Machine Learning, Intelligenza Artificiale Generativa, modelli predittivi: il mondo dell’Intelligenza artificiale rivoluzionerà radicalmente il lavoro, e in parte lo sta già facendo, ma non possiamo continuare a stressare il concetto che la macchina sostituirà la dimensione umana. Serve cautela e attenzione, ma molto probabilmente l’IA diventerà uno strumento di uso quotidiano, che ci agevolerà ma che necessiterà del nostro apporto.
Non a caso, il manifesto che uscirà il prossimo 22 novembre dalla convention inaugurale della Fondazione Guido Carli sarà proprio un “Manifesto dell’algoretica d’impresa“, un algoritmo etico per un’economia responsabile, capace di cogliere l’opportunità della rivoluzione tecnologica per generare valore a beneficio dell’intera comunità e di tutto il Paese. “Una mappa di principi guida perché lo sviluppo e l’utilizzo dell’IA nelle aziende migliori, e non divori, il lavoro e il benessere di donne e uomini” spiega Romana Liuzzo, presidente della Fondazione Guido Carli.
Un nuovo studio pubblicato dal MIT Technology Review Insights, in collaborazione con Snowflake, l’AI Data Cloud company, intitolato “Data Strategies for AI Leaders”, ha rilevato che le aziende hanno grandi ambizioni in materia di AI generativa, con il 72% che intende aumentare l’efficienza o la produttività, il 55% che scommette su una maggiore competitività del mercato e il 47% che mira a una maggiore innovazione di prodotti e servizi. Però, la strategia dei database deve essere ancora parecchio migliorata per massimizzare il potenziale dell’IA.
Come afferma Arnab Chakraborty, responsabile dell’Intelligenza artificiale in Accenture, “il 2023 è stato l’anno in cui i clienti sono rimasti stupiti dall’IA generativa e dalle sue possibilità. Nel 2024, stiamo iniziando a vedere implementazioni su larga scala di programmi di Intelligenza artificiale generativa responsabile”.
L’aspettativa che l’Intelligenza artificiale generativa possa rivoluzionare radicalmente i modelli di business e le offerte di prodotti è guidata dal potere della tecnologia di sbloccare grandi quantità di dati precedentemente inaccessibili. “Tra l’80 e il 90% dei dati mondiali non sono strutturati”, afferma Baris Gultekin di AI Snowflake. “Ma la cosa interessante è che l’IA sta aprendo la porta alle organizzazioni per ottenere da questi dati informazioni che prima semplicemente non potevano avere”.
“Dati significativi dimostrano che l’Intelligenza artificiale è già una realtà consolidata”, spiega a QuiFinanza Gianluca Caffaratti, CEO di Happily, società benefit fondata nel 2017 a Genova con l’obiettivo di sviluppare piani di welfare aziendale e progetti di benessere organizzativo innovativi, affermandosi in tutta Italia grazie a progetti di empowerment aziendale.
Caffaratti, l’Intelligenza artificiale, così come altre soluzioni tecnologiche, rappresenta una parte sempre più determinante nei processi di lavoro. Molti professionisti delle risorse umane però rischiano di fraintendere il ruolo dell’IA nel contesto lavorativo e le opportunità che offre per essere integrata nelle pratiche aziendali. In che modo l’IA sta davvero trasformando il mondo del lavoro?
In Italia il 17% dei lavoratori utilizza attualmente l’IA sul posto di lavoro. Ancora più sorprendente è che il 49% di questi lo fa senza alcuna approvazione da parte del datore di lavoro. Inoltre, oltre la metà dei lavoratori italiani (il 54%) ha presentato il lavoro svolto dall’IA come proprio, ma solo una minoranza rilevante (il 23%) ha ricevuto una formazione adeguata sull’uso sicuro ed etico dell’Intelligenza artificiale.
Quindi dati che evidenziano chiaramente che l’AI è parte integrante del contesto lavorativo…
Assolutamente. E sottolineano l’urgente necessità di fornire una formazione adeguata per garantirne un utilizzo responsabile ed efficace. L’introduzione dell’Intelligenza artificiale anche nelle piccole e medie imprese offre enormi opportunità di trasformazione, perché può migliorare l’efficienza operativa e l’interazione con i clienti. Tuttavia, per molte Pmi questo percorso può sembrare complesso e intimidatorio.
Perché le piccole e medie imprese rischiano di scoraggiarsi?
Le Pmi spesso si sentono intimidite dai cambiamenti, dai rischi e dai potenziali costi legati all’introduzione dell’IA.
Quali strategie potrebbero adottare per affrontare questa sfida in maniera positiva?
Per superare queste preoccupazioni, una strategia efficace è collaborare con partner tecnologici o startup innovative. Questi partner offrono competenze tecniche e soluzioni su misura, rendendo l’integrazione dell’Intelligenza artificiale più agevole ed economica rispetto allo sviluppo interno. È utile considerare questi partner come risorse essenziali, simili a un commercialista per la gestione finanziaria. Poi, avviare piccoli progetti pilota può essere un modo sicuro per acquisire esperienza e mitigare i rischi. Questi progetti, proposti e guidati dai dipendenti attraverso contest interni, possono servire come casi studio, dimostrando il valore di questa tecnologia e fornendo insight utili per future implementazioni su larga scala.
Che ruolo gioca la formazione in azienda dedicata specificatamente all’IA?
Essenziale. Dobbiamo spingere manager e imprenditori a introdurre in azienda un uso consapevole dell’Intelligenza artificiale. Perché i vantaggi sono tantissimi.
Quali sono i più importanti?
Potremmo riassumere i vantaggi in 5 concetti fondamentali. Innanzitutto, l’aumento dell’efficienza operativa. Studi come quello dell’Università di Wharton dimostrano che l’IA può aumentare il numero di task completati del 12%, ridurre i tempi del 25% e migliorare la qualità del 40%. Automatizzando compiti ripetitivi, la “macchina” libera tempo per attività strategiche, aumentando il coinvolgimento e la produttività dei lavoratori. Di conseguenza, favorisce lo sviluppo dell’imprenditorialità, perché permette ai singoli di lavorare come manager di team di collaboratori virtuali, sviluppando competenze di gestione e una mentalità imprenditoriale, utile per adattarsi a diversi contesti lavorativi. Non da ultimo, migliora le capacità decisionali, perché aiuta ad analizzare grandi quantità di dati, identificare tendenze e prendere decisioni più informate.
Diventa anche una sorta di “boost” alla creatività…
Sì certo, supporta sia la creatività che l’innovazione, permettendo di sviluppare soluzioni innovative nei progetti aziendali. Inoltre – 4° concetto – aumenta l’efficacia della formazione, perché investire nella comprensione dell’IA attraverso corsi e workshop rende questa tecnologia più accessibile e migliora l’esperienza formativa dei dipendenti. Strumenti di formazione personalizzati basati sull’IA promuovono un apprendimento continuo e aumentano motivazione e produttività.
Ultimo punto?
Per me davvero essenziale… l’IA in azienda promuove l’inclusività, rendendo la conoscenza più accessibile e democratica e offrendo a tutti la possibilità di sviluppare competenze avanzate. A livello aziendale, riduce i pregiudizi nei processi decisionali, favorendo una cultura inclusiva e basata sul merito.
Il che significa anche che potrebbe apportare notevoli cambiamenti anche per quanto riguarda ruoli e posizioni?
L’introduzione dell’Intelligenza artificiale in azienda offre sicuramente un’opportunità straordinaria per rivoluzionare il modo in cui lavoriamo, ridefinendo i ruoli e le responsabilità. Per adottare con successo questa strategia, è essenziale rivedere e ripensare attentamente le mansioni lavorative esistenti in azienda, in modo da cogliere pienamente i benefici di efficienza e produttività offerti dalla tecnologia. Automatizzando alcuni processi lavorativi, un’azienda può trasformarsi in un’organizzazione orientata ai dati, migliorando l’efficienza e l’esperienza dei propri collaboratori. È compito del datore guidare questo processo di trasformazione della forza lavoro, apportando un valore tangibile all’azienda e stimolando l’innovazione nella modalità di svolgimento delle attività lavorative.