Il danno da vacanza rovinata è una particolare tipologia di danno che non comporta necessariamente una perdita patrimoniale per il viaggiatore, in quanto contempla anche lo stress e il turbamento psicologico derivante dagli inadempimenti agli obblighi contrattuali assunti dall’organizzatore o venditore della vacanza.
In seguito al decreto legislativo numero 62 datato 2018, la tutela in tal senso non riguarda più esclusivamente il “turista consumatore”, bensì ricomprende al suo interno anche chi viaggia per motivi lavorativi, individuando la categoria più generale di “viaggiatore”. Scopriamo ora cos’è nello specifico il danno da vacanza rovinata, come procedere alla richiesta di risarcimento e quali sono le tempistiche per ottenerlo.
Indice
Cos’è il danno da vacanza rovinata
Per “danno da vacanza rovinata” si intende quello riportato dal viaggiatore in seguito alla lesione del suo interesse a godere a pieno di un viaggio organizzato come occasione di piacere, svago, riposo ma anche di lavoro (come da estensione operata nel 2018) senza subire il disagio psicofisico connesso alla mancata realizzazione (in tutto o in parte) del programma inizialmente previsto.
Il danno da vacanza rovinata nella giurisprudenza
La nozione di “danno da vacanza rovinata” è stata precisata nel corso degli anni dalla giurisprudenza. La risarcibilità di questo danno è stata affermata per la prima volta dalla Corte di Giustizia Europea nel 2002. Nel 2008, in Italia, una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha sancito il principio che esclude duplicazioni del risarcimento nel rispetto della sua integralità e l’introduzione dei criteri di gravità e serietà nella considerazione della lesione come condizioni per la risarcibilità del danno non patrimoniale.
Per quanto concerne l’evoluzione della legge, bisogna risalire al 1977 e alla Convenzione di Bruxelles per la prima regolamentazione legislativa del danno da vacanza rovinata. In Italia è stata recepita dalla legge 27 dicembre 1977. La Convenzione di Bruxelles ha stabilito che l’organizzatore del viaggio, a meno che non dimostri con prove di essersi comportato in maniera diligente, è tenuto a rispondere di qualsiasi danno causato al viaggiatore in relazione al mancato adempimento totale o parziale dei suoi obblighi contrattuali.
L’introduzione del Codice del Turismo, nel 2011, ha permesso di individuare le cause che possono generare il danno da vacanza rovinata nell’inadempimento o nell’esecuzione inesatta delle prestazioni offerte. Inoltre, nella stessa circostanza, si è chiarito che il suddetto inadempimento non deve essere di scarsa importanza e si è arrivati a una definizione più precisa del concetto di danno da vacanza rovinata, collegato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta.
L’articolo 46 del Codice del Turismo è stato poi modificato con il decreto legislativo numero 62 del 21 maggio 2018, che ha stabilito che, qualora l’inadempimento non sia di scarsa importanza, il viaggiatore può richiedere alla controparte, indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento danni per il tempo di vacanza inutilmente trascorso e l’irripetibilità dell’occasione perduta. Inoltre, lo stesso decreto legislativo ha fissato il limite per la prescrizione del danno da vacanza rovinata (3 anni).
Come quantificare il danno da vacanza rovinata
Le due voci di danno risarcibili in caso di vacanza rovinata, come già anticipato, sono il danno patrimoniale (per l’esborso economico sostenuto) e il danno esistenziale o morale (causato dalla delusione e lo stress subiti per il disservizio). Il primo, cioè il danno patrimoniale, è più facilmente quantificabile: in caso di mancato godimento della vacanza esso corrisponde al prezzo d’acquisto del viaggio, mentre nell’eventualità in cui il viaggiatore non abbia potuto godere a pieno della vacanza (perché rovinata da contrattempi, disguidi o disservizi) si prevede una riduzione del prezzo.
Più complicato è, invece, quantificare il danno esistenziale o morale. I due aspetti su cui incide il minore godimento della vacanza sono la sfera di realizzazione dell’individuo (che ha visto peggiorare le sue aspettative volte a trascorrere un periodo di relax) e il peggioramento del suo rientro alla vita quotidiana (dal momento che la vacanza si è tradotta in un periodo di nervosismo). Essendo il danno da vacanza rovinata qui inteso come un inadempimento del venditore od organizzatore della vacanza stessa, ne consegue il diritto del viaggiatore a un risarcimento danni diverso e ulteriore rispetto a quello patrimoniale. Il contratto di acquisto del viaggio, infatti, viene stipulato in vista di un’utilità, che può essere intesa come il riposo o lo svago o, più semplicemente, come la fuga dalla realtà quotidiana.
Nello specifico, il viaggiatore deve provare le circostanze dell’inadempimento della controparte in modo da dimostrare che questo è dovuto alla mancata coincidenza tra contratto e servizio offerto. Il venditore od organizzatore della vacanza, da par suo, deve invece provare l’effettivo adempimento dei suoi obblighi contrattuali. La quantificazione del danno alla persona deve essere integrale, equa e accertata dal giudice, in base a quanto allegato.
Danno da vacanza rovinata: tempistiche per il risarcimento
Come già anticipato, il decreto legislativo numero 62 del 21 maggio 2018 ha fissato il limite di prescrizione del danno da vacanza rovinata in 3 anni, cioè il periodo più lungo per quanto riguarda il risarcimento del danno alla persona previsto dalle disposizioni che regolano i servizi inclusi nel pacchetto. Questo periodo si considera a partire dalla data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza.