La strategia europea sull’idrogeno è debole, gli obiettivi del 2030 non saranno raggiunti

L'Ue ha puntato molto sull'idrogeno verde per arrivare alla decabornizzazione soprattutto dei settori più difficili, ma ci sono ancora troppi ostacoli: a che punto siamo

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 10 Febbraio 2025 07:44

Idrogeno verde per decarbonizzare l’economia europea, in particolare tutti quei settori difficili da elettrificare. È questo l’obiettivo che l’Ue si è prefissata per i prossimi anni, all’interno del suo lungo percorso verso la neutralità climatica. Ad oggi però permangono grandi difficoltà, che mettono in discussione il piano. Vediamo nel dettaglio qual è la strategia europea in materia di idrogeno rinnovabile e quali sono gli ostacoli principali alla sua realizzazione.

Gli obiettivi Ue sull’idrogeno

Con il suo Green Deal l’Unione europea si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, il che significa che tutti i settori che emettono gas serra devono muoversi verso la decarbonizzazione, cioè verso l’azzeramento delle emissioni nette di anidride carbonica, e arrivarci entro quella data fatidica.

Una tappa intermedia è quella per la riduzione delle emissioni di Co2 di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Attualmente i settori con le emissioni di carbonio più elevate sono i trasporti, compresi quelli aerei e marittimi internazionali, l’approvvigionamento energetico, l’industria e l’agricoltura.

L’idrogeno verde, cioè l’idrogeno prodotto utilizzando energia elettrica rinnovabile o biomassa, è uno strumento di decarbonizzazione, visto che la produzione di idrogeno rinnovabile genera emissioni minime di carbonio, mentre il suo utilizzo non ne genera affatto. Oltre all’idrogeno rinnovabile, molto importante è anche l’idrogeno a basse emissioni di carbonio, cioè quello derivato da fonti non rinnovabili e che produce almeno il 70% in meno di emissioni di gas serra rispetto ai combustibili fossili durante il loro intero ciclo di vita.

Nel 2022, l’idrogeno ha rappresentato meno del 2% del consumo energetico europeo ed è stato utilizzato principalmente per produrre prodotti chimici, come plastica e fertilizzanti. Il 96% di questo idrogeno è stato prodotto con il gas naturale, con conseguenti notevoli emissioni di CO2.

A metà del 2020 la Commissione europea ha pubblicato la strategia dell’Ue per l’idrogeno, che ha aggiornato con il piano REPowerEU nel 2022, convinta che l’idrogeno green possa e debba avere un ruolo essenziale nella transizione verso la neutralità climatica. La Commissione ha anche definito il percorso per creare un mercato dell’idrogeno rinnovabile nell’Unione.

Per cosa vuole usare l’idrogeno l’Europa

Secondo quanto indicato nella strategia europea, l’idrogeno pulito può essere utilizzato come materia prima o fonte di energia nei processi industriali e chimici e nel trasporto marittimo e nell’aviazione. Inoltre, offre la possibilità di decarbonizzare i settori difficili da decarbonizzare, cosiddetti hard to abate, quelli cioè nei quali l’elettrificazione diretta non è tecnologicamente possibile o non è un’opzione competitiva: ad esempio, produzione di acciaio, prodotti petrolchimici, cemento e fertilizzanti.

L’idrogeno, dice l’Ue, può poi anche essere utilizzato per lo stoccaggio dell’energia per bilanciare il sistema energetico: in sostanza, può equilibrare una rete che presenta un’elevata percentuale di produzione energetica da fonti rinnovabili caratterizzata da variabilità.

Gli obiettivi e i settori di intervento

La Commissione europea si è posta come target entro il 2030 la produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile e l’importazione di 10 milioni di tonnellate. Per il periodo 2021-2027, Bruxelles ha messo in campo 18,8 miliardi di euro per finanziare progetti relativi all’idrogeno: un sostegno finanziario assegnato attraverso più programmi e bandi, tra cui il Pnrr e il Fondo per l’innovazione.

La EU hydrogen strategy è stata adottata nel 2020 e tocca cinque aree principali:

  • il sostegno agli investimenti;
  • il supporto alla produzione e alla domanda;
  • la creazione di mercati e infrastrutture dell’idrogeno;
  • la ricerca e la cooperazione;
  • la cooperazione internazionale.;

La strategia prevede una graduale accelerazione per lo sviluppo dell’idrogeno pulito nel corso di tre fasi tra il 2020 e il 2050:

  • fino al 2024, diffusione iniziale nei centri di domanda;
  • fino al 2030, riduzione dei costi e sviluppo delle infrastrutture;
  • dopo il 2030, maturazione delle tecnologie basate sull’idrogeno rinnovabile con una diffusione e una domanda su vasta scala.

Un’azione chiave per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal sull’idrogeno è legata al nuovo piano presentato a marzo 2023 dalla Commissione nell’ambito dell’Innovation Fund, che mira a stimolare e accelerare gli investimenti nella produzione di idrogeno rinnovabile attraverso la Banca europea dell’idrogeno (Ehb).

La situazione idrogeno nei vari Paesi Ue

Guardando più nel dettaglio alla strategia europea, quasi l’80% della capacità di elettrolisi totale prevista dovrebbe essere installata in cinque Stati membri: Danimarca, Germania, Spagna, Francia e Paesi Bassi.

Due Stati membri – Germania e Paesi Bassi, considerati i pionieri dell’idrogeno rinnovabile – hanno pubblicato strategie nazionali per l’idrogeno contemporaneamente alla Commissione, mentre altri 10 Stati membri hanno elaborato le proprie strategie dopo quella europea ma prima del piano REPowerEU.

I restanti sei hanno impiegato più tempo. Però, non è stato concordato nessun processo formale tra la Commissione e gli Stati membri per far sì che gli obiettivi stabiliti nelle varie strategie nazionali fossero allineati a quelli della Commissione. Lo stesso vale per i progetti cosiddetti Pnec.

Ad oggi, ci sono alcuni Paesi membri che hanno un potenziale elevato, o comunque buono, per creare una surplus di energie rinnovabili che può essere utilizzata per produrre idrogeno verde: Spagna, Francia, Svezia, Finlandia, Polonia, Grecia e anche la nostra Italia. Tuttavia, la maggior parte dei siti industriali difficile da decarbonizzare si trovano proprio in alcuni di questi Paesi, in particolare proprio in Italia, Germania, Francia, Spagna, Polonia e Paesi Bassi.

I principali ostacoli

E i problemi non finiscono qui. La Commissione ad esempio non ha condotto analisi approfondite prima di fissare gli obiettivi in materia di produzione e importazione di idrogeno rinnovabile, con la conseguenza che non sono state date indicazioni vincolanti agli Stati. Ad oggi, gli esperti sono convinti che gli obiettivi di Bruxelles siano troppo ambiziosi e che è improbabile che l’Unione li raggiunga entro il 2030.

A complicare il quadro c’è poi il piano giuridico. Per quanto la legislazione in materia di ’idrogeno rinnovabile sia abbastanza completa, non è stata fatta nessuna valutazione dell’impatto, ad esempio, sui costi di produzione. È ancora necessario quindi lavorare sulle norme e sulla certificazione.

Infine ci sono problemi intrinseci all’idrogeno stesso: perdita di efficienza legata alla dispersione di energia dovuta all’elettrolisi, costi di produzione ancora troppo elevati, fabbisogno di energia elettrica da fonti rinnovabili e di acqua e carenze infrastrutturali. Per aumentare l’uso dell’idrogeno sono necessarie infrastrutture di stoccaggio, di trasporto e distribuzione, che vanno costruite oppure sono ottenute dalla riconversione di gasdotti.