Il 2023 si è rivelato un anno impegnativo per il mercato immobiliare, e alcuni degli effetti si fanno ancora sentire oggi. Tuttavia, nonostante le sfide incontrate, emerge una situazione di stabilità che suggerisce una buona tenuta generale del settore, particolarmente evidente considerando il rapido recupero avvenuto subito dopo la pandemia. Il vero pericolo? L’incertezza derivante dall’andamento dei tassi di interesse e dalle conseguenze prolungate sull’economia e sul potere d’acquisto delle famiglie.
Questa analisi emerge dall’Osservatorio sul Mercato Immobiliare Italiano di Nomisma, che esamina attentamente la congiuntura attuale del settore con un focus specifico su 13 mercati intermedi. Questi mercati includono Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno, Taranto, Trieste e Verona.
Prezzi immobiliari, previsioni fino al 2026
Per quanto concerne l’andamento dei prezzi immobiliari, nel 2023 si è registrato un aumento nominale dell’1,5%, ma considerando l’inflazione si è verificata una variazione del -3,9%. Per i prossimi anni, 2024, 2025 e 2026, l’istituto di Bologna prevede una crescita lineare dell’1,4% in termini nominali per ciascun anno.
A confermare l’aumento dei prezzi c’è anche l’Istat, che nei giorni scorsi ha registrato un aumento dei prezzi che c’è stato nel 2023 e continuerà anche nel 2024: l’anno scorso c’è stato un +1,8% rispetto al 2022.
A frenare il mercato sono le restrizioni nel credito. Secondo Nomisma, un atteggiamento più accomodante da parte della Bce da solo non sarà sufficiente per determinare un’immediata ripresa delle transazioni. Sarà invece necessaria una fase di normalizzazione che favorisca il ripristino di condizioni più favorevoli per la domanda.
Il contesto macroeconomico: scende l’inflazione, ma i tassi sono ancora alti
Le previsioni per il 2024 indicano un Pil italiano in crescita dello +0,7%, un risultato principalmente trainato dagli Stati Uniti. Anche l’inflazione in Italia mostra miglioramenti, registrando un +0,8% rispetto agli alti numeri dei pasi europei.
Ma non tutto sta andando bene: come spiega Lucio Poma, capo economista di Nomisma, il calo dell’inflazione è principalmente attribuibile alle componenti “non core”: questa diminuzione non riesce effettivamente a riversarsi sull’economia reale, influenzando quindi la disponibilità di spesa dei consumatori. A ciò si aggiunge il persistere di alti tassi di interesse, i quali, anziché trasmettere sicurezza ai mercati, generano l’effetto contrario, indicando una sorta di incertezza da parte delle banche centrali riguardo all’evoluzione futura dello scenario economico e mantenendo di conseguenza un atteggiamento cauto.
Pertanto, l’effetto di questo si riflette sui consumatori, i quali, gravati dagli elevati tassi di interesse sui prestiti e dai prezzi al consumo ancora elevati, vedono diminuire il loro potere d’acquisto e incontrano difficoltà nel reperire il credito necessario per l’acquisto di una casa.
Previsto un calo di compravendite
Secondo Luca Dondi, AD di Nomisma, questo costituisce il principale fattore di debolezza del mercato immobiliare italiano. Il divario tra l’inflazione e gli stipendi supera il 7%, il che porta le banche a adottare un atteggiamento più selettivo nella concessione del credito. Questa tendenza porta a una diminuzione nella componente di acquisti di case con l’ausilio di mutui, poiché le famiglie scelgono di auto-selezionarsi nella richiesta di finanziamenti, evitando di fare domanda se ritengono che la loro situazione finanziaria non sia sostenibile. Di conseguenza, diminuiscono le intenzioni di acquisto delle famiglie e, in generale, le compravendite.
A causa di questa dinamica, si sta registrando un calo delle compravendite residenziali, che sono state di circa il 10% nel 2023 e si prevede che si attesteranno a 710mila nel 2023, scendendo a 695mila nel 2024, 689mila nel 2025 e 682mila nel 2026.
Crollo del mutuo in favore dell’affitto
Non sorprende dunque che nell’ultimo anno la domanda di acquisto si sia ridotta rispetto ai livelli del 2022, quando un’atmosfera di euforia alimentava l’entusiasmo degli aspiranti proprietari. “Ciò che è diminuito non è tanto l’interesse potenziale, che in Italia rimane strutturalmente abbondante, ma piuttosto la disponibilità del settore bancario a sostenere il percorso degli aspiranti mutuatari”, osserva Luca Dondi.
Le difficoltà di accesso al mercato della compravendita hanno spinto una parte della domanda verso l’affitto, il che ha portato a una crescita del 3% rispetto all’anno precedente. In altre parole, nel 2023, circa 48mila nuclei familiari hanno preferito l’affitto rispetto all’acquisto di una casa. Nomisma attribuisce il calo delle compravendite registrato nel 2023 esclusivamente alla diminuzione della domanda dipendente dal credito (-26%), mentre gli acquisti senza mutuo continuano a crescere (+4,8%).
La tendenza verso la locazione, causata dalla diminuzione degli acquisti con mutuo, sta spingendo il mercato verso gli affitti. Questo fenomeno, insieme alla crescente domanda di affitto da parte di gruppi come studenti e turisti, inclusi gli affitti brevi, sta creando una pressione sull’offerta e un aumento dei canoni grazie all’attrattività delle rendite derivanti dagli affitti non convenzionali. Negli ultimi tempi, si è registrato un aumento del 3,8% nei canoni di affitto nelle 13 principali città, con il picco registrato all’8,9% a Bologna e il minimo all’1,6% a Palermo.
Il mercato immobiliare nelle città intermedie
L’Osservatorio immobiliare si è concentrato sulle città intermedie, rilevando una variazione positiva, seppur modesta, nei valori delle abitazioni (+1,2% per quelle usate e +1,7% per quelle in ottime condizioni), risultato di dinamiche locali non uniformi. Ad esempio, mentre i mercati di Messina e Ancona hanno registrato una flessione nominale dei prezzi (-2,2% e -1% rispettivamente), quelli di Trieste e Novara hanno evidenziato una variazione positiva doppia rispetto alla media dei mercati (+3,2% e +3%).
Per quanto riguarda la locazione, i canoni continuano a crescere (+2,9% annuo), con una certa variabilità tra i mercati monitorati: da un calo a Messina (-1,3%), alla stabilità a Bergamo (+5,1%), fino al picco a Perugia (+5,2%).
Considerando i tempi medi di vendita nel settore residenziale, si osserva una certa stabilizzazione, con una durata media di 5,2 mesi per le abitazioni in ottimo stato e di 5,6 mesi per quelle in buono stato. Anche in questo caso, esiste una variabilità tra i mercati, con i tempi di vendita che vanno dai 3,5 mesi a Trieste ai 6 mesi ad Ancona.
Inoltre, dall’Osservatorio Immobiliare emerge che la domanda abitativa, sia per l’acquisto che per la locazione, si orienta sempre più verso le dotazioni interne come balconi o terrazze, doppi bagni, luminosità degli ambienti e la disponibilità di parcheggio o garage, oltre ai servizi di connettività. Successivamente, la ricerca privilegia le caratteristiche del contesto, come la presenza di spazi verdi e la vicinanza ai servizi e ai trasporti pubblici, e infine la tipologia dell’edificio, valutata in base alla sua condizione d’uso e alla performance energetica.