Come funziona il farmaco per il suicidio assistito e chi può riceverlo

La decisione dell’Azienda sanitaria delle Marche sul caso del signor Antonio ha riacceso il dibattito sul fine vita: ecco come funziona il farmaco letale

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Redazione

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“Nessuno dovrebbe essere costretto a lasciare il proprio Paese per vedere riconosciuto il diritto a decidere sulla propria vita e sulla propria sofferenza”. Pare assai difficile immaginare che esista qualcuno in Italia nel 2022 che abbia il coraggio di opporsi a questa frase, tanto lapidaria quanto sacrosanta, in quanto espressione di un diritto che i paesi occidentali riconoscono e garantiscono tramite le proprie carte costituzionali da quando il Vecchio Continente ha archiviato la buia pagina delle dittature.

Eppure la sua applicazione pratica non è ancora così scontata e lo hanno dimostrato nel corso del tempo gli innumerevoli casi di pazienti e malati costretti ad emigrare all’estero per poter esaudire i propri desideri. Nel nostro Paese l’ultimo caso in ordine cronologico è quello del signor Antonio (nome di fantasia), cittadino di 44 anni, marchigiano della provincia di Macerata, che ha dovuto attendere ben otto anni per poter scegliere dove, quando e in che modo mettere fine alle proprie sofferenze.

La storia di Antonio, che potrà decidere della propria vita dopo un calvario durato 8 anni

Operaio specializzato nel settore meccanico, Antonio è tetraplegico dal 14 giugno 2014 a causa di un incidente in motocicletta. Quel giorno l’impatto con l’asfalto gli procura la frattura delle vertebre C6 e C7 con lesione mielica. Da allora la sua vita non è più la stessa, “dipendo in tutto dagli altri” ha spiegato in una recente intervista, “quando resto solo evito agli altri di vedere la mia sofferenza, gli spasmi. Non è la vita che voglio portare avanti”.

Antonio sarà solo il secondo in Italia dopo Federico Carboni, conosciuto con lo pseudonimo di “Mario”, a vedere rispettata l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale 242/2019 – sentenza cosiddetta “Cappato-Antoniani” – che aveva stabilito l’incostituzionalità dell’articolo 580 del Codice penale. Prima di questa svolta di tre anni fa, la legge prevedeva la possibilità di punire chiunque aiutasse il suicidio di una persona ritenuta “pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Questo anche nel caso in cui fosse il paziente stesso che – a causa delle proprie condizioni di salute ormai compromesse – manifestasse la volontà di porre fine alla propria vita.

La decisione dell’Azienda sanitaria delle Marche: Antonio potrà decidere se utilizzare il farmaco per il fine vita

Ma nelle scorse ore la Commissione di esperti dell’Asur Marche, l’Azienda sanitaria unica regionale, ha dato il via libera alla somministrazione del farmaco letale che permetterà ad Antonio di concludere la propria esistenza (e con essa tutta la sofferenza che lo ha accompagnato in questo infinito calvario) secondo la propria volontà. Nel suo caso verrà utilizzato il Tiopentone sodico, una droga ad azione depressiva del Sistema nervoso centrale che già da tempo viene utilizzata nel campo dell’anestesia generale.

“La modalità di somministrazione è compatibile con la scelta del farmaco ed è attuabile in autonomia dal signor Antonio in un contesto operativo decoroso e con effetti fisicamente non dolorosi per l’autore nel frangente del fine vita”, è scritto nella relazione che convalida quanto indicato da Mario Riccio, medico anestesista e consulente del collegio legale dell’Associazione Luca Coscioni, che ha assistito Antonio in quasi due anni di botta e risposta con l’Asur a suon di diffide, denunce e lettera di messa in mora ad adempiere inviata direttamente al ministro della Salute Roberto Speranza e alla ministra della Giustizia Marta Cartabia.

Suicidio assistito, cosa dice la legge e quali sono i pazienti che ad oggi possono scegliere sul fine vita

Riprendendo il già citato articolo 580 del Codice penale, nel testo vengono delineate e descritte le condizioni necessarie affinché un paziente possa richiedere (e, a questo punto, si spera ottenere con sempre meno difficoltà) che venga messo a sua disposizione il farmaco letale per il suicidio assistito.

Oltre alla già citata capacità di intendere e volere in maniera libera e consapevole – prerequisito fondamentale affinché venga riconosciuta la legittimità della scelta del malato – esistono altri tre parametri che devono sussistere affinché tutto possa essere ritenuto idoneo al contesto legislativo e sanitario:

  • La persona deve essere mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale che siano vincolanti per evitare il decesso
  • Il paziente deve essere affetto da una patologia ritenuta irreversibile da parte della Comunità scientifica
  • La malattia da cui è affetto l’individuo deve procurare intollerabili sofferenze

Il precedente di Dj Fabo e la battaglia di Marco Cappato: quando un italiano deve emigrare all’estero per poter morire

“Sono davvero sollevato per lui, contento del fatto che possa decidere della propria vita senza dover subire in modo forzato un esilio della morte in Svizzera. Un’ipotesi di cui si era parlato e che molte altre persone prima di lui sono state costrette a mettere in pratica per realizzare il proprio desiderio di porre fine alla sofferenza”. Queste le parole a caldo di Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, al quale Antonio si rivolse a settembre del 2020 per manifestargli gratitudine per la sua battaglia sul fine vita.

Gli raccontò la sua storia e ammise l’intenzione di andare anche lui all’estero, come Dj Fabo, nome d’arte di Fabiano Antoniani, che nel 2017 decise di morire in Svizzera dopo tre anni di dolori atroci e afflizioni. Venne accompagnato proprio da Cappato, che rientrato in Italia si autodenunciò, per poi essere assolto dai pubblici ministeri di Milano perché il fatto non sussiste, in una sentenza che denunciava il vuoto legislativo in materia.

Come funziona il farmaco per il fine vita e quali macchinari servono per somministrarlo al malato

Assieme all’avvocato Filomeno Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e legale della famiglia di Antonio, Cappato ha anche illustrato come funziona la pratica che porta al suicidio assistito e quali siano i tempi di utilizzo del farmaco Tiopentone sodico che accompagna ad una morte indolore.

“Può anche non farlo mai – spiega Gallo – non c’è una scadenza. Può rinviare fino all’ultimo, anche quando sarà lì con l’ago in vena”. Viene utilizzato un macchinario, nello specifico “una pompa a infusione, che ad oggi custodiamo noi avvocati. In realtà tutti gli ospedali del territorio nazionale dovrebbero fornirla per obbligo, come ha ricordato il ministro Speranza con una lettera mandata a tutte le aziende sanitarie dopo il caso di Federico Carboni”.