Orario di lavoro ridotto e parità di salario, il governo affossa la proposta

Il governo Meloni non ha alcuna intenzione di discutere della proposta delle opposizioni: sale il grido di M5S e PD

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Pubblicato: 17 Ottobre 2024 11:30

Il mondo del lavoro necessita una trasformazione radicale, che comprenda differenti aspetti. Si parla tanto di tutela dei dipendenti, in termini ad esempio di controllo sui contratti e il nero. Al tempo stesso, però, occorre affrontare il tema delicato della rimodulazione di determinati standard. Si pensi alle ore di impiego, che divorano la vita privata, e la possibilità del lavoro da remoto, per il bene dell’ambiente, delle tasche degli imprenditori e di quelle dei dipendenti.

Remare contro è però tremendamente allettante, soprattutto se a suggerire qualcosa è l’opposizione. Un tema ricorrente che riguarda tanto la destra, oggi al potere, quanto la sinistra. In questa mancanza di dialogo, a pagare sono i cittadini. Nello specifico sta per sfumare l’ipotesi di un ben studiata riduzione dell’orario di lavoro, a parità salariale.

La proposta delle opposizioni

Ridurre l’orario di lavoro e tutelare la retribuzione, è possibile? Ha destato un certo interesse la proposta dell’opposizione. Un testo unificato con firma di Pd, M5S e Avs. L’idea è quella di mirare a favorire la sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro. Nel mirino una riduzione progressiva dell’orario di impiego, fino a 32 ore settimanali, senza intaccare quello che è attualmente il salario previsto. Il tutto affiancato da investimenti mirati nel mondo dell’innovazione tecnologica, ambientale e della formazione.

Secondo tale visione, si andrebbe ad affidare l’iniziativa ai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali tra imprese, le loro rappresentanze e le organizzazioni sindacali. Una visione differente, anche con turni distribuiti su quattro giorni settimanali. Ciò al netto di una totale assenza di clausole compensative della riduzione dell’orario, tramite ampliamento dell’orario straordinario.

Una netta trasformazione dello stato attuale dei lavoratori, che prevede 40 ore come orario normale di lavoro. Al netto di un cambiamento tanto radicale, però, sarebbero previsti anche degli incentivi per i datori di lavoro privati. Con esclusione del settore agricolo e domestico, si evidenzia un esonero dal versamento dei contributi previdenziali, in caso di tali contratti sottoscritti, fino al 30% per i 36 mesi successivi all’ipotetica entrata in vigore della legge (eccezion fatta per premi e contributi spettanti all’Inail). Per le piccole e medie imprese, invece, l’esonero sarebbe del 50%, salendo al 60% nel caso di lavori usuranti e gravosi.

Proposta affossata dalla maggioranza

La linea proposta dalle opposizioni non si sposa minimamente con la visione del governo di Giorgia Meloni del mondo del lavoro. La maggioranza mira infatti in maniera decisa ad affossare in commissione Lavoro alla Camera questa proposta unitaria. Spazio a degli emendamenti soppressivi in vista dell’arrivo in Aula del testo unificato tra il 21 e il 28 ottobre 2024.

Si intravede in tutto ciò uno schema ben chiaro. Una condizione verificatasi anche in occasione della proposta delle opposizioni in merito al salario minimo legale: “Abbiamo presentato la proposta per la riduzione dell’orario di lavoro, – ha spiegato Giuseppe Conte, leader M5S – e purtroppo è già presente un emendamento della maggioranza soppressivo”. Si è fatta sentire anche la voce di Arturo Scotto del PD, che attacca il governo: “Non intendono discutere di merito. Preferiscono semplicemente cancellare le nostre proposte”.