Un tavolo rovente, tante, troppe tensioni, ma una firma finale. A Doha, dopo giorni di mediazione intensa, Israele e Hamas hanno trovato un accordo per una tregua, siglato sotto l’occhio vigile di Stati Uniti e Qatar. Il documento, tanto atteso quanto complesso, ha richiesto negoziazioni fino all’ultimo dettaglio. “Una tempesta in un bicchier d’acqua”, l’ha definita un funzionario statunitense, a conclusione di un lungo processo che lascia intravedere, si spera, spiragli di calma.
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Cessate il fuoco, tempistiche ancora incerte
Nonostante la firma dell’accordo, l’effettivo avvio del cessate il fuoco rimane sospeso. La riunione del gabinetto israeliano, prevista inizialmente per oggi, potrebbe slittare a sabato, posticipando l’inizio del cessate il fuoco a lunedì. Questo ritardo evidenzia le tensioni interne allo Stato ebraico, dove l’ultradestra critica apertamente l’accordo. Il ministro Ben Gvir ha già paventato l’ipotesi di dimissioni, aumentando l’incertezza politica. Il tutto è acuito da manifestazioni di piazza a favore di un prosieguo della guerra.
Posizione degli Stati Uniti e di Biden
L’ancora presidente americano Joe Biden ha ribadito la necessità di affrontare le questioni palestinesi per garantire la sostenibilità di Israele nel lungo termine. In un’intervista a Msnbc, ha dichiarato che Benjamin Netanyahu “deve trovare un modo per soddisfare le legittime preoccupazioni” dei palestinesi. Legittime preoccupazioni, ovviamente, quelle di temere ogni giorno per la propria vita e per quella dei propri cari in un fazzoletto di terra ridotto ormai a un cumulo di macerie e corpi, dove manca cibo e si fa fatica a sopravvivere.
Biden ha anche detto che senza una soluzione per i palestinesi, Israele non potrà sostenersi nel futuro. Ha inoltre ricordato il suo rapporto con il premier israeliano, descrivendolo come un’amicizia complessa negli ultimi tempi.
C’è anche da dire che ora arriverà Trump a guidare gli Stati Uniti, dettaglio non di poco conto. Il suo inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha esercitato pressioni significative sul primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu affinché accettasse concessioni precedentemente rifiutate durante l’amministrazione di Joe Biden. Questo approccio diretto e transazionale, come sottolineato anche dal Financial Times, ha portato a un accordo che prevede il rilascio di ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi e il ritiro delle truppe israeliane da parti di Gaza.
L’imminente insediamento di Trump ha influenzato anche la posizione di Hamas, che ha accettato il cessate il fuoco anticipando condizioni più severe sotto la nuova amministrazione. Mike Waltz, futuro consigliere per la sicurezza nazionale, ha detto, scrive il New York Post, che Hamas temeva termini peggiori con Trump, noto per le sue azioni decise contro gruppi terroristici.
Pressioni internazionali e il ruolo dell’Europa
A Bruxelles, l’atmosfera è tesa ma determinata. La vicepresidente della Commissione europea, Kaja Kallas, ha incontrato il premier palestinese Mohammad Shtayyeh, confermando che l’Europa non intende restare a guardare. Bruxelles spinge per garantire che gli aiuti umanitari entrino a Gaza senza intoppi, mentre il panorama umanitario nella Striscia continua a deteriorarsi con velocità preoccupante. Per la comunità internazionale, il rispetto dei diritti civili e la protezione degli operatori umanitari non sono più opzionali, ma un dovere imprescindibile. Il tempo per azioni simboliche è finito.
Recentemente, Bruxelles ha annunciato un contributo aggiuntivo di 120 milioni di euro, destinato a combattere l’insicurezza alimentare, migliorare l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, oltre a fornire assistenza sanitaria e alloggi per gli sfollati. Questo finanziamento si aggiunge ai 450 milioni di euro già stanziati dall’inizio del conflitto, portando il totale degli aiuti umanitari dell’Ue a oltre 570 milioni di euro.
Visita di Macron in Libano
A Beirut, Emmanuel Macron non ha perso l’occasione di riaffermare il peso della Francia in una regione cruciale. Durante una visita lampo di 12 ore, il presidente francese ha garantito pieno sostegno al neo-eletto Joseph Aoun, promettendo di aiutare il Libano a uscire dall’impasse istituzionale e a consolidare la propria sovranità. Il tempismo di Macron, coincidente con l’arrivo del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, ha creato un palcoscenico di diplomazia ad alto livello.
Parigi, fedele al suo ruolo di mediatore storico, ha ribadito il proprio impegno anche nel garantire la tenuta del cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, dimostrando che la partita libanese resta al centro del suo radar strategico.
Il G7 sull’accordo di Gaza
I leader del G7 hanno accolto positivamente l’accordo di tregua raggiunto nella Striscia di Gaza, definendolo un “passo fondamentale” verso una pace duratura. Il comunicato del gruppo sottolinea l’importanza di una piena attuazione dell’intesa, esortando entrambe le parti a lavorare per una cessazione definitiva delle ostilità.
Il G7 ha ribadito il proprio sostegno alla sicurezza di Israele e ha invitato l’Iran e i suoi alleati a cessare ogni attacco contro lo Stato ebraico. Inoltre, un colpo al bastone e uno alla botte, i leader hanno evidenziato la necessità di affrontare la crisi umanitaria a Gaza, dove le condizioni di vita peggiorano rapidamente. “Esortiamo tutte le parti a garantire un passaggio sicuro, rapido e senza ostacoli degli aiuti umanitari”, si legge nella nota ufficiale, che richiama anche l’urgenza di proteggere i civili e gli operatori umanitari.
Situazione critica a Gaza
Un foglio di carta e una gelida stretta di mano non sono sufficienti per far sì che non ci sia ulteriore spargimento di sangue, in gioco ci sono vite, diritti e un futuro dignitoso per milioni di persone. Un equilibrio fragile, dove ogni mossa sbagliata rischia di trasformare la tregua in un nuovo ciclo di violenza, lasciando la popolazione civile intrappolata in un incubo senza fine.
Nonostante l’annuncio di una tregua tra Israele e Hamas prevista per domenica 19 gennaio 2025, nella notte tra il 16 e il 17 gennaio le forze israeliane hanno condotto intensi bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Secondo fonti locali, almeno 81 palestinesi sono stati uccisi in queste operazioni, con attacchi concentrati in aree come il campo profughi di Nuseirat, Khan Yunis e la città di Gaza. L’accordo prevede anche uno scambio di prigionieri, con la liberazione di ostaggi israeliani e detenuti palestinesi, ma la sua attuazione pratica richiederà ulteriore tempo.
C’è anche da ribadire che questa tregua non piace agli israeliani, e sta causando profonde spaccature all’interno del tessuto politico. Mentre i ministri dell’ultradestra minacciano dimissioni, l’opposizione di Yair Lapid si è detta pronta a supportare Netanyahu per garantire la stabilità.