A Parigi vertice su migranti e clima, ma nessuna rivoluzione

Il meeting di Parigi fra i big del mondo è stato un incontro in tono minore: tanti i partecipanti, tante le idee, pochi i risultati. Su clima e povertà si procede a piccoli passi

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il vertice di Parigi su clima, migranti ed economia si è concluso con strette di mano, foto ricordo, molti buoni propositi e pochi passi avanti. I big del mondo non sono riusciti a chiudere alcun accordo importante.

Il vertice di Parigi su ambiente, povertà ed economia

Il focus del vertice di Parigi riguardava un nuovo patto di finanziamento globale. Un’attenzione particolare è stata posta sul clima con lo scopo di aiutare i paesi del Sud del mondo ad affrontare il cambiamento climatico. A differenza di altri meeting mondiali, quello di Parigi non poteva dare mandati vincolanti agli Stati partecipanti.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha comunque proposto una lista di obiettivi da monitorare nel tempo. Si è deciso di aumentare gli aiuti economici, ma è mancata la firma di un accordo comune. E il rivoluzionario cambio di rotta che molti auspicavano non c’è stato.

Da COP 27 al vertice di Parigi

Quaranta i capi di Stato e di governo presenti. Il meeting di Parigi è nato per dare concretezza alle idee nate dalla conferenza Cop 27 tenutasi in Egitto, prima della prossima che si terrà negli Emirati Arabi Uniti dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.

Due gli obiettivi, ambiziosi, falliti dal meeting: la tassa sulle emissioni di gas serra prodotte dal trasporto marittimo internazionale e il trasferimento di 100 miliardi di dollari ai paesi in via di sviluppo attraverso il Fondo monetario internazionale. Idea che torna periodicamente nel dibattito, ma che mai riesce a trovare concretezza.

Alcuni leader si sono detti favorevoli all’idea di riformare la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo e il Fondo Monetario Internazionale, conosciute anche come “istituzioni di Bretton Woods”.

Lula contro Banca Mondiale e Fmi 

Il punto sulla situazione mondiale l’ha fatto il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva con un discorso con il quale ha criticato la comunità internazionale per il suo immobilismo: “Chi ha applicato il Protocollo di Kyoto? Chi ha applicato le decisioni della COP 15 di Copenaghen? Chi ha applicato le decisioni della COP di Parigi?”, ha domandato Lula. Il presidente brasiliano ha detto che sul clima si procede a rilento perché “non c’è una governance mondiale per portare a termine gli obiettivi”. “Con questo meccanismo – ha aggiunto criticando l’Occidente – chi è ricco è sempre ricco e chi è povero è sempre povero”.
“Ciò che è stato creato dopo la Seconda guerra mondiale, le istituzioni di Bretton Woods, non funzionano più e non rispondono più alle aspirazioni e agli interessi della società”, ha detto Lula. Secondo lui “sia la Banca Mondiale sia il Fmi lasciano molto a desiderare in termini di ciò che il mondo si aspetta da loro”.

Macron ha espresso “consenso totale” nel riformare entrambe le istituzioni finanziarie globali per renderle “più efficienti, più giuste e più adatte al mondo di oggi”.