Affitto in nero, quando si ha diritto alla restituzione dei soldi

Quando è stato concluso un contratto di affitto in nero, l’inquilino dispone di alcune tutele e in alcuni casi può pretendere la restituzione di canoni non dovuti

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Manuela Margilio

Content Specialist in diritto, fisco e immobilare

Esperta di diritto, sul web collabora con diverse riviste occupandosi del settore immobiliare e fiscale.

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L’affitto in nero è una realtà ancora diffusa in Italia, soprattutto nei grandi centri urbani o nei casi in cui il locatore intenda evitare il pagamento delle imposte dovute. Ma cosa succede al conduttore, ossia all’inquilino, che si rende conto di aver pagato per anni un canone senza contratto registrato o di aver pagato in nero una parte dei canoni versati? È possibile riavere i soldi?

Analizziamo tutti gli aspetti giuridici e pratici legati al tema dell’affitto in nero e alle possibili tutele per chi ha pagato somme non dovute.

Cos’è l’affitto in nero e quali tasse si evadono

L’espressione affitto in nero indica una locazione di immobile ad uso abitativo o commerciale senza contratto registrato presso l’Agenzia delle Entrate, come invece previsto dalla legge.

Si incorre in una situazione di questo genere quando il contratto, pur essendo stato sottoscritto dalle parti, non viene registrato entro 30 giorni dal locatore.

L’affitto in nero costituisce evasione fiscale perché si traduce nella mancata corresponsione di due imposte:

  • imposta di registro;
  • imposta sui redditi (Irpef).

Dunque, l’affitto in nero è una pratica illegale con conseguenze negative per entrambe le parti.

Cosa rischia l’inquilino e perché è responsabile

L’obbligo di registrare il contratto spetta al locatore ma, in caso di mancato adempimento, vi è una responsabilità solidale anche dell’inquilino. A quest’ultimo, infatti, l’Agenzia delle Entrate può chiedere il versamento dell’imposta di registro ed eventuali sanzioni amministrative.

Altro aspetto da evidenziare è che l’affitto in nero è da considerarsi un contratto nullo nei confronti di entrambe le parti, salvo che l’inquilino riesca a dimostrare di non essere a conoscenza dell’omessa registrazione.

L’effetto sarà che sia il locatore sia l’inquilino si troveranno nella impossibilità di agire in giudizio in caso di mancato rispetto di qualche clausola contrattuale.

Il conduttore in particolare si espone a numerosi rischi:

  • sfratto improvviso;
  • mancata restituzione della cauzione;
  • aumento arbitrario del canone;
  • mancanza di documentazione per usufruire di agevolazioni fiscali;
  • cambio della residenza anagrafica.

Pagamento in nero di una parte: il diritto al rimborso

Può succedere che il contratto di affitto sia stato regolarmente registrato per un certo ammontare del canone ma che il proprietario pretenda il versamento di una somma aggiuntiva che non viene dichiarata. Questa parte di canone viene dunque versata in nero.

L’inquilino talvolta accetta questa situazione per non perdere l’alloggio o per timore che il proprietario effettui ritorsioni di qualsiasi genere.

È lecito in tal caso chiedersi se è possibile pretendere la restituzione dei soldi non dovuti una volta giunti al termine del contratto di locazione. La risposta è positiva in quanto il canone extra che non doveva essere corrisposto è affetto da nullità.

La base normativa che permette di agire nei confronti del proprietario, nonostante l’accordo fraudolento cui anche l’inquilino abbia partecipato, è data dalla Legge 431 del 1998.

In base all’articolo 13 della suddetta norma viene sancita la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto che è stato registrato. Stesse conseguenze sono contenute nella Legge sulle locazioni aventi carattere commerciale.

Inoltre, in base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che sul punto si è pronunciata a Sezioni Unite, la nullità colpisce unicamente il canone extra versato in nero mentre il resto del contratto resta valido.

Quali sono i diritti dell’inquilino

L’inquilino per poter ottenere la restituzione della parte di canone non dovuta al padrone di casa può esercitare un’azione prevista dall’articolo 2033 del Codice Civile per ripetizione di indebito.

Si potrà così, dinnanzi al Tribunale e con l’assistenza di un avvocato, richiedere la restituzione della parte di affitto che non doveva essere corrisposta in quanto privo di giusta causa.

Ad esempio:

Se si dimostra che il canone realmente dovuto sarebbe stato di 500 euro al mese, ma si sono versati 900 euro per 3 anni, si ha diritto a chiedere la restituzione di 400 euro al mese per 36 mesi.

Quanto tempo si ha per chiedere la restituzione?

Come previsto dalla Legge sulle locazioni il conduttore può agire ai fini della restituzione dei canoni maggiorati entro il termine di 6 mesi dalla riconsegna dell’immobile, termine previsto a pena di decadenza. Agendo entro questo lasso di tempo l’inquilino potrà ottenere la restituzione di tutti i canoni versati indebitamente nel corso degli anni.

Qualora egli agisse invece dopo i 6 mesi, varrà il termine di prescrizione ordinario di 10 anni per cui l’inquilino potrà chiedere soltanto il rimborso di quanto versato negli ultimi 10 anni a partire dalla data della richiesta o dell’azione legale.

In sostanza, tutti i pagamenti avvenuti nel decennio prima della richiesta cadranno in prescrizione e saranno persi.

Denuncia all’Agenzia delle Entrate

Nel caso in cui il contratto di affitto sia in nero perché non è stato registrato, è possibile effettuare la denuncia all’Agenzia delle Entrate. La legge protegge l’inquilino che denuncia l’affitto in nero. In particolare:

  • non può essere sfrattato solo per aver fatto la denuncia;
  • il contratto si considera instaurato per legge (con durata 4 anni + 4) a canone concordato.

L’art. 3, comma 8, del D.Lgs. n. 23/2011 prevede che, in caso di denuncia, il contratto si considera stipulato ex lege a condizioni vantaggiose per l’inquilino.

Quali prove servono all’inquilino per tutelarsi

Per avere buone possibilità di successo in sede giudiziale, è importante raccogliere prove concrete del rapporto locativo e dei pagamenti effettuati che solitamente avvengono in contanti e senza il rilascio di ricevute.

Le prove più comuni sono:

  • ricevute di pagamento firmate dal locatore se sono state rilasciate;
  • bonifici bancari con causale che indichi il canone di locazione;
  • testimonianze di vicini o conoscenti;
  • messaggi, email o chat in cui si fa riferimento al doppio pagamento dell’affitto;
  • registrazioni audio o video;
  • contratti di utenza intestati all’inquilino.

Anche la prova della residenza anagrafica presso l’immobile può essere utile per la prova del contratto di affitto stesso.