Willy Brandt, il Cancelliere tedesco inginocchiatosi al Memoriale della Shoah

Un gesto molto coraggioso, che ebbe un peso enorme in patria. Le scuse di un uomo per la Germania intera, a dimostrazione di un tipo d'approccio politico differente

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Willy Brandt è stato un noto politico tedesco, cancelliere della Germania Ovest dal 1969 al 1974. Su scala internazionale, il suo nome sarà sempre ricordato per un gesto eclatante risalente al 7 dicembre 1970. Il suo inginocchiarsi al Memoriale della Shoah a Varsavia generò scalpore e divise l’opinione pubblica nazionale. Di seguito vi riportiamo l’intera vicenda, con i suoi risvolti politici.

Un gesto di pace

La visita del cancelliere della Germania Ovest Willy Brandt a Varsavia, in occasione della firma del trattato, si trasformò in un momento epocale. Decise infatti di inginocchiarsi dinanzi al monumento dedicati ai resistenti del ghetto cittadino, che venne totalmente distrutto.

Il suo comportamento generò numerosi commenti a livello internazionale, al punto da ritrovarsi quasi costretto a commentare la vicenda. Spiegò come non fosse stato nulla di organizzato. Un gesto naturale e non premeditato. Un uomo che si inginocchia per la Germania. Ecco parte del commento dello Spiegel sulla vicenda. Una scelta in linea con una vita condotta all’insegna dell’opposizione a ogni forma di violenza, odio e antisemitismo. Poche ore dopo, si recò ad apporre la propria firma sul trattato di Varsavia, che portò la Germania a riconoscere la Linea Oder-Neisse, rinunciando a ogni rivendicazione territoriale.

Riconoscendo le colpe del proprio Paese, ancora una volta Willy Brandt si schierò contro l’ideologia nazista in maniera aperta e pubblica. Denunciò gli orripilanti effetti dell’odio verso gli ebrei già nel 1930. Raccontò l’atroce Notte dei Cristalli e tutte le misure di repressione messe in atto dai nazisti. Una posizione tutt’altro che scontata, la sua, considerando come al secolo l’antisemitismo avesse trovato spazio, ampio, anche tra le fila dei suoi compagni socialisti. Nel 1938 fu espulso dal regime, che lo privò della sua cittadinanza. Fece così richiesta di quella norvegese. Tutto ciò non fa che rendere quel gesto ancora più pregno di significato e convinzione.

Premio Nobel e accoglienza in patria

Come detto, Willy Brandt decise di inginocchiarsi dinanzi al Memoriale della Shoah di Varsavia il 7 dicembre 1970, ma in quei giorni il gesto più importante fu di certo la sua firma sul trattato. L’anno dopo ricevette il premio Nobel per la pace, a sottolineare il chiaro segnale dato nella lotta per contrastare l’odio in tutte le sue forme.

Un riconoscimento che, come noto, giunge con una considerevole somma di denaro. Si parla infatti di 9 milioni di corone svedesi, pari a 885mila euro, da dividere nel caso con altri co-vincitori. Non volle tenere la somma, ingente, per sé. Quanto assegnatogli, venne infatti donato per la ricostruzione della Scuola Grande Tedesca. Un luogo scelto decisamente non a caso, trattandosi del più antico luogo di culto ebraico di Venezia.

Fu il primo cancelliere tedesco in carica a visitare Israele, nel novembre del 1960. Gesto che ben chiarisce la sua visione politica, non sempre apprezzata in patria. Lo Spiegel realizzò un sondaggio il giorno seguente il suo inginocchiamento a Varsavia. Il 41% ritenne quel momento appropriato, mentre la maggioranza lo recepì come esagerato e fuori luogo.

Proprio quel momento storico venne sfruttato un anno dopo per un voto di sfiducia contro di lui, che non passò per appena due voti. Particolarmente critica anche la firma sul trattato di Varsavia, che riconosceva i confini della Polonia e portava la Germania ad abbandonare ogni mira territoriale. Con il senno di poi, è facile rendersi conto della rilevanza di una figura di tale spessore come Willy Brandt.