Siccità svuota i campi e alza i prezzi, dall’olio al pane: cosa costerà sempre di più

La siccità non è solo una questione ambientale: è un’emergenza economica, sociale e politica. Ecco perché e quali prodotti sono destinati a salire di prezzo

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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La siccità, effetto diretto e aggravato della crisi climatica, non è più un fenomeno straordinario. È diventata un’emergenza permanente che minaccia coltivazioni, economie e stabilità sociale. E ora bussa con insistenza anche alle porte dell’Europa, Italia compresa.

Secondo l’ultimo allarmante report pubblicato dal National Drought Mitigation Center (NDMC), dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione e dalla International Drought Resilience Alliance, la siccità sta spingendo decine di milioni di persone sull’orlo della fame nel mondo. Africa, America Latina, sud-est asiatico e le aree Mediterraneo sono quelle più colpite, ma le conseguenze non conoscono confini. Il sistema agroalimentare globale è interconnesso, e quando la siccità distrugge i raccolti in una parte del mondo, i prezzi aumentano ovunque. Anche nel nostro carrello della spesa.

La siccità alza i prezzi dei beni essenziali

I dati sono chiari. In Spagna, la produzione di olive si è dimezzata a causa della scarsità di piogge, e il prezzo dell’olio d’oliva è raddoppiato. In Marocco, sei anni consecutivi di siccità hanno portato a un deficit idrico del 57%. In Turchia, il sovrasfruttamento delle falde acquifere ha provocato l’apertura di pericolosi sinkhole. Nel Canale di Panama, la carenza d’acqua ha bloccato il traffico commerciale, con effetti diretti sull’economia globale.

Anche in Italia si cominciano a percepire gli effetti: l’agricoltura del Sud, già fragile, soffre per l’assenza di piogge e le ondate di calore sempre più frequenti. Il 2024 ha visto una produzione di grano duro in calo, mentre frutta e ortaggi sono più scarsi e meno resistenti.

Risultato? Prezzi in aumento e qualità in calo. Dall’olio al pane, dal caffè allo zucchero, dai prodotti da forno alla pasta, tutto ciò che dipende da acqua e terra fertile è destinato a diventare più caro.

Cosa costerà sempre di più

Il caso più emblematico è quello dell’olio d’oliva. Già nel 2023-2024, il prezzo al dettaglio in Italia ha raggiunto i 10 euro al litro per le etichette di fascia media, mentre i produttori segnalano rese dimezzate rispetto agli anni pre-siccità. Con la Spagna e la Grecia in difficoltà, l’Italia si trova a dover coprire la domanda interna e quella estera con volumi ridotti.

La carenza di acqua nelle aree cerealicole ha ridotto la produzione di grano. Il risultato si traduce in un aumento dei prezzi delle farine, e a cascata, di pane, pasta e biscotti. Le previsioni per l’autunno 2025 indicano rincari medi del 10-15%.

Poi, con le piantagioni in America Latina soffrono per la mancanza di piogge regolari, il caffè arabica è sempre più raro e costoso, e le miscele economiche rischiano di sparire dagli scaffali. Anche lo zucchero, essenziale in molte produzioni industriali, è soggetto a forti oscillazioni di prezzo.

Il caldo e la scarsità d’acqua riducono infine la resa e la qualità dei prodotti ortofrutticoli. Per molte varietà, come pomodori, meloni e pesche, il 2025 potrebbe essere un anno da dimenticare, con meno prodotto e costi in salita anche del 30%.

Ai quali fa seguito la carenza di foraggi per gli animali, legata al clima, sta aumentando i costi per gli allevatori. Quindi il latte, già sotto pressione per i costi energetici, potrebbe diventare il prossimo bene “di lusso” se la situazione non cambia.

L’Italia è pronta?

Lo scenario descritto non riguarda solo paesi poveri o con infrastrutture deboli. Pertanto, il nostro Paese non può più rimandare una strategia nazionale per la gestione della risorsa acqua.

I dati dell’ONU e del NDMC dimostrano che la crisi idrica è aggravata da due fattori principali: il cambiamento climatico, che altera i regimi di precipitazioni, e la cattiva gestione delle risorse idriche. La combinazione di questi elementi crea un circolo vizioso che porta alla perdita di biodiversità, alla desertificazione e alla riduzione drastica delle riserve idriche sotterranee.

Serve quindi un piano serio per il riuso delle acque reflue, la modernizzazione delle reti idriche (oggi con perdite del 40%) e l’adattamento dell’agricoltura con tecniche meno idrovore.