Pensioni: Quota 100, un regalo ai baby boomer maschi?

"La flessibilità in uscita dal mercato del lavoro può servire, ma Quota 100 che abbasserà l’età media di pensionamento di un anno e mezzo nel privato per un costo di 22 miliardi, potrebbe finire per favorire una specifica categoria di lavoratori", scrive Vincenzo Galasso

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

(Teleborsa) Dopo un lungo e sofferto iter, Quota 100, la misura che di fatto riforma e , dunque, cambia il volto del sistema pensionistico italiano, ha finalmente tagliato il traguardo. Lo strascico di polemiche però continua ad accendere il dibattito. Fatto sta che per i prossimi tre anni (ricordiamo che appunto si tratta di misura sperimentale), Quota 100 inciderà in maniera sostanziale sulle modalità di pensionamento, interessando dunque una bella fetta di italiani pronti a dire addio al mercato del lavoro che si interrogano sulle varie opzioni.

Sul tema interviene Vincenzo Galasso, professore di Economia Politica presso l’Università Bocconi di Milano, con una dettagliata analisi pubblicata su Lavoce.info, in linea con la quale riconosce che la flessibilità in uscita dal mercato del lavoro può servire, ma Quota100 che abbasserà l’età media di pensionamento di un anno e mezzo nel privato per un costo di 22 miliardi, potrebbe finire per favorire una specifica categoria di lavoratori. 
La flessibilità in uscita è legittima, ma costa. Scrive Galasso “Se un lavoratore anticipa di un anno il pensionamento crea due effetti sul sistema previdenziale. Un anno di contributi previdenziali in meno. E un anno di pensione erogata in più. Dunque, il sistema pensionistico incassa di meno e versa di più. A meno che, ovviamente, la pensione mensile erogata non sia ridotta per compensare i minori versamenti e il più lungo periodo di erogazione. Alcune proposte di riforma pensionistica presentate negli anni scorsi prevedevano penalizzazioni attuariali, che prendessero atto di entrambi gli effetti, come accade del resto nel sistema contributivo sin dalla sua introduzione, nel 1995. E anche l’Ape volontaria, introdotta ad aprile 2018, includeva una penalizzazione implicita, sebbene attraverso un meccanismo di mercato. Quota 100 invece considera solo il primo effetto – la riduzione dei contributi – ma non il secondo, ovvero l’aumento degli anni di erogazione. In tal modo offre un bonus ai 400mila o più lavoratori che la sceglieranno per andare in pensione nei prossimi tre anni. Un bonus che tuttavia andrà finanziato dai contributi previdenziali pagati da altri lavoratori. Opzione Donna, invece, considera entrambi gli effetti. Il criterio di calcolo della pensione risulta corretto, ma le conseguenti riduzioni dell’assegno pensionistico sono sostanziali.
Dunque, quota 100 va ben oltre l’obiettivo di fornire un canale di flessibilità in uscita dal mercato del lavoro. Incentiva il pensionamento anticipato e per farlo incanala una gran quantità di risorse verso lavoratori sessantenni, prevalentemente uomini, con carriere lavorative continue e aderenti al (generoso) sistema retributivo. Solo per tre anni. Una (ulteriore) concessione ai baby boomer – soprattutto agli uomini – già in precedenza esentati dal costo delle riforme Amato e Dini”.
ALLARME CAMICI BIANCHI –  Intanto,  Regioni, Asl e sindacati iniziano a tremare per i possibili effetti di Quota 100 sulle corsie italiane in un colpo solo che dovranno fare i conti con il rischio di concentrare in un breve lasso di tempo le uscite di una categoria di lavoratori che a causa della curva demografica dei pensionamenti e degli scarsi ingressi è destinata a diventare sempre più rara. Con l’introduzione della nuova norma pensionistica, infatti, potrebbero essere 25mila i camici bianchi a lasciare il sistema sanitario pubblico.  A stimare il dato il più grosso sindacato degli ospedalieri, l’Anaao.