Pensioni, Tridico lancia un fondo pubblico per precari e donne

Il presidente dell'Inps pensa a un fondo integrativo pubblico a capitalizzazione a vantaggio soprattutto di giovani precari e donne. I sindacati dicono no

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Pubblicato: 15 Gennaio 2020 12:07

L’Inps nella bufera. L’Istituto pensa, anche, ai giovani, soprattutto a quelli precari. Almeno così sembrerebbe stando all’ultima proposta avanzata dal presidente Pasquale Tridico. Ma lo fa con inanellando una serie di mosse che non sono piaciute né ai sindacati né a moltissimi lavoratori.

Durante la sua audizione in commissione parlamentare sugli Enti gestori previdenziali, Tridico ha lanciato l’idea di un fondo integrativo pubblico a capitalizzazione a vantaggio soprattutto di giovani precari e donne. “È qualcosa di cui si sta parlando e sono contento”, ha dichiarato il presidente dell’Inps, spiegando che l’Istituto mira a realizzare un fondo integrativo pensionistico pubblico e volontario “che possa investire risorse nel Paese”.

Nonostante il dato di Quota 100, un tiraggio “molto inferiore a quello preventivato” che ha portato nel 2019 solo a 150mila pensionamenti contro i 350mila stimati (42mila nel pubblico, 74mila nel privato e 33mila tra gli autonomi) Tridico ha assicurato che il sistema è “sostenibile”, lanciando però un nuovo allarme sulla consistenza degli assegni che potranno avere in futuro precari e i giovani di oggi.

Come funziona il fondo voluto da Tridico

L’idea di Tridico è quella di sostenere un fondo che possa consentire alle donne e ai giovani precari di avere un domani una pensione integrativa attraverso una defiscalizzazione più importante rispetto a quella dei fondi complementari. Il tutto gestito appunto direttamente dall’Inps, il che consentirebbe, spiega ancora, di abbattere i costi di amministrazione perché “spesso a erodere i rendimenti sono i costi dalle gestioni dei privati”.

Se guardiamo ai dati presentati da Tridico, possiamo notare come oggi la previdenza complementare raccolga 167 miliardi di euro. Di questi, il 75% viene investito all’estero, “e molto spesso questi soldi si incontrano con i nostri giovani disoccupati che vanno a lavorare nelle Borse di Londra o Parigi” denuncia il presidente dell’Istituto.

La proposta, in realtà, non è nuova, perché era già stata proposta la scorsa estate. “Credo che il ministero del Lavoro stia pensando a una legge delega e a un confronto con i sindacati”, ha aggiunto il presidente dell’Inps. Il premier Giuseppe Conte, dal canto suo, aveva già voluto precisare nei giorni scorsi che “faremo un’ampia riforma di Inps e pensioni”.

Ma se nell’idea originaria questo strumento avrebbe dovuto servire ad evitare che i fondi previdenziali investano in finanza, dirottandoli dunque a sostenere le aziende italiane, ora Tridico propone di utilizzarlo per aumentare le pensioni future, rilanciando le integrazioni al minimo che erano state abolite con la riforma Fornero. Proprio l’ex ministro dell’Economia del governo Monti,, Elsa Fornero, in questi giorni ha detto la sua, bocciando a più riprese “Quota 100“.

Perché i sindacati dicono “no”

Come hanno reagito i sindacati, che sempre in materia di pensioni già hanno bocciato l’ipotesi di Quota 102? Malissimo. “È un grosso abbaglio” ha tuonato il segretario della Cgil Roberto Ghiselli. Chi ha un lavoro povero o precario non è, ribattono i sindacati, nelle condizioni di versare contributi sufficienti per costruirsi una pensione pubblica: “Figuriamoci se avrà mai le disponibilità finanziarie per fare versamenti aggiuntivi per un fondo integrativo”.

Secondo Ghiselli Tridico sbaglia a pensare che la risposta previdenziale per giovani precari e donne possa essere un fondo previdenziale integrativo pubblico a capitalizzazione. “Dare una prospettiva dignitosa a questi lavoratori rappresenta una nostra priorità”.

E lo si può fare – continua la Cgil – rafforzando la previdenza pubblica e valorizzando le posizioni previdenziali, “così da permettere anche ai giovani e alle donne occupati nelle attività più svantaggiate di avere una pensione dignitosa, quella che noi chiamiamo pensione contributiva di garanzia”.

Inoltre, c’è un secondo aspetto che non piace ai sindacati, non meno rilevante: l’idea di un fondo integrativo pubblico concorrente con i fondi negoziali. Secondo Ghiselli è “sbagliata”, perché la funzione dell’Inps non dovrebbe essere quella di gestire risorse nel mercato finanziario.

“I fondi negoziali esistenti, che hanno dato in questi anni ottimi risultati nella gestione delle risorse dei lavoratori, stanno cercando di realizzare maggiori investimenti nell’economia reale italiana, anche in collaborazione con la Cassa depositi e prestiti, in una logica prudenziale e socialmente responsabile”.