Conosci il glifosato? Ecco perché è importante sapere cos’è

Il glifosato è un diserbante utilizzato in agricoltura dagli anni Settanta che recentemente è salito alla cronaca perché è stato sollevato il dubbio sia cancerogeno.

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Alessandro Mariani

Giornalista

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Pubblicato: 2 Ottobre 2017 16:00Aggiornato: 5 Aprile 2024 19:12

Cancerogeno o no? Il dibattito sul glifosato è acceso. Si tratta di un erbicida non selettivo, quindi tossico per tutte le piante, è pericoloso anche per l’uomo?

Cos’è il glifosato e a cosa serve

Il glifosato è un erbicida largamente utilizzato su scala globale per eliminare le erbe infestanti in vari contesti agricoli e ambientali, ha una storia che risale agli anni Settanta, quando fu brevettato e attualmente è commercializzato da alcune aziende chimiche. L’aumento dell’uso di questo erbicida è stato notevole con la diffusione delle colture geneticamente modificate, come la soia Roundup Ready, che sono state progettate per resistere al glifosato.

Tuttavia, l’ampio spettro di azione del glifosato comporta conseguenze negative sull’ambiente e sulla biodiversità. Oltre ad attaccare le piante indesiderate, questo erbicida e i suoi prodotti di degradazione si accumulano nel terreno, danneggiando gli organismi del suolo e compromettendo l’equilibrio degli ecosistemi acquatici.

Effetti dannosi per la biodiversità del glifosato

Gli effetti dannosi del glifosato non si limitano all’ambiente circostante, ma influenzano anche la fauna selvatica, tra cui uccelli, anfibi, insetti e lombrichi. Diversi studi hanno evidenziato che il glifosato può interagire con il microbiota intestinale delle api, rendendole più suscettibili alle malattie e influenzando il loro sistema nervoso e la riproduzione.

La classificazione del glifosato come “probabilmente cancerogeno per gli esseri umani” da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’OMS nel 2015 ha sollevato preoccupazioni sulla sua sicurezza per la salute umana. Studi più recenti hanno indicato possibili danni al sistema nervoso e correlazioni con malattie neurologiche come il morbo di Parkinson, oltre a effetti negativi sul sistema endocrino.  Non mancano iniziative per arrivare all’annullamento dell’autorizzazione europea alla diffusione del glifosato, fra cui la petizione #stopglifosato che ha raccolto migliaia di firme per chiedere alla Comunità Europea di promuovere negli Stati membri dell’UE la messa al bando del pesticida e in genere di muoversi verso una riduzione dell’uso degli erbicidi.

La decisione dell’Ue sul glifosato

La Commissione Europea ha deciso, però, di estendere l’autorizzazione per l’utilizzo del glifosato per ulteriori 10 anni. Questa decisione è stata presa poiché i membri degli Stati non sono riusciti a raggiungere la maggioranza richiesta durante la votazione del Comitato di appello. Precedentemente, durante una votazione del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (SCOPAFF), si era verificata la stessa situazione. La Commissione ha indicato che, conformemente alla legislazione dell’UE e data l’assenza di una maggioranza chiara, è stata obbligata a prendere una decisione entro il 15 dicembre 2023, quando scadeva il periodo di approvazione precedente.

La decisione di rinnovo è stata presa sulla base di approfondite valutazioni sulla sicurezza condotte dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), in collaborazione con gli Stati membri dell’UE. Tuttavia, questa estensione è accompagnata da nuove condizioni e restrizioni, tra cui il divieto dell’uso pre-raccolta come essiccante e l’implementazione di misure per proteggere gli organismi non bersaglio. La Commissione ha inoltre sottolineato che spetta agli Stati membri l’autorizzazione nazionale dei prodotti fitosanitari contenenti glifosato. Questi Stati possono ancora limitarne l’uso a livello nazionale o regionale sulla base delle valutazioni del rischio, specialmente per quanto riguarda la protezione della biodiversità.