Yulia Tymoshenko: cos’è la rivoluzione arancione

Il grande impatto di Yulia Tymoshenko nella politica ucraina e la sua partecipazione a una delle rivoluzioni colorate: qual è il suo pensiero su Putin

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Pubblicato: 25 Settembre 2023 05:30

Yulia Tymoshenko è stata per due volte primo ministro dell’Ucraina, segnando un record per il Paese. Per la prima volta, infatti, una donna ha ricoperto tale ruolo nel Paese. Una carriera politica di tale portata da essere inserita da Forbes nella classifica delle cento donne più potenti nel 2005. Nell’anno precedente era intanto divenuta una delle principali leader della rivoluzione arancione.

Rivoluzione arancione: cos’è

Quando si parla di rivoluzione arancione si fa riferimento a un movimento nato in seguito alle elezioni in Ucraina del 21 novembre 2004. Immediato vantaggio per Yanukovich, con lo sfidante Yushchenko che denunciò brogli elettorali.

Chiese ai suoi sostenitori, inoltre, di restare in piazza fino all’ottenimento della ripetizione della consultazione. L’espressione rivoluzione arancione deriva dal colore scelto dal leader politico e dai suoi sostenitori, divenuto poi tratto distintivo di questa rivolta pacifica. Da semplici nastri a sciarpe, le strade divennero arancioni.

Proteste che spinsero la Corte Suprema ad analizzare il caso, invalidando in seguito il risultato elettorale. Il 26 dicembre ci furono nuove elezioni e stavolta il vincitore fu proprio Yushchenko, con il 52% dei voti. L’anno seguente a essere nominata primo ministro fu Yulia Tymoshenko, sua alleata e tra i leader del movimento di protesta, noto anche come prima rivoluzione ucraina. Ciò per differenziarla dalla rivoluzione ucraina del 2014, nata dalle proteste del movimento Euromaidan in contrasto ancora una volta con Yanukovich, infine esautorato dal Parlamento.

Rivoluzioni colorate

Quella in Ucraina è una protesta parte di un movimento più ampio. Parliamo delle rivoluzioni colorate. È un appellativo scelto dai media internazionali per raccogliere sotto lo stesso ombrello delle forme di protesta non violente.

Tutto ciò si è sviluppato soprattutto in alcuni Stati post sovietici nel corso degli anni Duemila. Episodi di disobbedienza civile per porsi in contrasto con governi ritenuto autoritari o corrotti. Generalmente si procede con il sostegno a un tipo di politica filo-occidentale, scegliendo un preciso colore per avere un maggior impatto mediatico, così da consentire alla stampa e ai social di diffondere più facilmente il messaggio grazie alla viralità dell’impatto visivo:

  • Rivoluzione delle rose: Georgia (2003);
  • Rivoluzione arancione: Ucraina (2004-2005);
  • Rivoluzione dei tulipani: Kirghizistan (2005);
  • Rivoluzione verde: Azerbaigian (2005);
  • Rivoluzione gialla: Mongolia (2005);
  • Rivoluzione dei jeans: Bielorussia (2004-2005).

Yulia Tymoshenko e la guerra in Ucraina

Yulia Tymoshenko è un personaggio politico controverso. Il suo governo entrò rapidamente in crisi dopo i conflitti interni con Yushchenko. È stata inoltre più volge indagata dalla magistratura ucraina e condannata. Ha scontato tre anni di prigionia e, in seguito a una protesta durata tre mesi, è stata liberata grazie a un voto del Parlamento, che ha abolito una legge sull’abuso di potere.

Oggi conserva un’enorme influenza, pur essendo ormai al di fuori di ogni chance di governo. Dopo la scarcerazione, avvenuta nel 2014, si è candidata alle elezioni presidenziali. Sconfitta da Porosenko, ci ha riprovato nel 2019, terza dietro lo stesso Porosenko e l’attuale presidente Zelensky.

Non è chiaro dove viva attualmente, con la guerra tra Russia e Ucraina che imperversa. Sono però ben note le sue posizioni in merito alla figura di Putin. Non è un conflitto limitato al territorio ucraino, ha spiegato. Ha invocato nel 2022 il sostegno deciso dell’Occidente, perché in campo ci sono da una parte gli aggressori e dall’altra il mondo della democrazia.

Dal suo punto di vista, Putin non intende fermarsi a questo conflitto, che non riteneva potesse durare tanto. Il suo obiettivo è ricreare i confini dell’impero russo. L’Ucraina, in quest’ottica, sarebbe solo un primo passo.