Cambiamento climatico e inquinamento, una delle più grandi minacce per il futuro

Italiani preoccupati: 3 su 4 considerano il cambiamento climatico e l’inquinamento una delle più grandi minacce per il futuro e ritengono la tutela ambientale una priorità urgente

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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2024, l’estate più calda fino ad oggi. Con conseguenze sulla salute, come testimonia una ricerca condotta dagli esperti dal Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), apparsa su Nature Medicine.
In Europa sarebbero stati 62.775 i decessi correlati al caldo tra il primo giugno e il 30 settembre. E l’Italia è in testa ala classifica (in negativo) con il maggior numero di decessi correlati al caldo, oltre 19mila, insieme alla Spagna che la segue a distanza. Basta questo per capire quanto e come il cambiamento climatico sia sotto gli occhi di tutta la comunità scientifica e diventi tema di discussione per Fondazione Onda ETS. Nel corso del congresso della Fondazione si è approfondito anche il tema delle differenze di genere nella percezione del mutamento climatico, grazie ad un’indagine di Elma Research su un campione di 2.552 persone.

Italiani preoccupati

I dati mostrano che 3 italiani su 4 considerano il cambiamento climatico e l’inquinamento una delle più grandi minacce per il futuro e ritengono la tutela ambientale una priorità urgente.
Il 90 per cento segnala un forte legame tra inquinamento e salute, soprattutto per le patologie respiratorie e oncologiche, mentre il 60 per cento riferisce effetti negativi anche sulla sfera psicologica, con ansia e stress. Nonostante la sensibilità diffusa, le azioni concrete spesso restano limitate al minimo indispensabile, mentre sfiducia e senso di impotenza, soprattutto tra i giovani, ostacolano comportamenti sostenibili.
Colmare questo divario richiede politiche educative e sociali che rafforzino efficacia individuale e collettiva e stimolino l’impegno di cittadini, istituzioni e imprese.

Dai risultati della ricerca emerge la forte preoccupazione degli italiani verso la questione ambientale, percepita come una delle sfide più gravi e urgenti. Sette su dieci considerano il cambiamento climatico e l’inquinamento tra le più grandi minacce, con una sensibilità particolarmente forte nelle donne, che mostrano un senso di urgenza maggiore. Gli intervistati guardano al futuro con timore: sebbene la speranza (55 per cento) prevalga sulla rassegnazione, una quota significativa (42 per cento) si sente spettatrice impotente di fronte al destino dell’ambiente.
Tuttavia, la percezione del problema cambia in base al territorio: chi vive in aree altamente inquinate mostra maggiore consapevolezza e senso di coinvolgimento, attribuendo la responsabilità anche a sé stesso. In queste zone l’inquinamento è percepito come la principale minaccia per la salute, con conseguenti limitazioni alla libertà personale quotidiana.

Insomma. Il quadro emotivo è dominato dalla preoccupazione: il 76 per cento teme per il proprio futuro e quello delle nuove generazioni e 3 italiani su 4 credono che tra 50 anni il mondo sarà peggiore di oggi. Eventi climatici estremi, aumento delle temperature, scomparsa di specie animali e vegetali e diffusione di malattie croniche sono tra i principali timori.

Cambiamento climatico più inquinamento, gli effetti sulla psiche

Dall’analisi emerge come l’impatto psicologico della situazione sia evidente: il 60 per cento dichiara di provare ansia o stress pensando ai problemi ambientali e il 64 per cento prova paura e angoscia di fronte a eventi climatici estremi.

“Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico sono una minaccia grave di salute pubblica”

commenta Claudio Mencacci, Co-Presidente Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e Presidente Comitato Scientifico di Fondazione Onda ETS.

“Siamo tutti esposti: dall’era del riscaldamento globale siamo entrati nell’era ”dell’ebollizione globale”, le donne, i neonati, gli adolescenti e gli anziani lo sono ancora di più. I numeri sono impressionanti: 7 milioni di persone nel mondo, 80 mila in Italia perdono la vita a causa dell’inquinamento atmosferico che viene considerato come il secondo fattore di rischio di mortalità superato solo dall’ipertensione. Le polveri sottili (PM10), in particolare quelle ultra sottili (PM 2.5), colpiscono tutto il nostro organismo, con un impatto non solo sul cardiovascolare e respiratorio, provocano anche mutazioni genetiche, favoriscono l’insorgenza di tumori e influiscono sul nostro cervello (ictus, Parkinson-demenze) e sulla salute mentale (spettro autistico, ADHD, depressione e ansia)”.

 

Su quest’ultimo fronte, l’esposizione al particolato provocherebbe (dati relativi al 2024) un aumento della depressione stimato al 16 per cento e dell’ansia per l’11 per cento.

“Da qualche anno abbiamo iniziato a parlare di ”Climate anxiety” o ”Solastalgia” e degli effetti sui giovani e le donne: sentimenti di impotenza, di rassegnazione, di paura, di fatalismo di fronte a questi fenomeni legati all’ambiente, provocano timore per il futuro”

fa sapere l’esperto.

Più attenzione all’ambiente

La ricerca mostra uno scenario molto chiaro: gli italiani riconoscono che la questione ambientale è una priorità e considerano la lotta all’inquinamento una sfida urgente. Ma questa consapevolezza troppo spesso resta sulla carta: nei comportamenti quotidiani, infatti, ci si limita a fare il minimo indispensabile, soprattutto quando imposto – come nel caso della raccolta differenziata – o quando il problema tocca molto da vicino. La coercizione, certo, può essere un primo passo per far sì che i comportamenti virtuosi diventino parte della nostra quotidianità, ma non basta.

“Oggi la vera sfida è far sì che la problematica ambientale sia “sentita davvero”, per colmare il divario tra ciò che pensiamo e ciò che facciamo, superare rassegnazione e fatalismo, e restituire soprattutto ai giovani la fiducia di sentirsi protagonisti di una lotta in cui tutti gli attori siano davvero coinvolti. Perché il futuro non è già scritto: il futuro si costruisce insieme, a partire dalle scelte di ciascuno di noi”.

A dirlo è Massimo Massagrande, CEO Elma Research.

“Le donne sono al centro della connessione tra crisi climatica, salute e giustizia sociale. Secondo numerosi studi scientifici e in base al nostro lavoro, sono spesso le prime a subire gli impatti dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, ma anche le prime a promuovere soluzioni concrete fondate su cura, prevenzione e sostenibilità. Valorizzare il loro ruolo e garantire pieno accesso all’istruzione, alla ricerca e ai processi decisionali è essenziale per affrontare le sfide ambientali e sanitarie del nostro tempo. Non è solo una questione di equità, ma una necessità per costruire un futuro più sano e giusto per tutte e tutti”

ricorda Roberto Romizi, Presidente Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.