L’assegno unico: misura democratica o scelta di uno stato “pilato”

I vantaggi, le novità e i perché dell’Assegno Unico e Universale

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Con l’approvazione del decreto legislativo 21 dicembre del 2021 n. 230, il Governo ha dato attuazione alla Legge delega 46 del 2021 conferita dallo stesso introducendo lAUU (Assegno Unico e Universale) nel nostro ordinamento.

Cos’è l’Assegno Unico e Universale

Lo strumento appena citato si pone in sostituzione di una molteplicità di sussidi sui quali era imperniato il sistema previgente. Nello specifico due principali costituiti dalle detrazioni fiscali per figli a carico e, solo nel caso dei lavoratori dipendenti, dagli ANF, Assegni per il Nucleo Familiare. A queste due forme di sostegno prevalenti si aggiungevano poi una serie di trattamenti minori destinati a platee più ristrette (ad esempio, l’assegno dei Comuni per le famiglie con 3 e più figli minori e ISEE molto bassi, inferiori a 9.000,00 euro) o di natura temporanea, come quelli connessi all’evento nascita di un figlio quali l’assegno di natalità (durata 12 mesi) e il premio alla nascita (800,00 euro).

Perché è stato introdotto l’Assegno Unico e Universale

È evidente come il sopra descritto sistema fosse inficiato da una palese iniquità, essendo gli Assegni per il Nucleo Familiare previsti solo per i lavoratori dipendenti. Come anticipato, l’insieme di questi strumenti viene completamente sostituito dall’attuale Assegno Unico e Universale con l’intento di eliminare ogni iniquità caratterizzata da un sistema fondato su forme di sostegno connesse a determinati inquadramenti lavorativi. Il complesso infatti mostrava tutta la propria inadeguatezza, alla luce del continuo mutamento del mercato del lavoro, in favore di più forme di collaborazione diverse dal lavoro subordinato.

I principi dell’Assegno Unico e Universale

I principi fondanti la riforma oggetto di analisi sono essenzialmente tre.

  • L’eliminazione della frammentazione degli aiuti con un unico strumento universale;
  • Il riconoscimento di un beneficio per l’unanimità di figli a carico su base universalistica, non più subordinato a condizioni lavorative dei genitori o alla loro situazione reddituale.
  • La modulazione degli importi sulla base della condizione economica non del singolo genitore richiedente, ma del complessivo nucleo familiare.

La ratio, pertanto, è quella di semplificare e razionalizzare gli strumenti di welfare a sostegno della famiglia e della natalità.

L’istanza per l’assegnazione può essere presentata da coloro che sono in possesso dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno ex art. 3 del D.Lgs. n. 230/2021 indipendentemente dalla categoria lavorativa cui appartiene il richiedente. Esso spetta per ogni figlio minorenne a carico e per ciascun figlio maggiorenne a carico (facente parte del nucleo familiare indicato ai fini ISEE) fino al compimento del ventunesimo anno di età.

La vera riforma, in realtà, si sostanzia nel fatto che precedentemente, in difetto di un accordo tra le parti tale sostegno spettava al genitore collocatario, ovvero quello che avrebbe sostenuto in via prevalente il mantenimento in forma diretta della prole; cosicché    se il figlio veniva affidato ad entrambi i genitori in via condivisa ma con collocazione prevalente presso la madre a quest’ultima spettava l’assegno di mantenimento.

Diversamente, l’AUU (Assegno Unico e Universale) va ripartito tra i due genitori e ciò si giustifica nel fatto che tale strumento non è stato congeniato per sostenere quest’ultimi, ma costituisce una spettanza dei figli e ciò trova conferma nella circostanza per cui compiuta la maggiore età essi possano richiedere autonomamente il pagamento. Ne discende che in caso di separazione, divorzio o affidamento condiviso di due genitori non conviventi l’assegno sarà ripartito in pari misura tra i due genitori (art. 6, comma 4, del D.Lgs. n. 230/2021); mentre nel caso di affidamento esclusivo l’assegno spetterà solo al genitore affidatario.

Muta quindi la regolamentazione in via sussidiaria, ovvero in tutti quei casi in cui non vi sia accordo tra i genitori; dove prima la soluzione di default era quella di attribuire tali sostegni al genitore collocatario, oggi la legge offre una soluzione più equidistante spartendo il vantaggio in via paritaria tra entrambi i genitori, ma questa riforma ha generato già un aumento dei contenziosi tra gli ex coniugi o ex conviventi.

È possibile che tale scelta si ponga nel solco della Giurisprudenza che, anche se in modo ancora timido, sembra voler abbandonare l’indirizzo della maternal preference a vantaggio di una parificazione dei ruoli genitoriali o forse, semplicemente, tale intervento  è espressione del nuovo atteggiamento più distaccato dello Stato nei confronti dell’ambito familiare. Si ampliano, infatti, i margini dell’autonoma concertazione tra privati, i quali potranno delineare in modo più puntuale come spartire tale contributo in base alle peculiari circostanze del loro caso.

Le parti, infatti, possono concordare per l’erogazione dell’assegno in misura intera al coniuge collocatario o affidatario dei minori: in questo caso, il richiedente l’assegno dovrà indicare nella domanda all’INPS anche i dati anagrafici del secondo genitore.

Pertanto, non v’è dubbio che lo strumento così delineato risponda, in via astratta, maggiormente a criteri di equità, ma se la norma deve essere strumento di governo dell’incertezza, è evidente che la riforma in oggetto, mostra una delega al privato contribuendo ad aumentare l’oggetto di contenzioso piuttosto che ridurlo. Difficilmente lo Stato già abbondantemente indebitato riuscirà a sostenere questa dispendiosa riforma.

In collaborazione con Studio Legale Grolla