4 libri molto politici per capire chi è stata Michela Murgia

La scrittrice e intellettuale sarda, morta a 51 anni il 10 agosto, ci lascia una straordinaria eredità. Alcuni dei suoi libri per imparare a conoscerla

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Michela Murgia si è spenta nella notte delle stelle cadenti. 51 anni, una vita come se fossero dieci, aveva detto in una lunga e pluricitata intervista ad Aldo Cazzullo sul “Corriere della Sera”. La famiglia queer, la lotta politica, sempre e comunque, perché tutto è politica. Le parole, i diritti civili, la tradizione, il passato dai mille lavori, il cattolicesimo disobbediente, la libertà, il femminismo, la famiglia al di là del sangue, l’avanguardia futuristica che la rendeva unica. Tutto è stato scritto in questi giorni su di lei. Qui vogliamo ricordarla semplicemente con alcuni dei suoi più grandi libri, quelli fortemente politici, per avvicinare al suo pensiero chi non la conosceva.

“Istruzione per diventare fascisti”

Il primo è forse il più politico in senso stretto. Si intitola “Istruzione per diventare fascisti” (Einaudi, 2018). Un testo dissacrante, provocatorio, scomodo, come è sempre stata lei. Un manuale agile per smettere di essere democratici, perché, si sa, “essere democratici è una fatica immane”: “Significa fare i conti con la complessità, fornire al maggior numero di persone possibile gli strumenti per decodificare e interpretare il presente, garantire spazi e modalità di partecipazione a chiunque voglia servirsene per migliorare lo stare insieme” scrive.

E poi, mica a tutti interessa essere democratici. “A dire il vero – prosegue nel suo ragionamento Murgia – se guardiamo all’Italia di oggi, sembra che non interessi più a nessuno, tanto meno alla politica”. E allora perché continuiamo a perdere tempo con la democrazia quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura? “Il fascismo non è un sistema collaudato che garantisce una migliore gestione dello Stato, meno costosa, più veloce ed efficiente?” chiede nel modo più paradossale possibile Michela Murgia. Un invito a non abbassare la guardia, mai, con gli occhi ben puntati alla storia, ma anche ai lati più oscuri di noi stessi.

“Stai zitta: e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”

Le parole, che atto sovversivo. Ancor più se a parlare è una donna. Lontana dal femminismo sfinente, sterile e ideologizzato che troppo spesso imperversa nei dibattiti culturali italiani, in “Stai zitta: e altre nove frasi che non vogliamo sentire più” (Einaudi, 2021) Murgia ci fa spalancare gli occhi di fronte a una mortificazione continua, una morte civile senza pietà: quella delle donne, di tutte le donne, attraverso il linguaggio.

“Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse” scrive. “Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti ‘dovremmo dire anche farmacisto’. Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta”.

“Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria”

Il primo libro pubblicato da Michela Murgia nel 2006 è un diario tragicomico di un mese di lavoro in un call center, celebre anche per aver ispirato il film di Paolo Virzì “Tutta la vita davanti”. In origine pubblicato sotto forma di blog, quando lavorava in un call center per la multinazionale Usa Kirby Company, “Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria” (ISBN 2010) è uno spaccato del lavoro ai tempi del liberismo imperante senza freni.

Dalle spregiudicate tecniche di vendita per piazzare il Kirby da 3mila euro al mobbing selvaggio, Murgia annota scrupolosamente, con arguta ironia, tentativi manipolatori, metodi motivazionali, punizioni aziendali: un teatro dell’assurdo, grottesco eppure assolutamente iper realistico, atto di denuncia contro il precariato cui la mancanza di Stato ci ha tutti condannato.

“God Save the Queer. Catechismo femminista”

Come vivere il cattolicesimo se si è femministe e femministi? Come conciliare il rifiuto dell’ideologia patriarcale e la fede cattolica? Aborto, fecondazione assistita, eutanasia possono “stare” dentro all’essere cattolici? In “God Save the Queer. Catechismo femminista” (Einaudi 2022) Michela Murgia si interroga se sia possibile essere persone femministe e cattoliche nello stesso tempo. Lei è convinta di sì.

Un pamphlet in cui Murgia ci aiuta a sanare alcune di queste aspre contraddizioni, praticando la queerness, esempio, dice, di pratica cristologica. Circondarsi di persone che si scelgono, al di là dei legami di sangue. Superare i confini. “Accettarla come tale significa riconoscere che il confine non ci circonda, ma ci attraversa, e che quel che avvertiamo come contraddizione è in realtà uno spazio fecondo di cui non abbiamo ancora compreso il potenziale vitale”.