Nel 2026 il fondo sanitario nazionale salirà a quasi 143 miliardi di euro. Il nuovo aumento è stato previsto nella legge di Bilancio ed è pari a 2,4 miliardi di euro. Secondo il governo, la manovra punta a rafforzare il personale sanitario e ad aumentare gli stipendi di medici e infermieri. Dai numeri, però, emerge un quadro molto più complesso, in cui le assunzioni effettive sono inferiori alle promesse iniziali e i sindacati parlano di un piano irrealizzabile.
Tornando a pochi mesi fa, le previsioni parlavano di nuove assunzioni per una quota di 25-30.000 ingressi in tre anni, ma i numeri si sono ora ridotti a 6.300 infermieri e circa 1.000 medici, per un totale di poco più di 7.000 nuovi operatori sanitari da assumere con 450 milioni di euro. Una cifra che, secondo le parti sociali, non basta a colmare una carenza strutturale e salariale che dura da decenni.
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Più fondi, ma meno assunzioni
Con la manovra 2026 il governo stanzia 2,4 miliardi di euro per il 2026 e 2,65 miliardi per il 2027 e il 2028 sulla sanità. L’obiettivo è rafforzare gli organici e aumentare le retribuzioni. Se ne è fatto portavoce il ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha sottolineato come gli infermieri siano al centro di questa manovra e che, grazie alle regioni in regola con i conti, si potranno raggiungere fino a 20.000 nuovi ingressi oltre al turnover naturale.
I sindacati, però, frenano. A partire dalla Federazione Fnopi: nei soli ospedali pubblici mancano già 70.000 infermieri e ogni anno crescono le dimissioni e gli abbandoni dal servizio pubblico.
Il segretario nazionale del Coina, Marco Ceccarelli, domanda al governo “dove si trovino questi 6.000 infermieri da assumere da qui a un anno”. Il problema è che la professione sta pagando uno dei prezzi più alti tra i lavori in Italia, in fatto di stress, precarietà e stipendi non adeguati.
Stipendi fermi e potere d’acquisto in calo
Oltre alla questione assunzioni, uno dei problemi per cui non si trovano infermieri e medici è il fronte economico. Dal lato degli stipendi, infatti, c’è ancora molto da fare. La manovra prevede 280 milioni di euro per potenziare l’indennità di specificità di medici e infermieri. Nel 2026 i medici riceveranno circa 3.000 euro lordi in più all’anno, mentre gli infermieri avranno un incremento di 1.630 euro lordi l’anno (circa 125 euro al mese).
Secondo Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up, i conti non convincono. Spiega che se i 195 milioni stanziati vengono divisi tra 285.000 infermieri, l’aumento reale è di appena 57 euro lordi al mese, meno di 40 netti. Aggiunge che si rischia di spacciare per “nuovo” ciò che era già previsto da aumenti passati.
Dal Coina arriva invece la polemica sull’accontentarsi di aumenti parziali o indennità che lasciano intatto un divario definito insopportabile. “In Germania o in Francia un infermiere guadagna il doppio. In Italia restiamo ai margini: precari, sottopagati e costretti a turni massacranti”, spiega.
Secondo uno studio di Nursind, infatti, dal 1990 a oggi un’infermiera ha perso circa 2.500 euro di potere d’acquisto, cifra che supera gli 8.500 euro per chi ha oltre 40 anni di servizio.
La crisi nelle corsie: la realtà della sanità
Le critiche che arrivano dalle voci di categoria concordano su un punto specifico: non ci sono abbastanza risorse. Queste rischiano di non bastare per coprire il fabbisogno reale e quindi fermare l’emorragia di personale. Negli ultimi dieci anni oltre 5.000 infermieri italiani hanno lasciato il Paese, attratti da stipendi più alti e condizioni di lavoro migliori all’estero.
La crisi del sistema sanitario nazionale non è solo una questione di bilancio, ma anche di tenuta del servizio pubblico. Ospedali senza personale, pronto soccorso in affanno e pazienti costretti a rinunciare alle cure sono i sintomi di un collasso del sistema che si continua a ignorare. Ceccarelli dichiara infatti che la crisi non è astratta e che si sente “nelle corsie, nei pronto soccorso, nei reparti senza personale”.