L’Europa vuole la moda sostenibile entro il 2030: ecco come farà

La filiera del tessile diventa più sostenibile e accelera su transizione ecologica e digitale

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Alice Pomiato

Content creator

Alice Pomiato è una Content Creator che racconta com'è possibile avere uno stile di vita più sostenibile, etico e consapevole.

Nel Marzo del 2020, l’Unione Europea ha emanato l’Action Plan per il passaggio ad un’economia circolare per i tessili. Negli ultimi giorni, la Commissione Europea ha deciso di accelerare l’attuazione del programma mediante un pacchetto di iniziative da realizzare entro il 2030 per rendere il settore moda più sostenibile e competitivo.

Il modello usa-e-getta è dannoso per il Pianeta, la salute collettiva e la nostra economia” ha dichiarato Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega per il Green Deal.

La strategia del Green Deal mira a rivoluzionare il settore tessile partendo dalla progettazione, che può determinare fino all’ 80% dell’impatto ambientale del ciclo di vita di un prodotto.

Si spinge per porre fine all’insostenibile modello usa-e-getta della Fast Fashion e favorire con investimenti il Fashion sostenibile. Si rende il settore resiliente agli shock della globalizzazione (grazie ad una maggiore autonomia per le catene di approvvigionamento industriale) e al contempo si supporta una ripresa post-pandemica più sostenibile.

Perché si sta percorrendo questa strada? ​

Il settore tessile, tra impatto ambientale, consumi ed inquinamento di risorse idriche, utilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra, è uno dei più inquinanti. Si stima che ogni cittadino europeo crei in media 11 kg di scarto tessile ogni anno.

Montagne di rifiuti di cui solo l’1% viene riciclato, il resto viene incenerito o finisce in luoghi lontani e remoti, nei paesi del sud del mondo. Più della metà di tutti i capi prodotti sino ad oggi contengono fibre sintetiche in diverse percentuali, il che significa che se finiscono in discarica ci rimangono per almeno altri 300-400 anni. Dal 1996 la quantità di indumenti acquistati nell’UE, per persona, è aumentata del 40% a seguito della commercializzazione di capi di tendenza a prezzo e qualità bassissimi.

Cinque sono i punti della strategia UE per riformare la filiera della moda, rendendola più sostenibile e limitando il suo impatto ambientale. Esaminiamoli nell’ordine.

Ecodesign

Con questa direttiva, per la prima volta si stabiliscono dei precisi requisiti minimi da rispettare per poter avere accesso al mercato europeo. La sostenibilità della moda inizia con la sua progettazione. Il designer,  nella fase creativa di ideazione dei prodotti, dovrà pensare alla qualità, durabilità, affidabilità, predisposizione al riutilizzo, facile riparabilità e totale riciclabilità.

I capi dovranno essere predisposti per essere re-inseriti nel mercato tramite diversi modelli di consumo come second-hand. Infine, i prodotti dovranno essere forniti di accessori per la riparazione e la manutenzione, come bottoni, ago e filo. La profittevole obsolescenza programmata dovrà essere eliminata. Lunga vita al Fashion responsabile.

Responsabilità estesa del produttore (ERP)

Viene introdotta la nozione di Responsabilità Estesa dei Produttori che riguarda la gestione del rifiuto post-consumo. Che cosa significa?

Che spetterà ai produttori la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase in cui il prodotto diventa un rifiuto. Tutti dovranno cooperare per ridurre al minimo le possibilità che il prodotto finisca all’inceneritore o arrivi in discarica e diventi un rifiuto da gestire.

Tracciabilità e trasparenza della filiera tessile 

Si introduce una sorta di passaporto digitale dei prodotti della moda, strumento che può garantire ai produttori e ai consumatori informazioni chiare e complete.

Al suo interno troveremo riportate tutte le informazioni che riguardano l’impatto ambientale del prodotto, le condizioni dei lavoratori, i materiali utilizzati e l’utilizzo di sostanze chimiche nella filiera.

Nuovi modelli di consumo

Incentivi fiscali per supportare nuovi modelli di consumo e le filiere responsabili ed innovative che investono in nuove tecniche, materiali di produzione e nella creazione di nuovi posti di lavoro, in particolare nei settori della rigenerazione, manutenzione, riciclaggio e riparazione.

Coinvolgimento dei consumatori

Stop alla Fast Fashion. Non ci sarà più posto per capi a prezzi stracciati e pessima qualità. Cittadini e consumatori sono chiamati ad essere protagonisti di un cambiamento culturale che passa anche dagli acquisti consapevoli.

Sarà necessario responsabilizzare i consumatori portandoli a scegliere un nuovo modello di acquisto consapevole e rendendoli capaci di capire le etichette, difendersi dal greenwashing e molto altro.

Come avverrà la riconversione green

Ma non è finita qui. Oltre ai 5 obiettivi da portare a termine entro il 2030, l’Unione Europea si è espressa oltre sulla riconversione green del settore moda:

  • La creazione di Hub di riciclo, a livello europeo e nazionale per la gestione e il riciclo degli scarti di lavorazione (pre e post consumo) e dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata della frazione tessile;
  • lntroduzione di un complesso di incentivi di varia natura di lungo periodo (5-10 anni) per favorire la rilocalizzazione in Europa delle catene produttive;
  • Realizzazione di adeguate riforme strutturali ed erogazione di finanziamenti per favorire l’innovazione e la digitalizzazione dell’intero settore moda;
  • Introduzione di nuove normative per creare scuole e programmi formativi professionalizzanti sui temi della sostenibilità e dell’innovazione responsabile.

Al pacchetto di proposte redatto con il Green Deal europeo, si aggiunge la nuova strategia per la sostenibilità dei materiali, che ci racconta come non verranno più tollerati claim come “eco-friendly” o “green” senza evidenza scientifica, e nemmeno slogan come “climate positive entro il 2030” senza piani concreti e scientificamente provati per il raggiungimento di tali obiettivi.