La transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio è un imperativo categorico, dettato dall’urgenza climatica. La transizione verde si trova oggi in una fase complessa e sfidante: sebbene sia in ritardo rispetto alla tabella di marcia per raggiungere la tanto attesa neutralità climatica, essa non si è mai realmente fermata. Al contrario, l’adozione di tecnologie pulite sta conoscendo una rapida accelerazione e coinvolge un numero crescente di Paesi, inclusi molti emergenti che fino a poco tempo fa rimanevano ai margini del cambiamento sostenibile.
Come spesso accade nei momenti di svolta, il progresso della transizione può essere letto da due prospettive opposte: alcuni vedono il bicchiere mezzo pieno, altri mezzo vuoto. Da un lato, vi sono coloro che guardano con entusiasmo all’avanzamento delle energie rinnovabili. Questo sviluppo è reale e significativo, anche se talvolta trattato con una certa superficialità, al punto da generare una visione idealizzata in cui le soluzioni low cost e una maggiore determinazione politica sembrano gli unici elementi necessari per liberarci rapidamente dei combustibili fossili e contrastare l’aumento dei costi energetici.
Dall’altro lato, emergono le voci dei critici, che guardano con preoccupazione a uno scenario di cambiamenti climatici sempre più estremi e difficili da affrontare. Per questi osservatori, l’adozione di tecnologie verdi non sarà sufficiente senza interventi drastici e trasformazioni profonde nelle abitudini e nei modelli di consumo. Secondo questa prospettiva, per arginare le crisi ambientali incombenti sarà necessario adottare misure talmente radicali da comportare sacrifici economici e, probabilmente, un rallentamento del benessere generale.
La transizione verde, quindi, è sospesa tra due visioni: una che celebra i progressi tecnologici e un’altra che avverte delle limitazioni attuali e delle sfide future. Per renderla un’opportunità globale, sarà essenziale trovare un equilibrio tra questi punti di vista, sostenendo politiche coraggiose e investendo in tecnologie sostenibili per rendere la transizione non solo un progetto ambizioso, ma una realtà accessibile e inclusiva per tutte le nazioni.
Indice
Il 2023 anno record per le rinnovabili, ma le emissioni continuano a crescere
I dati del 2023 indicano che, a livello globale e in Italia, è stato un anno da record per le energie rinnovabili, sia in termini di nuova capacità installata sia di produzione di energia elettrica. Questo risultato rappresenta un importante traguardo per la transizione energetica e merita di essere celebrato. Tuttavia, il ritmo di crescita delle energie pulite non è ancora sufficiente: per rispettare gli impegni presi da quasi 200 Paesi alla Cop28 (l’ultima conferenza Onu sul clima tenutasi a novembre a Dubai), sarà necessario triplicare la capacità rinnovabile entro il 2030.
A bilanciare questi successi ci sono, però, altri numeri meno incoraggianti. Lo scorso anno, infatti, le emissioni globali di CO2 dovute all’energia hanno continuato a crescere, raggiungendo livelli senza precedenti. Le emissioni hanno superato le 40 gigatonnellate (ossia 40 miliardi di tonnellate), segnando così un nuovo record negativo. La crescita delle rinnovabili, pur significativa, non è stata sufficiente a compensare l’aumento dell’uso di combustibili fossili: sia il petrolio sia il carbone hanno toccato nuovi massimi di consumo, mentre il gas naturale ha visto una riduzione solo parziale, limitata all’Europa.
L’impatto della crescita dei consumi di petrolio e carbone
L’aumento dei consumi di petrolio e carbone rappresenta un serio ostacolo agli sforzi per ridurre le emissioni globali. Nonostante l’ampia disponibilità di tecnologie per la generazione rinnovabile, la domanda di energia da fonti tradizionali rimane elevata, spinta da vari fattori. Paesi emergenti e mercati in via di sviluppo continuano a puntare sui combustibili fossili per sostenere la crescita economica, mentre, in altre aree del mondo, la transizione verso le rinnovabili incontra ancora resistenze strutturali ed economiche.
La necessità di un’accelerazione della transizione energetica
I risultati del 2023 dimostrano che la transizione verso un’energia più pulita è avviata e in fase di espansione, ma anche che il ritmo attuale non è sufficiente a contenere il riscaldamento globale. I record di emissioni stabiliti lo scorso anno sono un monito chiaro: senza un’accelerazione significativa, gli obiettivi climatici globali fissati per il 2030 e il 2050 rischiano di diventare irraggiungibili. Per invertire questa tendenza, sarà cruciale adottare politiche che incentivino ulteriormente le energie rinnovabili, riducano progressivamente il consumo di combustibili fossili e incoraggino una maggiore efficienza energetica.
Il 2023 segna sì un importante passo avanti per le rinnovabili, ma evidenzia anche le sfide ancora aperte. Sarà fondamentale trasformare questi progressi in azioni concrete e accelerare il cammino verso un futuro a basse emissioni per rispettare gli impegni presi e proteggere il pianeta per le generazioni future.
Un equilibrio difficile tra crescita dei consumi e transizione energetica
Il petrolio ha superato un traguardo storico: per la prima volta nella storia, la domanda globale ha raggiunto i 100 milioni di barili al giorno, un dato simbolico che evidenzia la difficoltà di ridurre il consumo di combustibili fossili nonostante gli sforzi a livello globale per promuovere la mobilità sostenibile e limitare l’uso della plastico. Questa cifra dimostra come, nonostante gli impegni verso un futuro più ecologico, la dipendenza dal petrolio continui a dominare il panorama energetico mondiale, ostacolando il raggiungimento degli obiettivi climatici.
La situazione del carbone: un contrasto tra le economie avanzate e i paesi emergenti
Nel caso del carbone, sebbene nelle economie mature si stia compiendo qualche passo verso la riduzione del suo impiego (seppur con lentezza), ci sono ancora paesi in cui la sua domanda è in forte crescita. Un esempio emblematico è rappresentato dall’India, dove i consumi di combustibili fossili sono aumentati dell’8%. Questo paese è diventato uno dei principali consumatori di carbone, superando addirittura l’Europa e il Nord America messi insieme. L’India, nonostante gli sforzi per una maggiore efficienza energetica, rimane fortemente dipendente dal carbone per soddisfare le crescenti necessità di energia.
La Cina e la sua doppia realtà energetica
La Cina sta giocando un ruolo cruciale nella rivoluzione verde: infatti, oltre ad avere un’auto su tre che utilizza energia a batteria, ha installato oltre il 60% dei nuovi impianti solari ed eolici nel 2023. Questo impegno l’ha posizionata come leader globale nell’adozione delle energie rinnovabili. Tuttavia, nonostante i progressi, il paese continua a bruciare una quantità massiccia di carbone: infatti, metà del carbone consumato nel mondo viene impiegato dalla Cina, che pur riducendo la quota di combustibili fossili nel suo mix energetico (dal 2011 è passata dall’uso di fossili all’81,6%), è ancora lontana dal poter ridurre significativamente la sua dipendenza da questa fonte.
Il quadro globale dei consumi energetici: la sfida della decarbonizzazione
Il quadro globale descritto dall’ultima Statistical Review of World Energy, che ha preso il posto del famoso rapporto Bp, evidenzia un dato chiave che sintetizza tutte le contraddizioni dell’attuale transizione energetica: il consumo globale di energia primaria ha raggiunto un nuovo record storico di 620 Exajoules. Un solo Exajoule corrisponde a circa 170 milioni di barili di petrolio, un dato che evidenzia come il fabbisogno energetico globale continui a crescere, nonostante gli sforzi per passare a fonti rinnovabili.
Questo aumento dei consumi di energia ha implicazioni enormi per la decarbonizzazione. Finché il fabbisogno energetico globale crescerà più velocemente rispetto alla capacità di adottare soluzioni energetiche pulite e sostenibili, la sfida di ridurre le emissioni di CO2 rimarrà estremamente difficile, se non addirittura impossibile da vincere. Il crescente consumo di energia si sta scontrando con un sistema che, pur evolvendosi, fatica a stare al passo con la domanda crescente di energia rinnovabile.
Segnali di speranza nella transizione energetica
In Europa per la prima volta nella storia i fossili sono scesi sotto il 70% del mix energetico. Questo rappresenta un traguardo significativo, anche se la quota rimane ancora consistente. Negli Stati Uniti, i fossili sono appena scesi sotto l’80%, con consumi di carbone che in un solo anno sono crollati di quasi il 20%. Questo dimostra che, nonostante le sfide, ci sono segnali positivi di progresso nella riduzione della dipendenza dai combustibili fossili.
In Cina, le emissioni di CO2 hanno iniziato a diminuire, anche in un periodo di crescita economica. Questo è un segnale importante che fa ben sperare per il futuro. La Cina, che è uno dei principali emettitori di CO2 al mondo, sta dimostrando che è possibile ridurre le emissioni senza sacrificare la crescita economica.
Nel settore energetico gli investimenti green sono il doppio di quelli attirati dagli idrocarburi: circa 2mila miliardi di dollari contro mille, ci ha fatto sapere l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), subito ripresa con enfasi dai media di tutto il mondo. Anche questo è un segnale positivo, benché la stessa agenzia parigina ammonisca che bisognerebbe spendere due volte tanto per raggiungere il traguardo del Net Zero. Le stime Aie peraltro etichettano come “green” molti investimenti, compresi ad esempio quelli nelle reti elettriche. Il denaro indirizzato verso solare ed eolico – tanto per evitare equivoci – ammonta a 770 miliardi quest’anno, specifica l’Aie, in crescita del 5% rispetto all’anno scorso, ma in decisa frenata rispetto al +22% registrato nel 2023.
Nonostante questi progressi, ci sono ancora molte sfide da affrontare. In particolare, ci sono troppi Paesi in via di sviluppo che non partecipano alla rivoluzione verde, o partecipano molto poco, perché non riescono a finanziarla e perché l’urgenza primaria è garantire a tutta la popolazione l’accesso all’energia (ancora un lusso in molte aree del mondo) al minor costo possibile. Questo evidenzia la necessità di un approccio globale e inclusivo alla transizione verde, che tenga conto delle diverse realtà economiche e sociali.