In un emendamento al primo articolo della Manovra, alcuni senatori di Fratelli d’Italia hanno introdotto una dicitura che sembra voler allentare il controllo della Banca d’Italia sulle sue riserve auree per spostarlo più genericamente nelle mani dello Stato. Questo potrebbe facilitare azioni future del Governo sui lingotti della Banca Centrale, che con la recente crescita del valore dell’oro sono arrivati a valere molto più che in passato.
Toccare le riserve auree è però praticamente impossibile. La Banca d’Italia è completamente indipendente dal Governo e la sua autonomia è garantita non solo dalle leggi nazionali, ma anche dai trattati europei. Già in passato, più di un governo ha provato a vendere o tassare l’oro di Bankitalia, senza successo.
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Quanto vale l’oro di Banca d’Italia
La Banca d’Italia custodisce circa 2.452 tonnellate di oro in lingotti e, in parte minore, in monete. L’ultimo valore ufficiale che la Banca Centrale stessa ha assegnato alle proprie riserve risale a marzo 2025 e fa riferimento al bilancio del 2024. Allora, le riserve italiane si attestavano poco sotto i 200 miliardi di euro in valore.
Negli ultimi mesi però l’oro ha raggiunto quotazioni mai viste in precedenza. Questo ha portato a stimare l’attuale valore delle riserve auree della Banca d’Italia in 275 miliardi di euro, anche se non si tratta di dati ufficiali. È il 13% del Pil o il 10% del debito totale.
I lingotti sono custoditi non solo in Italia, ma anche in altri Paesi:
- 1.100 tonnellate, il 44,86% del totale delle riserve, sono in Italia;
- 1.061,5 tonnellate, il 43,29% del totale delle riserve, sono negli Stati Uniti;
- 149 tonnellate, il 6,09% del totale delle riserve, sono in Svizzera;
- 141,2 tonnellate, il 5,76% del totale delle riserve, sono nel Regno Unito.
La Banca d’Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, superato solo dalla Federal Reserve e dalla Bundesbank per quanto riguarda le banche centrali, alle quali si aggiunge il Fondo Monetario Internazionale.
Cosa dice l’emendamento di Fratelli d’Italia
Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan, e altri tre senatori del partito di Giorgia Meloni hanno presentato un emendamento alla Manovra finanziaria che chiede di introdurre nel primo articolo della legge una frase:
Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del Popolo Italiano.
All’apparenza sembra che la maggioranza voglia mettere in dubbio l’indipendenza della gestione delle riserve auree. I lingotti della Banca Centrale sono però tra gli asset più inaccessibili in assoluto. Già due volte in tempi recenti due governi, guidati da Berlusconi e Prodi, hanno tentato di intaccarle ma si sono scontrati con il divieto della Bce, che garantisce la totale indipendenza della Banca d’Italia dall’esecutivo.
A cosa servono le riserve auree e perché non si possono vendere
Le riserve auree delle banche centrali sono fondamentali per la stabilità del sistema finanziario di un Paese. Garantiscono che, in qualsiasi momento, uno Stato possa accedere a una riserva di liquidità quasi istantanea non influenzata da eventuali crisi relative al proprio debito o alla propria situazione economica.
Per questo quasi la metà delle riserve della Banca d’Italia si trovano negli Usa. In questo modo, in caso di necessità, l’Italia potrebbe venderle rapidamente per avere dollari a disposizione con cui, per esempio, ripagare creditori e contrastare una speculazione sul debito.
Il motivo per cui l’Italia è il terzo Stato con più riserve auree al mondo è il suo debito pubblico, molto alto sia in assoluto, sia rispetto al Pil. L’oro serve come ulteriore garanzia ai creditori dello Stato che, in caso di necessità, il nostro Paese avrebbe gli strumenti con cui difendersi da un attacco speculativo e ripagare i propri titoli di debito.