Pensioni: quota 100 con 38 anni di contributi, senza penalizzazioni

Il governo lavora a una anzianità a quota 100 con 38 anni minimi di contribuzione e 62 di età. Nessuna penalizzazione per chi va in pensione prima

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Redazione

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Pubblicato: 1 Ottobre 2018 10:47

La nota di aggiornamento del Def ha aperto la strada alla riforma pensioni introducendo quota 100, lo strumento che consentirà dal prossimo anno a tutti i lavoratori di andare in pensione a 62 anni d’età, se hanno almeno 38 anni di contributi. Non ci sarà nessuna penalizzazione per chi esce prima dal lavoro e circola anche l’ipotesi di bloccare il prossimo adeguamento dei requisiti vigenti alla speranza di vita.

NESSUNA PENALIZZAZIONE – La vera novità di quota 100 è che questa riforma non dovrebbe avere costi per i pensionati. “Chi andrà in pensione con quota 100 non subirà alcuna penalizzazione”. A confermarlo al Corriere è Claudio Durigon, della Lega, che allontana dunque l’ipotesi di un taglio dell’1-1,5% di cui si era parlato in passato. Il costo ci sarà per lo stato: con quota 100 a 62 anni e 38 di contributi il governo sarà costretto a trovare tra gli 8 e gli 8,5 miliardi il primo anno e poi un miliardo in più dal prossimo anno. Una cifra non da poco, che però permetterebbe a circa 400mila lavoratori in più ad andare in pensione prima del previsto. Questo perché, spiega Durigon, l’obiettivo di quota 100 è “favorire il ricambio generazionale nei luoghi di lavoro”.

SOLO CON 38 ANNI DI CONTRIBUTI – Per poter accedere a questo tipo di trattamento previdenziale bisognerà aver maturato almeno 38 anni di contributi. In sostanza solo chi ha 62 anni e 38 di contributi potrà andare in pensione con la quota 100. Chi ha 63 anni e 37 di contributi dovrà aspettare un altro anno prima di ritirarsi dal lavoro.
Le quote saranno le seguenti:
62+38 (Quota 100);
63+38 (101);
64+38 (102) e via dicendo.
Prima della nota di aggiornamento al Def, circolava l’ipotesi di una quota 100 articolata su diverse combinazioni d’età e di contributi, fino a quella più generosa che avrebbe consentito l’uscita dal lavoro anche con 36 anni di servizio(e 64 d’età). Tutte combinazioni  (63+37; 64+36) che sono state scartate perché i costi sarebbero aumentati troppo.

BLOCCO DELL’ASPETTATIVA DI VITA – Se l’ipotesi dovesse passare, dal primo gennaio 2019 non scatterebbero più i 5 mesi di aumento già decisi e quindi resterebbero le soglie attuali:

  • 66 anni e 7 mesi d’età (con 20 anni di contributi) per la pensione di vecchiaia
  • 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) per la pensione anticipata.

I lavoratori che non raggiungessero quota 100 potrebbero comunque uscire 5 mesi prima dei 67 anni. Stesso discorso vale anche per chi accede alla pensione anticipata, tanto più che il governo non pare più intenzionato a ridurre a 41 il requisito contributivo, come promesso.