Aspettativa di vita in crescita, l’effetto sulle pensioni: quando si potrà smettere di lavorare

L'aspettativa di vita globale aumenta in maniera molto rapida e in Italia si è ripresa quasi del tutto dalla pandemia: l'effetto sulle pensioni

Foto di Matteo Runchi

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

L’aspettativa di vita globale è in rapido aumento. Secondo le ultime rilevazioni, in media si vivrà 5 anni in più di oggi entro il 2050. La crescita è legata principalmente al miglioramento delle condizioni sanitarie ed economiche dei Paesi più poveri, dove i margini di miglioramento sono in aumento. Le zone più interessate saranno infatti quelle dell’Africa sub sahariana, mentre saranno gli uomini a beneficiare di più di questo cambiamento rispetto alle donne.

Anche in Italia la situazione dell’aspettativa di vita è in costante miglioramento. Dopo i dati meno positivi degli anni passati, inficiati dall’effetto della pandemia soprattutto sulla popolazione più anziana, la traiettoria di questa metrica è ripresa con una tendenza simile al passato. Questo significa però che anche l’età per andare in pensione potrebbe presto cambiare adattandosi all’invecchiamento della popolazione.

L’aspettativa di vita cresce nel mondo

Un gruppo di ricercatori ha analizzato i dati di 371 malattie e 88 fattori di rischio di oltre 200 Paesi del mondo, derivando dall’analisi delle informazioni raccolte i cambiamenti nell’aspettativa di vita mondiale dei prossimi anni. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista medica Lancet e hanno rivelato che le persone entro il 2050 vivranno quasi 5 anni in più rispetto ad oggi.

Non si tratta di un cambiamento uniforme però. I dati analizzati dallo studio rivelano che gli uomini beneficeranno di questo effetto di più delle donne. La loro vita si estenderà in media di 4,9 anni, mentre quella delle donne si fermerà a 4,2. Il miglioramento influenzerà alcune aree del pianeta più di altre. Su tutte sarà l’Africa sub sahariana, una delle zone più povere del mondo, a subire il miglioramento più significativo.

Non saranno però sempre anni in salute. L’aumento dell’aspettativa di vita infatti non sarà accompagnato da un cambiamento nei trattamenti delle malattie tipiche dell’età, che continueranno ad essere uno dei problemi principali della sanità dei Paesi sviluppati e inizieranno a farsi sentire anche in altre aree del mondo. In media sul pianeta le persone alla nascita potranno aspettarsi di vivere fino a 67,4 anni senza particolari problemi, con una crescita di solo 2,6 anni rispetto al 2022 del periodo della vita non affetto da malanni dovuti all’anzianità.

Diminuirà anche la disparità di aspettativa di vita tra le zone più povere e le zone più ricche del mondo: “Oltre a un aumento dell’aspettativa di vita in generale, abbiamo scoperto che la disparità nell’aspettativa di vita tra le aree geografiche diminuirà. Questo è un indicatore del fatto che, mentre le disuguaglianze sanitarie tra le regioni a reddito più alto e quelle a reddito più basso rimarranno, il divario tenderà a ridursi, con i maggiori aumenti previsti nell’Africa sub-sahariana” ha dichiarato il coordinatore del gruppo di ricercatori che ha portato a termine lo studio, Christopher Murray.

Le ragioni della crescita dell’aspettativa di vita

Secondo lo stesso studio, la principale ragione di questo aumento è la sanità pubblica. L’espansione dei servizi di salute gratuiti e facilmente accessibili per i cittadini sono una parte cruciale del miglioramento delle condizioni di vita che sta portando anche Paesi non sviluppati ad avere un’aspettativa di vita molto alta.

Non si tratta soltanto quindi di progressi scientifici. L’aumento dell’aspettativa di vita è soprattutto legato alla capacità delle istituzioni politiche e sanitarie di portare i benefici della medicina al numero più alto possibile di persone. Testimone di questo elemento logistico è l’indicazione dell’importanza della componente comportamentale nei dati raccolti dallo studio pubblicato su Lancet.

Diffondere buone pratiche sanitarie è quindi importante quasi quanto le nuove scoperte mediche che possono allungare l’aspettativa di vita mondiale:”Abbiamo davanti a noi un’immensa opportunità di influenzare il futuro della salute globale anticipando questi crescenti fattori di rischio metabolici e dietetici, in particolare quelli legati a fattori comportamentali e di stile di vita come l’alto livello di zucchero nel sangue, l’alto indice di massa corporea e l’elevata pressione sanguigna” ha commentato Murray.

La situazione in Italia e l’effetto sulle pensioni

L’Italia è largamente oltre la media mondiale per aspettativa di vita. In media, una persona nata in Italia nel 2023 può presumere di vivere fino agli 83 anni. Differenze significative tra uomini, che raggiungono 81,1 anni e le donne, che toccano gli 85,2 anni. Ormai quasi del tutto recuperati i livelli precedenti alla pandemia, con una crescita rapida di 5-6 mesi sul dato medio per entrambe le demografiche.

In generale, l’Italia è uno dei Paesi al mondo con la più alta aspettativa di vita insieme al Giappone, alla Svizzera, alla Spagna, a Cipro all’Australia e alla Corea del Nord. Il dato, così diverso, tra uomini e donne si spiega soprattutto con fattori sociali. La parte maschile della popolazione è quella più esposta a morti premature sul posto di lavoro o per cause violente, una realtà che viene rilevata facilmente da questi dati.

L’aspettativa di vita in Italia è un dato che ha un effetto concreto sulla vita di milioni di persone. La cosiddetta legge Fornero, che ha riformato nel 2011 le pensioni nel nostro Paese, lega infatti proprio a questa metrica l’età in cui si può smettere di lavorare e ricevere l’assegno previdenziale dallo Stato. La logica è quella di far scalare l’intero sistema con l’invecchiamento della popolazione, rendendolo più sostenibile per le casse dello stato e evitando le aberrazioni avvenute in passato.

Nonostante ci siano stati nell’ultimo anno aumenti molto rapidi dell’aspettativa di vita, non dovrebbero esserci però aumenti dell’età pensionabile almeno fino al 2026. Questo perché, come detto, Il Paese non si è ancora ripreso completamente dalla pandemia da Covid-19 a livello demografico. La malattia diffusa dal Coronavirus ha colpito soprattutto la parte più fragile della popolazione, composta da persone anziane. Questo, oltre a contribuire al rallentamento dell’invecchiamento della popolazione totale, ha fatto diminuire leggermente l’aspettativa di vita.

Ad oggi le donne non hanno ancora completamente recuperato da questo evento, mentre gli uomini hanno raggiunto nuovamente l’aspettativa di vita del 2019 soltanto nel 2023. Non ci sono quindi cambiamenti imminenti nell’età pensionistica che, secondo le rilevazioni dell’Istat, dovrebbe rimanere agli attuali 67 anni fino almeno al 2026. Probabile però che, visto l’andamento della curva di questo dato, in piena ripresa rispetto agli ultimi anni, l’età pensionabile possa subire un leggero aumento negli anni successivi.