Doom spending, la corsa allo shopping che riflette le paure di una generazione sotto pressione

Il doom spending descrive la tendenza dei giovani a spendere per gratificazioni immediate, riflettendo l’incertezza economica e l’impossibilità di risparmiare

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 6 Ottobre 2024 16:37

Oggi sembra che le preoccupazioni economiche sembrano non avere mai fine, ed è curioso osservare come, invece di tagliare le spese, sempre più persone (Millennials e GenZ al timone) si lascino andare a uno shopping compulsivo. Si chiama doom spending, e descrive quella tendenza a spendere per cercare gratificazioni immediate, senza pensare troppo al domani. È una fuga dallo stress che molti preferiscono a piani più lungimiranti come risparmiare per la pensione o per gli imprevisti. I più giovani, in particolare, puntano su beni di lusso, viaggi e moda firmata, un fenomeno amplificato dai social.

Questo comportamento non nasce solo da un impulso consumistico, ma riflette una visione del futuro sempre più incerta. Con obiettivi come l’acquisto di una casa sempre più lontani, molte persone scelgono di vivere l’adesso, rinunciando a garantire una stabilità per il domani. Se il consumismo è sempre stato un modo per ottenere una soddisfazione immediata, il doom spending ne è l’esasperazione: una corsa a spendere che rischia di lasciare dietro solo debiti e un futuro senza certezze.

Cosa si intende per doom spending?

Bloomberg lo descrive letteralmente come un film horror. In un clima di incertezza economica e sociale, i giovani in particolare tendono a spendere denaro per ottenere gratificazioni istantanee, piuttosto che accantonarlo per il futuro, come reazione allo stress finanziario. Secondo un recente studio di Credit Karma, il 43% dei millennials e il 35% della Gen Z hanno ammesso di adottare questa pratica per sentirsi meglio.

Iona Bain, fondatrice di Young(ish) Money, ha spiegato a Vogue: “Fare shopping è sempre stato un modo semplice e a basso sforzo per auto-consolarsi, e la nostra economia di consumo si basa sull’idea che nuovi acquisti possano sollevare il nostro spirito e risolvere i nostri problemi”.

E non stupisce che proprio le generazioni più giovani siano al centro di questo fenomeno. Un terzo dei Gen Z e il 34% dei millennials ha aumentato le proprie spese negli ultimi sei mesi, aggravando il problema del debito. Una delle principali cause è l’aumento incontrollato degli affitti: negli Stati Uniti, per esempio, solo nell’ultimo decennio, i canoni sono cresciuti del 40,7% più dell’inflazione, e i giovani, che spesso vivono in affitto, ne risentono maggiormente.

L’Italia non è da meno: nell’ultimo anno gli affitti hanno subito un aumento del canone dell’8,5% su base nazionale, con punte che superano il 10% in alcune regioni del Centro e Sud Italia.

Nonostante sia evidente che molti giovani faticano a risparmiare, non è del tutto corretto concludere che stiano facendo scelte finanziarie sbagliate. Il calo dei tassi di risparmio potrebbe non essere solo una conseguenza, ma anche una delle ragioni alla base del doom spending, creando un circolo vizioso che spinge sempre più verso le spese impulsive.

Il ruolo dei social media e l’influenza degli acquisti impulsivi

I social media hanno acceso i riflettori sul doom spending, trasformando TikTok in particolare in una vetrina dove milioni di persone condividono esperienze di acquisti impulsivi. Tra questi, un video virale di Maria Melchor, alias @firstgenliving, ha superato i 2 milioni di visualizzazioni. Nel video, Maria racconta come molti giovani preferiscano usare i risparmi, un tempo destinati a traguardi come l’acquisto di una casa, per spese immediate che danno solo l’illusione di una vita appagante. “Non possiamo permetterci altro,” spiega, sintetizzando la frustrazione di una generazione che vede sfumare i suoi obiettivi più grandi.

E poi c’è il fenomeno “#TikTokMadeMeBuyIt”: con oltre 9 milioni di video postati, dimostra quanto l’esposizione continua a nuovi prodotti possa spingere i giovani a comprare cose di cui, probabilmente, non hanno bisogno. Un acquisto tira l’altro, e i social sono i migliori complici. Un’indagine di Salesforce ha rivelato che il 64% dei Gen Z usa i social media per fare shopping, e ben il 41% si lascia influenzare dagli influencer.

Ma dietro questa spinta all’acquisto c’è una realtà più oscura. Ylva Baeckström, docente di finanza al King’s Business School, ha definito questo comportamento “malsano e fatalista” in un’intervista a Cnbs. La continua esposizione a notizie negative sui social, dice, fa percepire ai giovani che il loro futuro sia già segnato. Questo senso di impotenza li spinge a spendere per sentirsi meglio, ma mina la loro sicurezza economica a lungo termine.

Nel frattempo, termini come “coffee badging” e “quiet quitting” hanno preso piede, accusando i lavoratori di pigrizia. Ma spesso questi concetti nascondono un problema più profondo: instabilità e mancanza di equità nel lavoro. Alcuni studi mostrano che buona parte dell’inflazione tra il 2020 e il 2023 negli Stati Uniti è legata ai profitti aziendali, suggerendo una possibile speculazione. E, proprio come il doom spending, questa attenzione ai comportamenti individuali rischia di farci perdere di vista le vere cause del malessere economico: l’aumento dei prezzi e il potere d’acquisto che scende sempre più.

Una generazione più povera dei genitori

I dati parlano di una generazione in bilico. Un sondaggio internazionale di Cnbc ha rivelato che solo il 36,5% degli adulti si sente finanziariamente più stabile dei propri genitori, mentre il 42,8% si considera in una situazione peggiore.

Questa sarebbe la prima volta, dopo tanto tempo, che i giovani si trovano a vivere con l’idea di non poter raggiungere gli standard economici dei propri genitori. Questo porta molti a cercare un sollievo immediato attraverso acquisti che offrono una parvenza di controllo, pur mettendo a rischio la loro stabilità futura. L’illusione è quella di avere controllo, ma in realtà ciò riduce il controllo sul proprio futuro.

Il fenomeno del doomspending è davvero così pericoloso?

La verità, come spesso succede, potrebbe stare nel mezzo. Spendere per esperienze che regalano felicità immediata ha il suo perché, anche se non contribuisce a far crescere un fondo pensionistico. Oggi molti preferiscono godersi la vita ora, piuttosto che risparmiare per un futuro che appare sempre più incerto. Ma c’è un rischio: questa abitudine può trasformarsi in una bomba a orologeria per le finanze personali.

Con l’inflazione che continua a mordere, i tassi di interesse alle stelle e un mercato del lavoro sempre più complicato, per molti non si tratta di spese frivole, ma di cercare di mantenere il proprio stile di vita. Le bollette non aspettano e nemmeno la vita quotidiana.