Bonus edilizi, stop immediato a sconto in fattura e cessione del credito

Il governo ha approvato un decreto che elimina da subito lo sconto in fattura e la cessione del credito per Bonus ristrutturazione, Superbonus e altri Bonus edilizi

Pubblicato: 17 Febbraio 2023 09:25

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Una decisione che arriva come un fulmine a ciel sereno quella del governo, e che in poche ore ha già sollevato un vespaio, anche se ritenuta sacrosanta da moltissimi esperti, conti alla mano. Nella serata di giovedì 16 febbraio si è svolta a Palazzo Chigi la riunione del Consiglio dei Ministri che ha varato una dura stretta contro i bonus edilizi.

Su proposta della premier Giorgia Meloni e del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, il Cdm ha approvato un decreto che interviene, in particolare, per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta relativi alle spese per gli interventi di ristrutturazione (qui come funziona) e il cosiddetto sconto in fattura.

Un provvedimento che ha un duplice obiettivo, nelle intenzioni dell’Esecutivo: cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali “incagliati”, e mettere in sicurezza i conti pubblici. Un’azione “a tutela di cittadini, imprese e banche per impedire che una mancanza di controllo in passato provocasse danni gravi all’economia” ha spiegato il governo.

Bonus edilizi, perché il governo ha deciso di bloccare sconto e cessione crediti

“Abbiamo deciso di porre divieto alle amministrazioni locali e regioni di procedere a questi sconti – ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – perché avrebbero un impatto diretto sul debito pubblico, nonché, soltanto per i futuri progetti presentati da domani, la possibilità di accedere a credito d’imposta o sconto, mentre rimarranno pienamente in vigore tutte le forme di Bonus però solo nella forma di detrazione d’imposta“.

Il governo ha già fatto sapere che incontrerà le associazioni di rappresentanza delle categorie interessate dalle disposizioni lunedì 20 febbraio, “per vedere di trovare tutte le forme possibili affinché si riesca a sgonfiare questo fenomeno che è frutto di una politica poco avveduta”, ha rimarcato Giorgetti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha assicurato che sul dl approvato “ci sarà sicuramente un confronto parlamentare, anche con l’audizione delle associazioni di categorie”, ma il governo, ha spiegato, intende incontrarle subito “per ricevere contributi propositivi su interventi che avevano ragione di necessità ed estrema urgenza”.

“Abbiamo chiarito per legge i confini della responsabilità solidale da parte dei cessionari dei crediti d’imposta – prosegue ancora Giorgetti -. Questo risponde all’obiettivo di eliminare incertezze, dubbi e riserve che hanno fatto sì che tanti intermediari finanziari, in parte le banche, evitassero da qualche mese di assorbire e quindi scontare i crediti d’imposta”.

Un intervento effettuato “con grande responsabilità ed avendo ben in testa la necessità di fare tutto ciò che possibile soprattutto nei confronti della categoria delle imprese edili che si trovano in questo momento a vivere una difficoltà finanziaria rispetto a questa possibilità di scontare i crediti maturati nel 2021 e nel 2022 in questa prima fase del 2023”, assicura Giorgetti, per il quale questa “è una misura di impatto che si rende necessaria per bloccare effetti di una politica scellerata utilizzata anche in campagna elettorale, che ha posto in carico a ciascun italiano dalla culla in poi 2mila euro a testa“.

“Si è deciso di intervenire e bloccare in futuro questa cessione perché c’è stata una lievitazione dei crediti e, ahimè, è mancata nel governo precedente una pianificazione” aggiunge il vicepremier Antonio Tajani. Si è lasciato “lievitare” il numero dei crediti senza un controllo e senza verifiche. “Ci siamo trovati di fronte a una situazione ormai praticamente quasi fuori controllo”. Per questo è stato necessario intervenire con un decreto.

Ma le imprese edili sono rimaste basite. “Spero che si tratti di un errore. Non posso credere che il Governo pensi di fermare il processo di acquisto dei crediti da parte delle Regioni senza prima aver individuato una soluzione strutturale che eviti il tracollo”, attacca la presidente dell’Ance Federica Brancaccio. “E’ da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica: non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di una decisione del genere”.

Bonus edilizi, cosa cambia con la legge Meloni

Cosa cambia dunque con la nuova legge sui crediti edilizi? Dall’entrata in vigore del decreto non sarà più possibile per gli italiani che sostengono le spese per lavori di ristrutturazione optare per la cessione del credito d’imposta o per lo sconto in fattura (prima del decreto, la cessione del credito poteva anche essere effettuata a due persone diverse). Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese.

Non vengono toccati i Bonus in sé, dunque, ma la cessione del relativo credito, che- spiega il governo – ha “potenzialità negative” sull’incremento del debito pubblico, e lo sconto applicato da banche e imprese.

Il provvedimento riguarda tutti i bonus edilizi e di recupero energetico: Bonus ristrutturazione, Superbonus 110%, Bonus facciate, Sismabonus, recupero del patrimonio edilizio, lavori di efficientamento energetico, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica elettriche e lavori di abbattimento di barriere architettoniche.

Il governo ha deciso, nello specifico, di:

  • abrogare le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200mila euro
  • abrogare le spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile
  • introdurre anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.

Cosa non cambia: detrazioni e lavori già approvati

Cosa non cambia, invece? Resta la possibilità della detrazione al 50% in 10 anni degli importi pagati per la ristrutturazione e/o la riqualificazione (ricordatevi che, se siete partite Iva forfettarie, non avete però diritto a nessuna detrazione, mentre prima sconto in fattura o cessione del credito erano ammessi anche per queste categorie di lavoratori).

Inoltre – attenzione perché questo è un punto fondamentale – lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura non riguarda i contratti già firmati: tuttavia, per poter continuare a beneficiare di queste due agevolazioni, è necessario che sia stata firmata la CILA.

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Bonus, responsabilità per dolo o colpa: cosa cambia

La nuova legge chiarisce anche il regime della responsabilità solidale nei casi di accertata mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali. Con le nuove norme, ferme restando le ipotesi di dolo, viene escluso il concorso nella violazione, e quindi la responsabilità in solido, per il fornitore che ha applicato lo sconto e per i cessionari che hanno acquisito il credito e che siano in possesso della documentazione utile dimostrare l’effettività delle opere realizzate.

Esclusi anche i soggetti, diversi dai consumatori o utenti, che acquistano i crediti di imposta da una banca, o da altra società appartenente al gruppo bancario di quella banca, con la quale abbiano stipulato un contratto di conto corrente, facendosi rilasciare un’attestazione di possesso, da parte della banca o della diversa società del gruppo cedente, di tutta la documentazione.

Resta fermo che il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza.