Balneari, proroga al 2030: l’idea del governo Meloni per alcune aree

Contro gli avvertimenti della Commissione europea, l'Italia pensa a prolungare le concessioni attuali

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

In tutt’Italia fioccano le proteste contro gli stabilimenti balneari. Si fa riferimento alle direttive europee e, ovviamente, alle concessioni scadute. Scontri, manifestazioni pacifiche in spiaggia, proroghe e prezzi elevati, ecco come si potrebbe riassumere in estrema sintesi quest’estate italiana.

Il governo, però, progetta una mossa a sorpresa: una proroga fino al 2030 per alcune concessioni demaniali marittime. Di seguito tutti i dettagli sulle aree specifiche.

Balneari, chi riceverà la proroga

Per quanto si parli al momento di mere ipotesi, il governo di Giorgia Meloni sta ragionando sulla fattibilità di concedere una proroga delle concessioni fino al 2030 per alcune aree specifiche.

Lo sguardo si rivolge alle Regioni in cui la percentuale di occupazione delle spiagge sia inferiore al 25%. Ecco quanto partorito in seguito al confronto tra le varie forze che compongono la maggioranza, spinte da differenti sensibilità.

Difficile pensare che tutto ciò possa però sposarsi serenamente con la visione della Commissione europea. Un rapporto già complicato dal fatto d’aver a lungo ignorato la direttiva Bolkestein, con la messa a gara delle concessioni.

Ciò che l’esecutivo propone è un sistema di proroghe differenziate, che getta radici sulla mappatura condotta e ampiamente criticata da esperti e pubblico, così come bocciata proprio dalla Commissione europea. Cosa evidenzia tale mappatura? Che l’Italia non vive una condizione di scarsità della risorsa naturale. Di fatto si nega l’evidenza che decenni di politica abbiano di fatto privatizzato il mare in Italia.

Si continua a prendere tempo ma questo è ormai in esaurimento. Da Bruxelles informano sul fatto d’essere in stretto contatto con le autorità italiane, al fine di discutere di eventuali soluzioni. Contro il nostro Paese è stata però avviata una procedura d’infrazione e a novembre 2023 è stato inviato a Roma un parere motivato, che rappresenta l’ultimo step prima di un possibile deferimento alla Corte di giustizia Ue. In assenza di una decisione a stretto giro da parte del governo di Giorgia Meloni, dunque, la questione finirà in tribunale.

La situazione stabilimenti

Per quanto sorprendente possa sembrare, considerando la particolare situazione nella quale l’Italia si ritrova già nei confronti dell’Ue, gli stabilimenti balneari sono in crescita.

Stando ai dati proposti da Unioncamere, relativi alla fine del 2023, sono ben 7.244 le imprese del settore attive lungo i 3.951 km di coste basse. La crescita rispetto al 2011 è del 26%.

In questo campo la Romagna è regina assoluta. È però Camaiore a essere incoronata come area dalla massima densità di imprese, con 30 attività per km. A crescere sono però un po’ tutte le coste d’Italia, stando a Unioncamere:

  • Calabria: +358 imprese dal 2011;
  • Campania: +188 imprese dal 2011;
  • Sicilia: +180 imprese dal 2011.

Quasi sempre si tratta di attività a gestione familiare, con società di persone che rappresentano il 42% delle imprese, mentre quelle di capitale, in crescita, rappresentano il 31%.

In termini di entrate economiche, uno studio condotto da Nomisma nel 2023 ha evidenziato un po’ di numeri interessanti:

  • 60mila addetti impiegati in alta stagione;
  • 43mila addetti risultano dipendenti;
  • 69% degli imprenditori titolari di concessioni sono uomini;
  • l’età prevalente degli imprenditori è compresa tra 40-64 anni;
  • fatturato medio pari a 260.000 euro.