Gianluca Buzzetti racconta EYELET MILANO

Quando una pochette crea tendenza e uno stile elegante e contemporaneo.

Foto di Paolo Gelmi

Paolo Gelmi

Esperto di moda e lifestyle maschile

Esperto di moda e lifestyle, è stato direttore di svariate riviste cartacee nel settore luxury.

Pubblicato: 8 Novembre 2023 15:09

L’ingresso nel settore della moda può avvenire in modi completamente diversi, uno di questi sta nell’incanalare tutta la creativa nella reinterpretazione di accessori dal sapore classico e di utilizzo quotidiano. Attraverso questa visione nasce EYELET Milano, brand che crea una collezione unica di pochette da giacca interamente Made in Italy, che si sviluppa attraverso una filiera produttiva di fornitori accuratamente selezionati ,che consentono la creazione di un prodotto artigianale di livello qualitativo altissimo e del tutto Made In italy.

New Classic e Luxury, le linee in cui viene declinata la collezione, rappresentano due mondi in apparenza diversi ma con un valore univoco: “l’autenticità” di vivere la quotidianità, permettendo all’uomo contemporaneo di indossare accessori dallo stile tradizionale, attualizzati secondo i canoni della moderna eleganza e arricchiti da dettagli preziosi di insolita originalità. Citiamo l’asola e bottone, solitamente protagonisti del polsino della camicia che diventano un elemento imprevisto di un fazzoletto da taschino del tutto elegante ed originale. Il brand ,fondato da Gian Luca Buzzetti e Stefano Collarile, in poco tempo si fa riconoscere proprio per le sue pochette da giacca; nel tempo il brand cresce, cambiando pelle e immagine restando comunque fedele al suo spirito visionario tanto acclamato dai suoi fondatori. EYELET MILANO ha lanciato un nuovo progetto “Fashion by Emerging Designers” puntando da subito e per il prossimo futuro sui new talent, a cui è stato affidato il rebranding completo del marchio che passa attraverso il lancio di capsule collection affidate a upcoming designer ,che provengono in questa prima fase dall’Istituto Europeo di Design (IED).

Per l’occasione QF Lifestyle incontra uno dei due fondatori, Gian Luca Buzzetti, per farsi raccontare qualcosa in più del brand e del progetto di rebranding dedicato ai giovani.

EYELET MILANO

Gian Luca, come è nata l’idea di creare delle pochette e qual è il vostro progetto creativo?
L’idea nasce dall’incontro di due persone e dalla creazione nel 2014 di Eyelet Milano, azienda con al centro la passione per l’innovazione, la sperimentazione, la cura del dettaglio e l’amore per il Made in Italy. In quell’anno abbiamo prodotto e brevettato una serie esclusiva di pochette da taschino, la cui peculiarità è racchiusa nell’utilizzo innovativo dell’asola e del bottone come elemento originale e di rottura. Fin dall’inizio siamo stati spinti da uno spirito rivoluzionario. Quest’ultimo, recentemente, ci ha portato a volere intraprendere una nuova sfida che, ad oggi, sentiamo maggiormente nostra. La nostra nuova mission è dare spazio ai giovani talenti: a cadenze regolari selezioniamo nuovi designer emergenti dando loro l’opportunità di progettare delle capsule collection basate sulla reinterpretazione di Eyelet in chiave personale. La collezione viene quindi da noi prodotta attraverso una catena del valore e una filiera corta, oltre che sostenibile, per poi essere commercializzata in co-branding con il designer.

Qual è il vostro target di riferimento?
Inizialmente il nostro target di riferimento era prevalentemente maschile, un uomo adulto in grado di apprezzare il valore aggiunto di un pezzo sartoriale. L’evoluzione del brand, che presenta ora delle collezioni che si distinguono per un mix di creatività ed eleganza, ci ha naturalmente orientato verso un target più ampio. Eyelet Milano si rivolge ad un pubblico più giovane, genderless, eterogeneo e appassionato di brand di nicchia e emergenti, caratterizzati da un contenuto fortemente fashion oriented.

Quali sono i tessuti più utilizzati e perché?
Non abbiamo un tessuto “predominante” ma per la realizzazione di queste prime capsule collection abbiamo volutamente usato tessuti naturali. Inoltre, seguiamo un modello di produzione sostenibile e la nostra principale, sebbene non esclusiva, fonte di materiali tessili è costituita da “deadstock”. Questo approccio è in linea con la filosofia “zero waste” e promuove una catena di approvvigionamento corta, che facilità la tracciabilità e il controllo.

Qual è il tuo ruolo all’interno del Brand?
Il mio ruolo è di proposizione e di coordinamento. Partendo dall’aspetto economico-finanziario mi occupo di gestire e supportare l’operato dei miei collaboratori in un ambito valoriale ben definito. Coerentemente con la volontà del brand di valorizzare la creatività dei new talent, attraverso uno scouting attento, ho volutamente costruito un team giovane, manager appassionati del settore incaricati di far crescere questo progetto con l’obiettivo finale di generare valore.

Il progetto Fashion by Emerging Designers dedicato ai giovani a cosa si ispira e qual è il suo fine?
Il settore moda, seppur molto affascinante, presenta dal punto di vista degli investimenti iniziali elevate barriere all’ingresso. È fondamentale evitare che i sogni dei giovani vengano disillusi, ed è per questo motivo che Eyelet Milano ha cambiato pelle, pur restando fedele ai suoi valori fondativi, trasformandosi in una sorta di incubatore di creatività. Abbiamo avviato un bando e un progetto formativo che coinvolge i giovani designer vincitori della selezione in ogni fase del processo, dalla progettazione del prodotto alla comunicazione. In questo modo, per loro diventa anche più facile capire quale parte del percorso si adatta maggiormente alle proprie competenze/skill, agevolando così la ricerca consapevole di un futuro impiego, sperando anche di contribuire in questo modo a garantire il ricambio generazionale e il futuro del settore.

In futuro prevedete collaborazioni con altre scuole oltre allo IED?
Certamente. Siamo molto contenti della partnership in essere con l’Istituto Europeo di Design (IED) in quanto abbiamo avuto modo di lavorare con talenti che si sono distinti per carisma artistico e preparazione, ma qualsiasi giovane designer è il benvenuto nella nostra community di creativi emergenti.

 Le vostre capsule collection spaziano ben oltre le pochette, ne vogliamo parlare?
Per concretizzare la nostra visione di promuovere i giovani talenti nel settore della moda, abbiamo deciso di dedicare più spazio alla loro creatività, ampliando le categorie merceologiche e non occupandoci più solo di accessori ma di abbigliamento a 360°. Questa nuova interpretazione del nostro marchio ci fa sentire più pronti a entrare in questo mercato non sicuramente semplice, combinando la freschezza delle idee dei giovani designer con il nostro heritage e con la nostra esperienza.

Per questa prima edizione hanno vinto 2 ragazze, ci volete spiegare il perché avete scelto loro e con quale capo d’abbigliamento hanno partecipato?
Abbiamo selezionato le nostre due prime designer per la loro abilità nel cogliere gli elementi distintivi del nostro brand e per la loro capacità di reinterpretarli in modo personale, pur incanalandoli in due progetti creativi molto diversi. Abbiamo scelto di collaborare con Laura Finizio (Last Call) e Lena Frejabue (Ethereal) perché abbiamo subito notato come queste due giovani creative potessero creare anche sinergie importanti tra di loro. Laura Finizio si distingue per la sua creatività esuberante, mentre Lena Frejabue è dotata di notevoli competenze e conoscenze sartoriali. Insieme, abbiamo dato vita alla prima edizione di questo progetto, che siamo certi ci riserverà molte soddisfazioni.

I giovani di oggi sono più avvantaggiati nel diventare dei creativi rispetto a quelli del passato?
Non c’è una risposta univoca a questa domanda. Senza dubbio, i giovani di oggi hanno accesso a una gamma più ampia di risorse e strumenti che possono aiutarli ad esprimere al meglio la loro creatività. Penso per esempio ai software e alle piattaforme on-line/social che consentono loro di condividere con più immediatezza le proprie creazioni con un pubblico più vasto e di avere un riscontro immediato. Tuttavia, credo che il loro successo e il futuro del sistema dipenderà comunque dalla dedizione, dal talento e, soprattutto, dalla capacità dei giovani di sfruttare le opportunità che si presentano, oltre che dalla loro personale preparazione che deve essere trasversale. Oggi per emergere con un progetto moda è fondamentale non solo saper intercettare i trend del momento e avere capacità progettuali, ma anche saper costruire e gestire un business plan così come conoscere i processi di produzione, commercializzazione e comunicazione di una collezione. Per questo crediamo che programmi di mentoring come il nostro siano davvero delle occasioni da cogliere al volo.

Per voi l’aspetto della sostenibilità è una priorità: ci volete raccontare cosa significa e come l’applicate?
Il nostro approccio alla sostenibilità è olistico. Per questo motivo, ci impegniamo a selezionare attentamente i nostri fornitori, che devono rispettare rigidi criteri di sostenibilità. Preferiamo collaborare con fornitori certificati che adottano processi produttivi pienamente in linea con la nostra filosofia e che utilizzano principalmente materiali naturali per tessuti e accessori. Questa scelta si riflette nella nostra produzione, che include tessuti naturali, riciclati, certificati e scarti post consumer, che altrimenti sarebbero destinati allo smaltimento. Questo ci consente di ridurre al minimo gli sprechi e di creare capi unici, evitando la sovrapproduzione, un problema comune nel settore. Il nostro approccio alla sostenibilità si estende anche oltre la fase di acquisto, poiché il nostro packaging è stato concepito per avere una seconda vita, trasformandosi in una scatola gioiello porta oggetti o in un elemento di design per la casa. Anche la sostenibilità sociale per noi è particolarmente importante. La produzione avviene interamente in Italia avvalendosi di piccoli artigiani e fornitori locali, impegnati socialmente, come ad esempio la Sartoria Sociale Gelso, che fa moda etica creando nuove opportunità di lavoro anche all’interno del carcere di Torino.