Resistenza agli antibiotici, oltre 12.000 decessi in Italia ogni anno

L’antimicrobico-resistenza è una vera emergenza globale che riguarda tutti: medici ospedalieri, clinici e cittadini. L'Italia è “maglia nera” in Europa: i numeri del dossier Aifa

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 2 Dicembre 2024 17:56

Oltre 12.000 decessi ogni anno causati da infezioni da batteri resistenti. 430.000 persone ricoverate in ospedale che hanno contratto, tra il 2022 e il 2023, un’infezione ospedaliera. Antibiotici somministrati al 44,7% dei degenti, in corsia, rispetto alla media europea del 33,7%.
Sono i numeri emersi da un dossier di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) che confermano l’Italia come “maglia nera” in Europa nel fenomeno dell’antimicrobico-resistenza. E ribaditi dal Congresso Nazionale della SITA – Società Italiana di Terapia Antinfettiva.

Prescrizioni su misura, e solo da parte del medico, sono alla base dei giusti comportamenti da tenere. Ed è importante seguire bene le indicazioni del curante, senza sospendere i trattamenti quando i sintomi scompaiono. Ma non basta. Anche l’ambiente va seguito. Lo dice uno studio condotto nel sud-est asiatico che punta l’attenzione sugli animali, in una logica di “One Health”.

Asia, fari puntati sugli animali

Stiamo parlando di realtà lontane, ma il tema va tenuto presente. Come riporta una ricerca che ha analizzato la situazione nel sud-est asiatico, pubblicata su International Journal of Food Science and Technology, occorre particolare attenzione agli alimenti anche in termini di resistenza antimicrobica.
La ricerca è stata condotta da Rajaraman Eri e Charmaine Lloyd della RMIT University in Australia insieme all’esperto thailandese Pushpanathan Sundram. Secondo gli esperti, l’Asia sud-orientale si può considerare come un potenziale epicentro della potenziale trasmissione di resistenza agli antibiotici dall’animale all’uomo. I numeri sono impressionanti. Stando a recenti dati della Food and Agriculture Organization, nell’area ci sarebbero oltre 2,9 miliardi di polli, 258 milioni di anatre, 7 milioni di bovini, 15,4 milioni di bufali, 77,5 milioni di maiali, 13,7 milioni di pecore e 30,6 milioni di capre. Secondo gli esperti nelle fattorie la presenza di antibiotici nel cibo, nel terreno, nel deflusso delle acque e nei rifiuti animali può contribuire allo sviluppo di questa resistenza.

Quindi l’uso eccessivo e improprio di farmaci antimicrobici, in particolare per la promozione della crescita negli animali sani, può essere legato ad un incremento del tasso di resistenza. Poiché i batteri resistenti negli animali possono essere trasferiti agli esseri umani attraverso la catena alimentare o per contatto diretto, questo percorso di trasmissione evidenzia la connessione tra la salute umana e quella animale, sottolineando la necessità di affrontare la resistenza antimicrobica negli animali da allevamento. Anche perché a volte accade che attraverso questa via i germi assumono le caratteristiche genetiche che li rendono inattaccabili.

Una ricerca ormai datata di esperti dell’Università dell’Ohio ha dimostrato ad esempio l’esistenza di un “trasferimento orizzontale” dei geni della resistenza, che passano attraverso un microorganismo commensale per il corpo umano, e trasmettono le loro caratteristiche a microbi patogeni. Ma è solo uno dei segreti attraverso cui i batteri “prendono” ad altri loro simili che hanno “conosciuto” i medicinali all’interno del corpo di animali quelle stimmate genetiche che li proteggono dai farmaci e che possono arrivare anche da organismi estranei al nostro.

Quanto pesa l’antibiotico-resistenza nell’uomo

Il fenomeno della resistenza antimicrobica (AMR) e delle infezioni ospedaliero-correlate (ICA) rappresentano un pesante onere per i sistemi sanitari e per la società, con costi annuali rilevanti dovuti alle spese sanitarie. L’intelligenza artificiale (IA), in continua e veloce evoluzione, potrebbe contribuire in maniera concreta alla scoperta di potenziali nuovi farmaci per fronteggiare il fenomeno della AMR, diventando uno strumento a supporto del clinico nel processo decisionale di scelta della terapia.
L’antimicrobico-resistenza è una questione di rilevanza cruciale, una vera emergenza globale che riguarda tutti: medici ospedalieri, clinici e cittadini. I dati sono allarmanti: a livello globale, le stime indicano 5 milioni di morti all’anno, cifra destinata a crescere fino a quasi 40 milioni entro il 2050, se non verranno adottate misure adeguate.

“L’antimicrobico-resistenza rischia di diventare la prima causa di morte nel mondo – commenta Matteo Bassetti, Presidente SITA, Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova e Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Genova. Il problema è che i batteri resistenti, i cosiddetti “superbatteri”, sono sempre più difficili da trattare con gli antibiotici esistenti. Di fronte a queste nuove minacce, c’è un urgente bisogno di “superantibiotici”. Tuttavia, la ricerca in questo campo ha subito una battuta d’arresto, rendendo indispensabile un maggiore investimento in sviluppo e innovazione. Serve anche un approccio più efficace alla rimborsabilità dei nuovi antibiotici, specialmente in Italia, e una gestione più appropriata del loro utilizzo, che non significa solo ridurne l’uso, ma impiegarli in modo più mirato e consapevole”.

Cosa si può fare

Secondo studi recenti, la resistenza agli antibiotici sarebbe tra le dieci minacce per la salute e per l’economia globale. Ed occorre agire. Stando a quanto hanno riportato recentemente i documenti del Global AMR R&D Hub e dell’OMS, occorre fare attenzione non solo sul fronte del benessere della popolazione ma anche su quello economico. Il documento segnala che la resistenza agli antibiotici risulta associata 4,95 milioni di decessi nel mondo nel 2019 di cui oltre 1,2 milioni diretti) e che, secondo le stime, potrebbe causare 39 milioni di decessi entro il 2050.
Capitolo economia: se non cambiano le modalità d’approccio al problema, il solo trattamento delle infezioni batteriche resistenti comporterà un onere economico globale di 412 miliardi di dollari in costi sanitari e 443 miliardi di dollari in perdita di produttività ogni anno fino al 2035. La prevenzione delle infezioni resta un obiettivo prioritario, ma l’altra arma essenziale per contrastare le infezioni batteriche resistenti è la disponibilità di antibiotici. Nel rapporto si segnala però quanto ci sia da fare. Il rapporto indica come ci siano solo 32 nuovi antibiotici in fase di sviluppo clinico, e la maggior parte di essi sono derivati da classi esistenti. Solo 12 farmaci innovativi sono in fase di sviluppo, e solo 4 contro almeno un patogeno particolarmente temuto secondo le indicazioni dell’OMS. Insomma: la strada è lunga.

Strategie per il futuro

Parliamo solo sul fronte medico. In attesa di novità sicuramente è fondamentale usare bene i farmaci che abbiamo a disposizione. Purtroppo si assiste ancora ad un cattivo uso degli antibiotici, che magari vengono impiegati per trattare patologie virali quando invece contro i virus sono del tutto inutili. Ma questi errori sono ancora più preoccupanti se si considera che esponendo i batteri a trattamenti antibiotici che non hanno significato si accresce il rischio che questi sviluppino meccanismi di resistenza. Quindi occorre fare attenzione e tenere sempre presente che più si usano gli antibiotici maggiore è la possibilità che nascano resistenze batteriche. Non solo: occorre valutare con grande cura l’impiego di antibiotici in associazione perché si può dare il via a resistenze multiple che possono rendere inutile l’impiego di farmaci di diverse famiglie in futuro.