La Corte internazionale di giustizia esaminerà all’Aja le argomentazioni su Israele, accusato di star commettendo reato di genocidio sulla Striscia di Gaza. Si da quindi il via a un’udienza legale che potrebbe avere enormi implicazioni.
Il Sudafrica, che ha portato avanti il caso, ha chiesto al tribunale delle Nazioni Unite di agire urgentemente “per proteggere da ulteriori, gravi e irreparabili danni ai diritti del popolo palestinese derivanti dalla convenzione sul genocidio, che continua ad essere violata impunemente”.
Ciò avviene mentre il massacro dei palestinesi continua. Dagli attacchi del 7 ottobre, secondo il ministero della Sanità di Gaza, l’esercito di Israele ha ucciso più di 23.000 palestinesi a Gaza, di cui circa il 70% si ritiene fossero donne o bambini. L’agenzia di soccorso palestinese delle Nazioni Unite, UNRWA, ha stimato che 1,9 milioni di persone sono state sfollate internamente a causa della guerra – quasi l’85% della popolazione – mentre decine di migliaia di edifici sono stati distrutti.
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Al via alla prima udienza legale sulla guerra a Gaza
Nella sua richiesta scritta di 84 pagine alla Corte Internazionale di Giustizia, per l’apertura del procedimento, il Sudafrica ha dichiarato: “Gli atti e le omissioni di Israele hanno carattere genocida perché sono intesi a provocare la distruzione di una parte sostanziale del territorio palestinese. gruppo nazionale, razziale ed etnico”.
Poiché i casi di genocidio sono notoriamente difficili da dimostrare, perché richiedono prove e dichiarazioni di testimoni che in guerra sono complesse da raccogliere, possono richiedere anni per essere risolti. Per questo motivo il Sudafrica ha chiesto alla corte di attuare rapidamente “misure provvisorie” e di “ordinare a Israele di cessare di uccidere e di causare gravi danni mentali e fisici al popolo palestinese a Gaza”.
Nero su bianco, quindi, è stato chiesto di vietare a Israele di portare avanti operazioni che abbiano come scopo quello di provocare la distruzione dei palestinesi come gruppo (per esempio togliendo le restrizioni sugli aiuti umanitari e permettendo le evacuazioni dei civili), tirando in ballo Convenzione sul genocidio del 1948.
Israele accusato di genocidio
Uno degli elementi cruciali del caso sarà la questione delle intenzioni. Nella sua dichiarazione, il Sudafrica elenca numerose dichiarazioni di alti funzionari israeliani, sostenendo che “se combinate con il livello di uccisioni, mutilazioni, sfollamenti e distruzione sul terreno, insieme all’assedio, [esse] evidenziano un genocidio in corso e continuo”. Tra questi figurano una citazione del primo ministro Benjamin Netanyahu che fa riferimento alla storia biblica della distruzione totale di Amalek da parte degli israeliti, il suggerimento di un altro ministro secondo cui un attacco nucleare su Gaza era un’opzione e la tesi di vari funzionari secondo cui non esiste distinzione tra militanti e civili a Gaza.
“I genocidi non vengono mai dichiarati in anticipo, ma questa corte può avvalersi delle prove delle ultime 13 settimane che mostrano in modo incontrovertibile un modello di condotta e le relative intenzioni che giustificano come plausibili le accuse di atti genocidi”, ha detto ai giudici l’avvocato sudafricano Adila Hassim in udienza al Palazzo della Pace all’Aia. “Niente fermerà la sofferenza tranne un ordine di questo tribunale. Senza l’indicazione di misure provvisorie, le atrocità continueranno, con le Forze di Difesa israeliane che hanno indicato che intendono perseguire questa linea di condotta per almeno un anno”, ha poi aggiunto lo stesso.
Vusimuzi Madonsela, co-leader della delegazione sudafricana, ha inoltre affermato che “in via preliminare, il Sudafrica riconosce che gli atti genocidi e le omissioni da parte dello Stato di Israele fanno inevitabilmente parte di un continuum di atti illegali perpetrati contro il popolo palestinese dal 1948”, quando Israele dichiarò la propria indipendenza.
La reazione di Israele
Quando è stata presentata la richiesta all’Aja Israele ha reagito male, definendola “priva di fondamento” e una “diffamazione”. La posizione ufficiale rimane ancora quella di un’azione spinta dalla legittima difesa, per proteggere gli israeliani e distruggere Hamas.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha pubblicato un video in cui ha dichiarato che Israele sta combattendo Hamas, non la popolazione palestinese, agendo nel pieno rispetto del diritto internazionale. “Israele non ha intenzione di occupare permanentemente Gaza o di sfollare la sua popolazione civile”, ha detto.
Il ministero degli Esteri ha invece dichiarato: “Israele ha chiarito che i residenti della Striscia di Gaza non sono il nemico e sta facendo ogni sforzo per limitare i danni ai non coinvolti e per consentire agli aiuti umanitari di entrare nella Striscia di Gaza”.
Intanto gli Stati Uniti, tra le maggiori potenze al mondo che sostengono Israele, hanno confermato il loro sostegno, definendo il caso “privo di merito”.
Cosa succede ora?
I team legali di entrambe le parti avranno lo stesso tempo per presentare il loro caso di fronte alla Corte dell’Aja (circa tre ore): dopo l’intervento del Sud Africa che esporrà le proprie argomentazioni, Israele sarà chiamato a rispondere delle accuse venerdì. Il giudizio sarà riservato a una data successiva, ma potrebbe arrivare entro poche settimane.
Tuttavia, anche se la Corte internazionale di giustizia non può far rispettare le sue decisioni ed è possibile che Israele possa ignorare un giudizio avverso, di fatto si apre per la prima volta la strada a un’azione legale politicamente clamorosa.
Questo procedimento è importante oggi prima di tutto perché da quando è scoppiato il conflitto, a ottobre 2023, tra astensioni e richieste di cessate il fuoco ignorate, è la prima volta che – in un tribunale internazionale – Israele è chiamato a rispondere di crimini di guerra, sulla base di quanto stabilito dalla Convenzione sul genocidio del 1948.
La Convenzione sul genocidio è stata istituita all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e dopo l’Olocausto, dopo che 6 milioni di ebrei furono uccisi dai nazisti e dai loro collaboratori. Sia il Sudafrica che Israele sono firmatari, il che consente al Sudafrica di portare avanti la propria causa sulla base di un accordo che Israele non sta rispettando. La Convenzione è stata precedentemente utilizzata solo in casi che coinvolgevano Bosnia e Serbia, Gambia e Myanmar, ma è stata tirata in ballo anche nell’attacco della Russia in Ucraina.
Senza girarci troppo intorno, ci vorranno anni per raggiungere una sentenza definitiva sul caso e le udienze di questa settimana riguardano solo la richiesta di misure di emergenza da parte del Sudafrica, non si deciderà quindi sulle accuse. Inoltre, anche se un primo giudizio della Corte arrivasse entro poche settimane, questa non avrebbe i mezzi per farlo rispettare. Nel marzo 2022, per esempio, ha ordinato alla Russia di sospendere le sue operazioni militari in Ucraina, ma Mosca si è semplicemente rifiutata di obbedire.
Tuttavia, anche se le misure non venissero applicate, la decisione di imporle – e ancora di più una sentenza definitiva contro Israele – potrebbe assestare un duro colpo alla posizione di Israele e cambiare il modo in cui altri stati lo trattano, ad esempio, rendendo loro meno disposti a vendergli armi (perché così facendo fornirebbero artiglieri a chi formalmente e ufficialmente è accusato di portare avanti un genocidio).