Banche, i piccoli risparmiatori rischiano di perdere mezzo miliardo

I creditori colpiti dal collasso degli istituti veneti fanno pressione sul Governo perché vengano erogati tutti i ristori previsti dalla legge. Ma il tempo stringe

Pubblicato: 14 Dicembre 2022 08:00

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Al caro vita e agli aumenti record delle bollette energetiche, per molti contribuenti italiani si profila anche un altro incubo: quello della perdita dei propri risparmi. Il collasso di alcune ex banche popolari del Nord e del Centro Italia ha coinvolto migliaia di risparmiatori, perlopiù piccoli. I crac più clamorosi riguardano la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. 

Il Governo ha “parcheggiato” una somma importante destinata ai ristori dei creditori colpiti dal fallimento degli istituti, del valore di oltre mezzo miliardo di euro. Ma questi soldi sono al momento “ostaggio” di un emendamento alla Manovra finanziaria, che va votato entro e non oltre il 31 dicembre.

Il crac delle banche travolge i risparmiatori

Lo Stato ha insomma previsto un fondo ad hoc per sostenere le persone colpite dal fallimento delle ex popolari venete. Si tratta del FIR, il Fondo Indennizzo Risparmiatori istituito dal decreto numero 39 del 30 aprile 2019, poi convertito nella legge 58 del 28 giugno 2019. Ma il tempo stringe e si moltiplicano gli appelli alla politica perché venga mantenuta la promessa. A lanciare l’allarme è Luigi Ugone, presidente dell’associazione di risparmiatori “Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza e in Veneto Banca”.

Il mezzo miliardo previsto per i risparmiatori delle venete fallite è solo una piccola parte dell’ammontare totale delle perdite subite dai due istituti, stimate (per difetto) sui 15 miliardi di euro. Il contributo di emergenza in favore dei creditori, approvato dal Parlamento, è accessibile (sulla carta) per coloro che siano in grado di dimostrare di aver acquistato le azioni delle due banche, in forza di una condotta poco trasparente da parte dei proponenti. L’indennizzo non può superare in ogni caso il 30% della somma perduta e un totale di centomila euro, come stabilito dalla Commissione Ue. La legge parla di risparmiatori che hanno subìto “un pregiudizio ingiusto da parte di banche e controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16/11/2015 e prima del 01/01/2018″.

Una lettera al Governo

Nelle scorse settimane varie Associazioni dei consumatori e in rappresentanza dei risparmiatori hanno inviato una lettera al Governo per ribadire le richieste di tantissimi correntisti “traditi”, che attendono ancora gli indennizzi promessi dal FIR. A quanto pare, infatti, non tutti i creditori che hanno inoltrato richiesta di accesso al Fondo hanno effettivamente ottenuto l’indennizzo: delle 144.245 domande, circa quattromila risulterebbero ancora in fase di istruttoria.

Nella lettera indirizzata all’amministrazione Meloni le associazioni dei risparmiatori, già componenti della Cabina di regia istituita presso il Ministero dell’Economia, hanno avanzato le seguenti richieste:

  • intervenire presso Consap s.p.a. al fine di velocizzare e portare a termine l’esame delle domande di accesso al FIR;
  • intervenire in via legislativa al fine di dirimere la situazione di quei risparmiatori che, nella domanda di accesso al FIR, hanno commesso errori in ordine alla dichiarazione circa il proprio patrimonio e/o reddito, non venendo solo per tale motivo ammessi alle prestazioni del Fondo, e/o hanno commesso errori materiali, ottenendo un indennizzo inferiore rispetto a quanto previsto per legge;
  • stabilire, come del resto già previsto dalla Legge 30-12-2018 n. 145, art. 1, commi 496 e 497, che la somma residua e pari a circa 500 milioni di euro venga distribuita, terminato l’esame delle domande, tra i risparmiatori che hanno avuto accesso al FIR;
  • intervenire in via legislativa al fine di dirimere la situazione di quei risparmiatori la cui domanda di accesso al FIR è stata rigettata poiché gli stessi avevano già percepito, all’esito di procedimento avanti il Giurì Bancario e/o l’Arbitro per le Controversie Finanziarie, un indennizzo pari a quello che sarebbe stato riconosciuto all’esito della domanda di accesso al F.I.R.;
  • convocare il tavolo tecnico, in precedenza istituito presso il MEF.

Norme fumose e meccanismo burocratico

Gran parte della prima tranche di rimborsi, però, è stata portata a termine e le risorse già allocate ammontano a un miliardo. Tuttavia, a causa di un atteggiamento che Ugone ha definito “burocratico” da parte della commissione dei nove esperti “nominati dal Ministero, che con l’aiuto della società statale Consap ha elaborato le procedure di indennizzo”, si è deciso di non procedere con la redistribuzione del mezzo miliardo ancora disponibile.

Il tutto per via delle norme contenute nella legge, che non sono propriamente quel si dice “chiare e comprensibili”. E intanto il 31 dicembre si avvicina.