Cop30 di Belém, fumata nera sui combustibili fossili: zero accordo e bozza debole

La bozza conclusiva della Cop30 di Belém elimina ogni riferimento ai combustibili fossili e divide i negoziatori: protesta dell'Ue e di oltre 80 Paesi, presidenza in imbarazzo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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La Cop30 di Belém in Brasile, nel suo ultimo giorno, si è avviata verso la conclusione senza sciogliere nel documento finale uno dei nodi  principali: l’approvazione di una tabella di marcia per la graduale eliminazione dei combustibili fossili.

Le divisioni fra gli Stati pesano e la presidenza brasiliana ha preso atto dell’assenza di consenso.

Cop30, mancato accordo sui combustibili fossili

Il ministro italiano dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha confermato il mancato accordo sulla bozza presentata dalla presidenza, spiegando che molti contrasti restano aperti e che la trattativa, a poche ore dalla fine ufficiale della Cop30 fissata per la sera di venerdì 21 novembre, è ripartita da zero.

L’Italia mantiene come riferimento politico gli impegni assunti a Dubai (Cop28) sul percorso di allontanamento dai fossili e quelli di Baku (Cop29) sul fronte degli investimenti nel clima. Ma non tutto è perduto: è vero che venerdì terminano gli incontri da calendario, ma è possibile che nel fine settimana i delegati si trattengano per prolungare i confronti. Anche se questo rappresenterebbe solo accordi programmatici a cui dare seguito con tabelle di marcia concrete.

Il contesto è ulteriormente complicato dall’incendio divampato il 20 novembre in una delle sedi della Cop30, che ha costretto al rinvio di alcuni incontri chiave. Un episodio che il presidente della Conferenza, André Corrêa do Lago, ha definito un “richiamo alla vulnerabilità condivisa”, invitando i delegati a rispondere “insieme” alle crisi, climatiche e non

Il nuovo testo provvisorio diffuso il 21 novembre ha però suscitato critiche immediate. Rispetto alle versioni precedenti, non contiene più alcun riferimento esplicito ai combustibili fossili e cancella le tre opzioni negoziali che avrebbero consentito di concordare un phase-out graduale. Una scelta maturata dopo la forte opposizione dei Paesi produttori di petrolio e gas, tra cui Arabia Saudita e Russia.

Per molti osservatori, la proposta attuale sarebbe “vergognosamente debole”, incapace di offrire un percorso credibile per mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C. Il testo parla di una “risposta efficace e progressiva” alla crisi climatica, ribadisce il legame con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e richiama l’esigenza di sviluppo resiliente e a basse emissioni. Tuttavia, evita di connettere tali obiettivi al superamento dei combustibili fossili, riconoscendo invece gli ostacoli finanziari e tecnici dei Paesi in via di sviluppo e chiedendo di triplicare entro il 2030 i fondi per l’adattamento.

Proteste per il mancato riferimento ai combustibili fossili

La rimozione del riferimento ai fossili ha creato un fronte di protesta senza precedenti. Ue ed oltre 80 Paesi (tra cui Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Colombia, Kenya e numerosi Stati insulari del Pacifico) sostengono l’adozione di una tabella di marcia. Una trentina di Paesi ha inviato al Brasile una lettera formale minacciando di non sostenere il documento finale se non conterrà l’impegno a definire un percorso di eliminazione dei combustibili fossili.

Sul fronte opposto si muovono i principali produttori di petrolio e gas, insieme ad economie fortemente dipendenti da queste risorse. La stessa Unione Europea non ha espresso una posizione comune, e l’Italia resta prudente. Gli Stati Uniti non partecipano alla Cop30 dopo la decisione del presidente Donald Trump di non inviare una delegazione ufficiale.

La dinamica del negoziato è resa ancora più complessa dal sistema del “consenso” che governa le Cop: un concetto privo di una soglia formale di maggioranza e che impone di contemperare gli interessi, spesso divergenti, di quasi 200 attori.

Quale futuro per le prossime Cop

Se anche la menzione della tabella di marcia fosse inclusa all’ultimo minuto, non si tratterebbe comunque dell’accordo operativo: gli Stati dovrebbero poi avviare un forum tecnico e politico per definire tempi, modalità e responsabilità del phase-out, probabilmente nelle prossime Cop.