La sindrome “nimby” come ostacolo alla crescita delle rinnovabili

Sono diversi i motivi di ostilità di Regioni, Comuni e Soprintendenze nei confronti dell'installazione dei nuovi impianti per le rinnovabili sul territorio italiano

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Le energie rinnovabili in Italia stanno mostrando un incremento, tuttavia, questo incremento non è ancora sufficiente. Secondo gli esperti, ci sono due principali ostacoli che limitano il loro sviluppo. Da un lato, c’è la questione della burocrazia e dell’inefficienza normativa, su cui ci siamo già concentrati e che affronteremo prossimamente. Dall’altro lato, si verificano ostilità da parte delle comunità e delle amministrazioni locali. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Internazionale sull’Economia e la Finanza delle Energie Rinnovabili di Agici, società specializzata nella ricerca e consulenza nel settore delle utilities, nel 2022 la capacità di produzione di energia rinnovabile installata in Italia ha raggiunto tre gigawatt, il doppio rispetto al 2021.

Per raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti dall’Unione europea entro il 2030, l’attuale tasso di crescita dovrebbe almeno raddoppiare. Questa accelerazione sembra però difficile da realizzare al momento. Per raggiungere gli obiettivi europei, sarebbe necessario avviare grandi impianti di energie rinnovabili. Purtroppo, questi progetti sono spesso rallentati da ritardi significativi in fase di autorizzazione e incontrano resistenze da parte delle comunità locali.

Ostacoli all’autorizzazione degli impianti rinnovabili in Italia

In Italia, la valutazione e l’autorizzazione degli impianti rinnovabili spettano in molti casi alle Regioni. Questa situazione, in assenza di misure di semplificazione efficaci, durature e ben integrate nelle normative nazionali, sta diventando un collo di bottiglia per lo sviluppo di questo settore.

Secondo il report “Scacco matto alle rinnovabili 2023” di Legambiente, alla fine di febbraio 2023, 1.364 impianti rinnovabili erano in fase di valutazione o autorizzazione, di cui il 76% tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.

Nel caso specifico del fotovoltaico utility scale, ovvero di grandi dimensioni, sono 780 i progetti ancora in attesa di autorizzazione. In teoria, il procedimento autorizzativo dovrebbe durare 175-220 giorni per la Valutazione dell’impatto ambientale (VIA) e 245 giorni per il procedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR). Tuttavia, alcuni progetti fotovoltaici presentati nel 2021 o addirittura nel 2020 non sono ancora stati autorizzati.

A questo problema si aggiunge un secondo ostacolo, rappresentato dai blocchi operati dalle Soprintendenze ai Beni Culturali e dalle opposizioni locali Nimby (Not in my backyard: non nel mio giardino) e Nimto (Not during my terms of office: non durante il mio mandato).

Per superare questo collo di bottiglia, è necessario un intervento normativo che semplifica e accorcia le procedure autorizzative, riducendo al minimo il ricorso a valutazioni ambientali e procedimenti amministrativi complessi. Inoltre, è necessario rafforzare il ruolo delle Soprintendenze e delle comunità locali, coinvolgendole in modo costruttivo nella valutazione dei progetti.

La complessa dinamica delle energie rinnovabili in Puglia

Nimby e Nimto sono due facce della stessa medaglia in Puglia. Le autorità locali si oppongono all’installazione di impianti rinnovabili, a volte per guadagnare consenso tra gli elettori scettici o contrari e talvolta per la mancanza di normative adeguate. La Puglia è al centro di questa discussione, essendo la seconda Regione italiana per nuova potenza installata (+338 MW nel 2022, di cui 237,7 MW di eolico) e la prima per numero di progetti rinnovabili in fase di VIA. Tuttavia, la regione è tra le peggiori in termini di tempistiche per l’autorizzazione di questi progetti, nonostante gli investimenti abbondino. La tensione tra il governo centrale, che promuove nuove installazioni, e la Regione, che cerca di regolamentare il processo per preservare il paesaggio, è evidente.

Blocchi alle rinnovabili in Italia: un problema nazionale

La Puglia non è un caso isolato. Nel suo recente report, Legambiente identifica oltre 40 “casi esemplari di blocco alle rinnovabili” in Italia, da Nord a Sud. Ad esempio, in Veneto, è stata approvata una legge regionale (n. 17 del 19 luglio 2022) che introduce vincoli e principi di inidoneità, generando incertezza tra gli operatori del settore e confusione negli uffici pubblici, ostacolando lo sviluppo delle energie pulite.

Nelle Marche, la Regione ha negato recentemente un parere positivo a un impianto agrivoltaico di 45 ettari tra Cartoceto e Fano, con una potenza di 28,38 megawatt, citando preoccupazioni riguardo alla vocazione agricola del territorio, possibili impatti negativi su aspetti geomorfologici, idrogeologici ed idraulici, frammentazione del territorio, interruzione della connettività ecologica, e possibili impatti sulla popolazione come rumore ed elettromagnetismo, oltre a un’alterazione significativa del paesaggio percepito.

Questo approccio è stato riassunto da Legambiente come “un no a tutti i costi.” Limitazioni simili allo sviluppo delle rinnovabili sono state introdotte in passato da leggi e regolamenti regionali anche in altre regioni italiane come Umbria, Lazio, Molise e Abruzzo.

Misure per coinvolgere i cittadini nella transizione energetica

Il report dell’Osservatorio internazionale sull’economia e la finanza delle Rinnovabili di Agici evidenzia che l’opposizione delle comunità locali e delle amministrazioni locali e regionali all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili è dovuta alla mancanza di benefici diretti percepiti. Marco Carta, amministratore delegato di Agici, ha sottolineato che molte persone non vedono ancora l’installazione di tali impianti come un vantaggio. Il rapporto suggerisce l’attuazione di misure concrete per coinvolgere direttamente i cittadini nella transizione energetica del Paese, come tariffe agevolate di prossimità per l’energia prodotta da impianti rinnovabili, progetti di crowdfunding per l’investimento privato in progetti rinnovabili e l’istituzione di comunità energetiche rinnovabili. Queste misure potrebbero favorire una maggiore accettazione e partecipazione della cittadinanza nella promozione delle energie rinnovabili.