Tumori in aumento, anche tra i giovani: quanto costa curarsi in Italia

Crescono in Italia i casi di cancro, con un rischio aumentato per i più giovani per diverse tipologie di tumori. Quanto costa curarsi in Italia e chi paga

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 15 Agosto 2024 07:00

In questi giorni si è tornati a parlare molto di tumori, soprattutto per via di alcuni studi appena pubblicati e di alcune affermazioni rilasciate da esperti vari sul tema, in occasione dell’estate e delle vacanze, momento in cui tendenzialmente si sta meno attenti alla dieta equilibrata e all’esercizio fisico e ci si lascia un po’ più andare, anche con alcol e fumo. Ma se ne parla anche perché le previsioni future indicano che ci sarà senza alcun dubbio un incremento importante delle patologie oncologiche, sia in Italia che nel resto del mondo, e che colpiranno anche le persone più giovani.

Ma quanto costa curare un tumore in Italia? Chi paga? Cosa è coperto dal Servizio sanitario nazionale e cosa invece resta escluso?

Quanti malati di tumore ci sono in Italia: rischio aumentato per gli uomini

I dati sono chiari: in Italia oggi ci sono oltre 3 milioni e 700 mila malati di tumore e il rischio di cancro aumenterà sempre di più nei prossimi anni.

Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cancer condotta dagli scienziati dell’Università del Queensland, Australia, ci sarà nel mondo, nei prossimi 25 anni, in particolare un aumento di casi di neoplasie tra gli uomini. I maschi, spiegano gli esperti, sono generalmente associati a tassi di insorgenza e mortalità più elevati rispetto alle donne, per una serie di fattori, tra cui la mancata prevenzione, tra screening e controlli regolari, ma anche per via di caratterizzazioni fisiche diverse.

I 17 tipi di tumore per cui è più a rischio chi ha dai 30 ai 60 anni

Uno studio pubblicato qualche giorno fa su The Lancet Public Health, condotto dagli scienziati dell’American Cancer Society, ha rivelato anche che l’incidenza di diverse forme di tumore è aumentata notevolmente nelle generazioni più giovani. In particolare, la Generazione X, cioè i nati tra il 1965 e il 1980, e i Millennials, cioè i nati tra il 1981 e il 1994, sembrano correre un rischio più elevato per ben 17 tipi di cancro. Gli scienziati non sanno ancora spiegarne il motivo, però.

L’analisi si basa sui dati di incidenza raccolti da oltre 23,6 milioni di pazienti con diagnosi di 34 tipi di cancro e sui dati di mortalità relativi a oltre 7,3 milioni di decessi causati da 25 neoplasie, per persone di età compresa tra 25 e 84 anni nel periodo dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2019. Informazioni ricavate rispettivamente dalla North American Association of Central Cancer Registries e dal National Center for Health Statistics.

Gli autori hanno osservato che, nei gruppi di nascita che si succedevano di 5 anni in 5 anni a partire dal 1920, i tassi di incidenza aumentavano progressivamente per 8 dei 34 tipi di cancro. In particolare, risultavano all’incirca doppi o tripli nel gruppo di nascita 1990 rispetto al gruppo 1955 per i tumori di pancreas, rene e intestino tenue, sia tra maschi che tra femmine.

Inoltre, i tassi di incidenza crescevano nei gruppi più giovani, dopo un calo nei gruppi più anziani, per 9 dei tumori restanti fra cui il cancro al seno, il cancro all’utero, al colon-retto, allo stomaco, alla cistifellea, e poi ancora ovarico, ai testicoli, anale nei maschi e il sarcoma di Kaposi sempre negli uomini. L’aumento del tasso di incidenza delle diverse neoplasie, nel gruppo nascita 1990 rispetto alla coorte con tasso di incidenza più basso, variava dal +12% per il cancro all’ovaio al +169% per quello all’utero.

Il 40% dei tumori è evitabile

La buona notizia di fronte a questo scenario è che evitare un tumore, attraverso stili di vita sani, è possibile. Come spiega Fondazione Aiom, che ha appena lanciato la nuova campagna “Tumori, scegli la prevenzione” (con un testimonial d’eccezione, il celebre ct Massimiliano Allegri), in oncologia l’innovazione delle terapie sta portando ad un aumento del numero di persone che riescono a convivere con un tumore.

Il messaggio chiaro da passare, confermano gli studi, è che adottare alcune abitudini può ridurre significativamente il rischio di sviluppare molte gravi malattie.

Si calcola che ben il 40% di tutti i casi di cancro sia evitabile. E questo vale anche per coloro che hanno già affrontato l’esperienza di un cancro: anche queste persone possono trarre benefici significativi mantenendo uno stile di vita sano. Questo, non solo contribuisce a prevenire la ricomparsa della patologia, ma favorisce anche una risposta positiva alle terapie e migliora la qualità della vita post-trattamenti.

Non solo. A determinare un’inversione di rotta rispetto alla mortalità per cancro è anche l’innovazione scientifica e tecnologica, applicata alla ricerca (recentemente sono state scoperte le proteine “spia” in grado di scovare un tumore 7 anni prima) e a tutti i trattamenti, dalla chirurgia alla radioterapia alle terapie farmacologiche. L’oncologia in Italia fa registrare continui progressi con migliaia di vite salvate: negli ultimi vent’anni rilevanti progressi nella cura dei pazienti hanno permesso una minore mortalità. Gli esperti hanno calcolato che in 13 anni, dal 2007 al 2019, sono stati evitati oltre 268mila morti per tumore. 

Il tumore più diffuso nel nostro Paese è quello al seno, con oltre 55mila nuovi casi l’anno. Ma oggi il tasso di sopravvivenza a 5 anni è dell’88% grazie all’aumento importantissimo delle diagnosi precoci e dei trattamenti più efficaci. Anche per le forme più gravi della malattia, come il carcinoma metastatico, sottolinea ancora l’Aiom, sono stati messi a punto farmaci innovativi, come gli anticorpi monoclonali farmaco-coniugati.

Come prevenire i tumori: 8 regole d’oro

Più di tutte, la prevenzione può salvare vite. Anche se in questo senso il dato italiano è ancora troppo debole. Nel nostro Paese la percentuale di adesione agli screening è molto bassa, tra il 30 e il 40%, ed è ulteriormente diminuita rispetto al 2021. Per l’Unione Europea dovrebbe essere il 90% entro il 2025.

La prevenzione primaria – chiarisce l’Aiom – consiste nell’individuare i fattori di rischio che possono generare lo sviluppo della malattia. Si tratta di abitudini che sarebbe bene seguire sin da giovanissimi. Eccole:

  • no al fumo
  • moderare il consumo di alcol
  • seguire la dieta mediterranea
  • controllare il peso
  • praticare attività fisica
  • no alle lampade solari e attenzione a nei e noduli
  • proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili
  • no all’uso di sostanze dopanti.

La prevenzione secondaria può invece individuare lesioni precancerose oppure il tumore in uno stadio molto precoce, in modo da trattarlo in modo più efficace e ottenere di conseguenza un maggior numero di guarigioni e una riduzione del tasso di mortalità.

Ma c’è anche una prevenzione terziaria: provare a evitare le ricadute della malattia o anche eventuali metastasi, dopo che il tumore è stato curato. I sintomi del tumore, le complicazioni causate dalla terapia e la riabilitazione del paziente possono essere favorite anche grazie a queste buone pratiche.

Quanto costa curare un tumore in Italia

Ma quanto costa curare un tumore in Italia? Chi paga? Una domanda che si trovano a doversi fare migliaia di persone. Iniziamo a chiarire che in Italia il Sistema sanitario nazionale copre la gran parte delle spese per curarsi, compresi i costosissimi farmaci antitumorali. Nel 2022 nel Belpaese si sono spesi 20 miliardi di euro per curare i malati di cancro, fra costi diretti di terapie, ospedalizzazioni, interventi chirurgici, esami, riabilitazione e costi indiretti.

Tuttavia, una parte sempre più rilevante di spese finisce per essere a carico dei pazienti. Secondo i dati pubblicati dalla seconda edizione dell’indagine “I costi sociali del cancro: valutazione di impatto sociale ed economico sui malati e sui caregiver” promossa dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e realizzata da Datamining, in collaborazione con l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (Aimac), l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e quello di Napoli (Fondazione Pascale), ogni paziente in Italia spende 1.841 euro l’anno per curarsi contro il cancro. In molti casi in altre città, a centinaia di chilometri da casa.

I soldi servono per esami diagnostici, visite specialistiche, terapie salvavita, ma anche trattamenti “extra” per così dire, come il supporto psicologico e nutrizionale, essenziali per combattere il cancro, migliorare la qualità della vita dei pazienti e aumentare i tassi di sopravvivenza. Tutte spese che contribuiscono a erodere il reddito delle famiglie. Una diagnosi di cancro può causare difficoltà economiche nel paziente e nella famiglia: è la cosiddetta tossicità finanziaria, che colpisce il 26% delle persone, cioè 1 malato su 4.

La voce che incide maggiormente sulle spese sostenute direttamente dai pazienti è quella relativa agli esami diagnostici, poi ci sono il costo dei mezzi di trasporto, le visite specialistiche successive alla diagnosi, l’acquisto di farmaci non oncologici e le spese per l’alloggio lontano dalla propria residenza.

Le spese per curarsi: tutte le cifre

Quanto costano tutte queste cure? Ecco qui una sintesi, ricavata dallo studio condotto su 1.289 pazienti, di cui 464 uomini e 825 donne:

  • esami diagnostici: 259,82 euro (51,4% della spesa totale)
  • trasporti: 359,34 (45,1% della spesa totale)
  • visite specialistiche post-diagnosi: 126,12 euro (28,9% della spesa totale)
  • farmaci non oncologici: 124,26 euro 28,5% della spesa totale)
  • alloggio: 226,78 euro (26,7% della spesa totale)
  • chirurgia ricostruttiva: 149,62 euro 3,3% della spesa totale)
  • consulenza nutrizionale: 82,36 euro (18,7% della spesa totale)
  • protesi/parrucche: 122,2 euro (18,2% della spesa totale)
  • assistenza domiciliare: 6,1% euro (84,27 della spesa totale).

Ai costi diretti si aggiungono poi quelli indiretti dovuti alla perdita di capacità produttiva di chi si ammala. Secondo quanto riportato negli ultimi Rapporti sulla condizione assistenziale dei malati oncologici realizzati da Favo, Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia, la malattia ha portato a un calo del rendimento sul lavoro per 1 malato su 3 e il 45% dichiara di non aver potuto mantenere i precedenti livelli di reddito. Doppiamente svantaggiate, in termini di giornate di lavoro o studio perse, sono le donne rispetto agli uomini; colpiti maggiormente anche i lavoratori con più di 55 anni e quelli autonomi.