Il virus sta cambiando, di nuovo, e in una forma che potrebbe anticipare la data di fine pandemia. Questa, almeno, è l’analisi emersa dallo studio dell’ultima sottovariante rilevata dagli scienziati. Le mutazioni continuano infatti a svilupparsi ma, di fatto, in un modo ben più che diverso rispetto al passato.
Cosa sappiamo della sottovariante BA.2: la nuova mutazione del virus dopo Omicron
Gli scienziati la chiamano sottovariante Omicron BA.2, ed è l’ultima mutazione Covid rilevata. Dai dati emersi da uno studio del National Institute For Communicable Diseases (NICD) africano, però, non sembra essere più aggressiva o pericolosa delle precedenti o del ceppo originale.
L’analisi condotta ha esaminato i dati di 95.470 casi registrati in Africa sia dagli istituti ospedalieri che dal governo, tutti positivi alla sottovariante. La buona notizia è che, di questi, solo il 3,6% è stato ricoverato in ospedale. Inoltre, poco più del 30% dei pazienti ospedalizzati con BA.2 si è ammalato gravemente, contro il 33,5% di quelli positivi invece alla variante Omicron, che hanno sviluppato una malattia grave. I numeri, quindi, sembrerebbero essere in discesa.
Nonostante i timori iniziali, emersi quando è stata scoperta questa nuova sottovariante (tutti legati al fatto che non si sapesse ancora quanto potesse essere aggressiva o contagiosa rispetto a Omicron), lo studio africano conferma che BA.2 è ancora più lieve rispetto ai ceppi precedenti, inclusa la variante Delta. “Questi dati sono rassicuranti”, hanno detto i ricercatori “vuol dire che il profilo clinico della malattia rimane simile”, e non muta diventando più aggressivo o – peggio- resistente ai vaccini.
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Gli scienziati, inoltre, hanno ricordato che più del 70% delle persone in Africa ha oggi sviluppato anticorpi prodotti in risposta a un’infezione naturale, stando ai dati diffusi a metà febbraio dal SA National Blood Service. Secondo i report del governo, inoltre, appena il 28% della popolazione è stata completamente vaccinata in Africa (di cui 41,8% adulti). In altre parti del mondo, con immunità maggiori garantite dalla vaccinazione, la risposta dei pazienti potrebbe essere diversa – forse addirittura migliore.
Siamo davvero vicini alla fine della pandemia?
La riduzione della gravità del virus, già osservata nell’ondata di contagi di fine anno (tanti, veloci ma non sempre gravi), potrebbe essere conseguenza di due fattori: in primo luogo, una virulenza naturalmente ridotta nel virus stesso e, in secondo luogo, la protezione garantita da una precedente infezione o vaccinazione (oppure entrambe).
È troppo presto, adesso, per indicare con precisione una data corrispondente alla fine della pandemia nel mondo. In Italia, per esempio, sappiamo quando – teoricamente – dovrebbe finire lo stato di emergenza (qui la data indicata dal Governo), tuttavia non è detto che qualcosa non cambi nelle prossime settimane. Per questo motivo, oggi più che mai, diventa importante il monitoraggio e l’osservazione dei nuovi casi Covid.
Sappiamo, al momento, che il virus sembra essere diventato meno pericoloso, anche nelle forme in cui muta. Tuttavia, il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che la fase acuta della pandemia potrebbe finire quest’anno se circa il 70 per cento del mondo risultasse vaccinato. Ancora una volta, quindi, tutto dipende dalla campagna vaccinale.
“La nostra aspettativa è che la fase acuta di questa pandemia finirà quest’anno, ovviamente con una condizione, la vaccinazione del 70 percento entro giugno/luglio”, ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus durante una visita ad Afrigen Biologics and Vaccines, che ha prodotto il primo vaccino COVID mRNA realizzato in Africa (qui maggiori dettagli) utilizzando la sequenza di Moderna.
I commenti di Tedros sono arrivati il giorno dopo che Matshidiso Moeti, direttore africano dell’OMS, ha affermato che il continente sta uscendo dalla fase pandemica passando a quella epidemiaca. Ottimista, ha affermato che l’Africa si sta muovendo verso una situazione in cui sarà in grado di gestire il virus a lungo termine.
“La pandemia sta entrando in una fase diversa. Pensiamo che ci stiamo muovendo ora, soprattutto con la vaccinazione che dovrebbe aumentare, verso quella che potrebbe diventare una sorta di convivenza endemica con il virus”, ha detto Moeti in conferenza.