Chi ha studiato genetica alla metà del secolo scorso ricorderà lezioni legate ai meccanismi di trasmissione delle malattie, ai classici piselli di Mendel, alle complessità dei cromosomi. Poi sono arrivate le tante conoscenze che hanno portato questa scienza a rappresentare una rivoluzione terapeutica ed etica che sta cambiando il presente e soprattutto il domani della medicina e non solo.
In questo senso, la tecnologia diventa un passaggio chiave per poter sfruttare al meglio l’evoluzione delle conoscenze. E l’Intelligenza Artificiale entra a pieno titolo tra gli strumenti chiave della genetica medica: pur se non sostituirà il medico, potrà supportarlo nella diagnosi, nell’interpretazione dei dati genomici e nello sviluppo di nuove terapie. A ricordarlo sono gli esperti che si sono riuniti nei giorni scorsi per il Congresso Nazionale della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU), tenutosi a Rimini.
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L’impatto della tecnologia
Il fattore tempo, con la disponibilità di risorse mirate, appare fondamentale se si vuole rileggere il domani della genetica. Proprio su questo aspetto e sulle opportunità offerte dall’integrazione degli strumenti e delle modalità di analisi ha concentrato l’attenzione Benjamin Solomon, Direttore Clinico del National Human Genome Research Institute di Bethesda, negli USA. Lo studioso, da vero e proprio pioniere dell’impiego dell’IA in genetica medica, non ha dubbi sull’effettiva utilità degli sviluppi tecnologici.
“L’intelligenza artificiale non prenderà il posto dei clinici, ma un approccio integrato è certamente più efficace. Alcuni compiti potranno essere automatizzati, liberando tempo e risorse per attività di maggiore valore, ma il ruolo dei medici resterà fondamentale ancora a lungo”
è il suo commento.
D’altro canto, anche se le prospettive affascinano, il presente dice già quanto e come la tecnologia sia pervasiva e presente nei percorsi diagnostici delle malattie genetiche rare. Addirittura, si possono sfruttare vere e proprie “immagini”, veri e propri “selfie”, da sottoporre poi a sistemi di riconoscimento facciale che possono supportare pediatri e neonatologi e medici di medicina generale nel riconoscimento tempestivo di dismorfismi facciali e altri segni clinici, indirizzando tempestivamente le famiglie verso il genetista e avviando così percorsi diagnostici e terapeutici più rapidi ed efficaci. Il tutto, per una diagnosi precoce che risulta cruciale non solo per il riconoscimento della patologia e per avviare trattamenti mirati, ma anche per migliorare qualità di vita e prognosi dei pazienti.
Verso terapie ancor più mirate
Il Presidente SIGU Paolo Gasparini, Professore Ordinario di Genetica Medica all’Università di Trieste, Direttore del Servizio di Genetica Medica e del Dipartimento per Diagnostica Avanzata e Sperimentazione Clinica presso l’IRCCS Burlo Garofolo a Trieste, ha sottolineato l’eccellenza italiana nello sviluppo di terapie geniche e cellulari, spiegando che
“la strategia del drug repurposing – o riposizionamento di farmaci – sta guadagnando terreno nel campo della ricerca biomedica”.
Su cosa si basa questa filosofia? Sostanzialmente si tratta di riutilizzare farmaci già approvati per altre indicazioni terapeutiche, studiandone l’efficacia contro patologie differenti, spesso rare e trascurate dall’industria farmaceutica.
“Questo approccio offre vantaggi decisivi: riduce tempi e costi di sviluppo, e sfrutta farmaci già noti per sicurezza e tollerabilità. Per le malattie rare, che colpiscono un numero limitato di pazienti e ricevono pochi investimenti, il drug repurposing rappresenta spesso l’unica via realistica verso nuove cure”.
Tra le novità nel settore, infine, vanno ricordati gli sviluppi della farmacogenetica, ovvero la disciplina che studia come il nostro DNA influenzi la risposta ai farmaci. Non tutti, infatti, reagiamo allo stesso modo a una terapia: l’efficacia e gli effetti collaterali possono variare a seconda delle caratteristiche genetiche di ciascuno, oltre che per fattori come età, sesso, peso o altre malattie presenti. Conoscere queste differenze permette di scegliere il farmaco giusto, al dosaggio corretto, riducendo i rischi e aumentando i benefici: è uno dei primi esempi di medicina personalizzata.
“I vantaggi non riguardano solo i pazienti ma anche il sistema sanitario e la ricerca, perché consentono di ottimizzare risorse, evitare trattamenti inefficaci e selezionare farmaci più mirati. In Italia, però, l’applicazione clinica della farmacogenetica è ancora limitata e necessita di regole chiare. Per questo la Società Italiana di Genetica Umana ha elaborato raccomandazioni per standardizzare i test, la loro interpretazione e la refertazione, con l’obiettivo di portare queste innovazioni dentro al Servizio Sanitario Nazionale”
è il commento di Matteo Floris, Professore Associato di Genetica Medica all’Università di Sassari, co-coordinatore, insieme alla Prof.ssa Monica Rosa Miozzo, Professore Ordinario di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Milano, del Gruppo SIGU dedicato proprio alla farmacogenetica.
Verso lo screening dell’esoma
Tra le novità nel settore, in termini generali, occorre sempre ricordare il valore degli screening. Questi esami rappresentano la base della medicina preventiva, capace di identificare precocemente malattie rare ma trattabili, offrendo terapie tempestive e di precisione che possono cambiare radicalmente la vita dei pazienti. Lo screening tradizionale si basa su test biochimici eseguiti su campioni di sangue raccolti su cartoncino neonatale, il suo potenziale diagnostico si amplia oggi grazie all’integrazione con tecniche genetiche, che si dimostrano complementari e sinergiche nel migliorare sensibilità e specificità.
In questo senso, l’obiettivo è lo screening genomico esteso, che prevede il sequenziamento dell’intero genoma o dell’esoma, ovvero la parte con le istruzioni per costruire le proteine che contiene oltre l’85% delle variazioni genetiche associate alle malattie. L’obiettivo, come hanno confermato gli esperti presenti al congresso dell’Osservatorio Nazionale Specializzandi in Pediatria (ONSP), è puntare sempre più ad identificare un numero sempre maggiore di malattie genetiche trattabili con terapie di precisione in grado di modificare profondamente il decorso clinico e la qualità di vita.
Sia chiaro. Oltre al supporto della tecnologia, sarà importante considerare come l’implementazione su larga scala di queste strategie ponga significative sfide etiche, di sostenibilità economica e di uguaglianza nell’accesso, specialmente riguardo alla selezione delle malattie da includere e alla gestione dei dati sensibili.