Impianti dentari più rapidi e sicuri, con tempi di guarigione abbattuti. Sfruttamento ottimale dei fattori di crescita che permettono di rigenerare i tessuti. Gel intelligenti con proteine e acido ialuronico per favorire lo sviluppo di tessuto osseo e del parodonto, ovvero delle gengive e non solo, in modo da replicare quanto di naturale ed originale c’è nella bocca di ogni paziente. Il tutto, con il supporto dell’AI e delle competenze informatiche: l’odontoiatra si gioverà sempre di più di stampa 3D dentale, tecnologia di avanguardia che facilita la produzione rapida e personalizzata di protesi, corone, ponti, partendo da una scansione digitale del cavo orale.
Insomma, siamo di fronte a prospettive di sviluppo tecnologico e non solo che fanno capire come il trattamento delle patologie orali sia destinato a mutare in futuro. Gli sviluppi della ricerca avranno anche un significativo impatto economico, anche alla luce delle caratteristiche epidemiologiche di una popolazione sempre più anziana. E’ in questo ambito che si muove la cosiddetta odontoiatria rigenerativa, ambito in costante e rapida crescita con una spesa che in Italia si attesta oggi su circa 92 milioni di euro l’anno e che entro 5 anni si stima raggiungerà quasi 138 milioni.
Un’espansione guidata dalla crescente domanda di impianti dentali legata all’invecchiamento della popolazione con circa 10 milioni di interventi in Italia, dalla crescente richiesta di procedure mininvasive e dai progressi della ricerca mai così avanzata. A fare il punto sono gli esperti che si sono riuniti a Firenze per il congresso internazionale Osteology-SIdP, organizzato dalla Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) e dalla Fondazione Osteology.
Indice
Come si affronta la parodontopatia
La parodontite è un’infiammazione profonda delle gengive provocata dai batteri presenti nella placca dentale non adeguatamente rimossa con una corretta igiene orale. L’incidenza aumenta progressivamente dopo i trent’anni e purtroppo si tratta di un nemico sottovalutato dalla maggioranza della popolazione: troppi credono che avere gengive sanguinanti o che si ritirano sia normale o che non ci si possa fare granché. In alcuni casi il problema è superficiale, dovuto a metodi non ottimali per lavarsi i denti, ma per quattro italiani su dieci la diagnosi è parodontite, ovvero una situazione in cui i batteri presenti nella placca sono riusciti a entrare sotto le gengive distruggendo l’ancoraggio che mantiene il dente saldamente attaccato all’osso.
Purtroppo la maggioranza si allarma solo quando sente i denti muoversi e spostarsi, così la conseguenza, se la malattia non viene trattata adeguatamente e in tempo, è la perdita dei denti. Ciò comporta un cambiamento della dieta molto negativo, perché per alimentarsi con una dieta ricca di frutta e verdura fresca come quella mediterranea serve una buona masticazione; inoltre, proprio i vegetali ricchi di vitamina C servono per mantenere le gengive sane e devono perciò essere un caposaldo dell’alimentazione quotidiana.
Chi ha perso dei denti invece tende a scegliere cibi più morbidi e favorire carboidrati, zuccheri raffinati e grassi con un impatto negativo sulla salute e sul portafoglio: costa di più sostituire un solo dente perso per una parodontite che curare l’intera bocca di un paziente intercettato in tempo. Insomma: la parodontite è una malattia molto diffusa nella popolazione adulta e, se non trattata, può portare al riassorbimento dell’osso e alla ritrazione della gengiva, con conseguente perdita dei denti.
“Le terapie parodontali chirurgiche consentono di rigenerare i tessuti andati perduti grazie all’utilizzo di vari biomateriali che vengono posizionati all’interno di un’area di “difetto” per aumentare il volume o rigenerare la quantità di osso e gengiva persi, in genere per la sostituzione con un impianto di un dente mancante, a seguito di traumi o parodontite”
spiega Francesco Cairo, presidente SIdP e Professore di Parodontologia dell’Università di Firenze.
“Il materiale di innesto può essere prelevato dal paziente stesso oppure avere origine animale o sintetica, con evoluzioni sempre più biocompatibili e sicure per il paziente. Gli interventi di rigenerazione si eseguono generalmente in ambito ambulatoriale e anestesia locale, con un decorso operatorio piuttosto semplice. Tuttavia, il processo di guarigione a livello osseo dura diversi mesi e, qualora la rigenerazione sia stata fatta al fine del successivo impianto, questo potrà essere posizionato dopo un periodo che va dai 4 ai 12 mesi. Lo sviluppo di terapie rigenerative innovative ha portato oggi ad approcci mininvasivi che velocizzano la maturazione dell’innesto riducendo i tempi di guarigione fino a 5 mesi, in base alla risposta individuale”.
Staminali e non solo
Dai denti estratti, poi, si possono recuperare cellule in grado di diventare una “base” per le cure. Secondo gli esperti la terapia con cellule staminali derivate dalla polpa dei denti estratti è tra i trattamenti più avanzati per rigenerare osso e gengive, consentendo una ricrescita “naturale” dei tessuti con risultati clinici eccellenti e minore impiego di tessuto prelevato dal paziente stesso.
“Un’altra promettente procedura rigenerativa e minimamente invasiva, altamente efficace è il trattamento con piastrine estratte dal plasma del paziente, di gravi riassorbimenti ossei. Questa tecnica impiega sostanze che stimolano le cellule residue attorno alla radice del dente e che si attivano a riformare i tessuti persi”
segnala Cairo.
Per favorire la rigenerazione degli innesti esistono anche nuove molecole. Si tratta di gel contenenti proteine derivate dalla matrice dello smalto dentale e più recentemente da polinucleotidi e acido ialuronico, in grado di favorire la crescita combinando le loro proprietà.
“Da un lato l’acido ialuronico crea un ambiente idratato, attira fattori di crescita e ha un effetto antibatterico, dall’altro, i nucleotidi favoriscono un ambiente trofico e protettivo per la riparazione e la crescita cellulare promuovendo una guarigione più rapida”
indica Raffaele Cavalcanti, vicepresidente SIdP.
Infine si sta studiando la capacità di rigenerare osso di un composto, PDRN, derivato dal DNA purificato di pesci, tra cui trota e salmone.
“Molti studi in vitro, su modelli animali e trial clinici hanno mostrato capacità del PDRN di promuovere angiogenesi, ridurre l’infiammazione e stimolare la proliferazione dei fibroblasti, se iniettato localmente in associazione a biomateriali. Il PDRN è un promettente coadiuvante e le prime prove cliniche sono incoraggianti ma limitate: serviranno ulteriori studi e follow-up a lungo termine per validarne l’efficacia”
segnala Cavalcanti.
Il ruolo dell’AI
Accanto alle innovazioni dei biomateriali, cresce il ricorso all’intelligenza artificiale, in grado di analizzare migliaia di immagini radiografiche, identificare anomalie invisibili all’occhio umano e formulare diagnosi personalizzate. Oltre alla diagnosi, l’intelligenza artificiale consente di anticipare il rischio di complicanze affiancando i chirurghi nella pianificazione degli interventi e nella selezione dei materiali più idonei, riducendo errori e migliorando i risultati clinici.
“Ma nonostante l’avanzata dell’intelligenza artificiale, il ruolo dell’odontoiatra resta centrale nel giudizio clinico”
puntualizza Cairo. L’esperto segnala come la chirurgia del futuro sarà quindi sempre meno invasiva e più biologica e digitale, riducendo il bisogno di materiali sintetici e accelerando i tempi di guarigione.
“Le nuove tecniche rigenerative stanno diventando sempre più diffuse e richieste perché offrono migliori risultati con minore disagio e le cliniche e gli studi odontoiatrici si stanno attrezzando per rendere i trattamenti rigenerativi il più ampiamente disponibili, trasformando così l’odontoiatria rigenerativa in una parte essenziale dell’assistenza odontoiatrica”
conclude Cairo.