più rilevante della sola collocazione geografica.