Tra qualche anno, al ristorante potremo ordinare manzo wagyu, pollo ruspante, salmone selvaggio, bluff oyster, carne di canguro o di alpaca che non sono stati né allevati né macellati. Si tratterà di carne coltivata o di un sostituto della carne, realizzata con materie prime vegetali o con cellule animali coltivate in laboratorio e probabilmente venduta al modico prezzo di 5 euro al chilo. A dieci anni dal primo esperimento, lo scenario che si prospetta, potrebbe richiedere meno di dieci anni per diventare realtà.
Il primo hamburger prodotto in laboratorio è nato a Londra nell’Agosto 2013. Era stato realizzato estraendo cellule staminali da una vacca e costava 300.000 dollari. Nel 2016 una polpetta sintetica costava 20.000 dollari alla libbra. Quest’anno la Future Meat Technology produce un petto di pollo sintetico da 160 grammi a 4 dollari e la compagnia statunitense Good Meat, ha recentemente annunciato la costruzione della serie di bioreattori più grandi al mondo per la realizzazione di carne sintetica.
Patrick Morris, amministratore delegato di “Eat Beyond”, ha dichiarato che: “Si sta aprendo la strada all’industria dell’agricoltura cellulare, che ha il potenziale per trasformare completamente i nostri sistemi alimentari oggi per renderli più sostenibili. Il prodotto finale, la carne coltivata, è ancora abbastanza costoso in quanto i costi di produzione sono elevati, ma una volta che il costo sarà diminuito vedremo questa industria crescere rapidamente, è solo questione di tempo”.
Personaggi illustri come Bill Gates e Leonardo Di Caprio, da anni investono in questo settore
Sarà la carne non-carne a sconvolgere la filiera alimentare per sempre?
Perché c’è bisogno di mangiare meno carne?
Il consumo intensivo di carne e prodotti animali è incompatibile con la crisi climatica che stiamo vivendo. Gli esperti che studiano il clima e l’impatto ambientale della produzione alimentare, concordano sul fatto che abbiamo bisogno di ridurre o eliminare le carni rosse, e i derivati animali.
I due settori che emettono più gas climalteranti sono quelli legati alla produzione energetica e al sistema alimentare basato sulle proteine animali. C’è chi sostiene che ci si dovrebbe concentrare sull’uno o sull’altro, ma non è così: per raggiungere gli obiettivi climatici fissati dall’Accordo di Parigi, dobbiamo sia allontanarci dai combustibili fossili, sia ridurre le emissioni dovute alla produzione alimentare globale. Infatti, se anche riuscissimo ad azzerare completamente le emissioni prodotte dai fossili, quelle derivanti dalla sola produzione alimentare ci porterebbero ben oltre il carbon budget disponibile per rimanere entro il limite di 1,5°C.
L’allevamento dei ruminanti per carne e latticini, ha il più alto impatto ambientale. Ma anche allevare maiali, polli e altri animali richiede coltivazioni, spazi, risorse, acqua, macchinari, strutture, professionalità e così via. La filiera industriale legata al loro allevamento è responsabile di un terzo delle emissioni di gas serra.
Le criticità sono molte: il rischio crescente di antibiotico resistenza, deforestazione, consumo di suolo e acqua, criticità legate allo smaltimento dei liquami eccedenti, agro farmaci, emissioni, costi esterni sanitari, sociali e ambientali, ma anche le preoccupazioni da parte delle Nazioni Unite in merito alla produzione tradizionale di carne destinata alla popolazione mondiale, esponenzialmente in crescita.
Da qualche mese sono 8 miliardi le persone a popolare il pianeta, e in qualche anno saremo presto 10 miliardi. L’industria tradizionale non sarebbe in grado di soddisfare la domanda crescente di carne se non a ulteriore danno, irreversibile, dell’ambiente.
Queste sono alcune delle motivazioni che hanno spinto la bioingegneria alla ricerca di prodotti alternativi. La filiera della carne, è infatti pensata per mantenere artificialmente bassi i prezzi, sfruttando enormi economie di scala e spostando i costi su persone, animali e ambiente.
Le tecniche di clonazione delle cellule estratte da un solo animale consentirebbero la moltiplicazione in grandi quantità di carne da mettere in commercio per tutte quelle persone che non riescono a farne a meno e a passare ad una dieta vegetariana o vegana. Stop quindi agli allevamenti intensivi e alla macellazione.
Cos’è la carne sintetica o carne di laboratorio?
Per “carne coltivata” si indica la carne prodotta in laboratorio tramite cellule staminali, quindi evitando di allevare e macellare animali.
La produzione di questo prodotto animale, generato sotto forma di ‘strisce’ di fibra muscolare, avviene attraverso la fusione di cellule staminali (allo stato embrionale o adulto) all’interno di un bio reattore. Le cellule proliferano grazie ad un mezzo di coltura, formulato con carboidrati, grassi, proteine e minerali e vengono poi fatte fermentare dando vita al taglio di carne richiesto.
Le tecniche sono più di una, ma indicativamente questi sono i cinque passaggi che si seguono:
- biopsia presa dall’animale;
- estrazione e messa in coltura in piccola scala delle cellule staminali muscolari;
- espansione in bioreattore fino ad ottenere miliardi di cellule;
- differenziazione delle cellule staminali muscolari in tessuto muscolare;
- assemblaggio della carne sintetica con adipociti (prodotti con la stessa strategia) e cellule del tessuto connettivo (fibroblasti).
Si tratta di una produzione complessa, ma il risultato finale è stupefacente o inquietante, dipende dai punti di vista. La carne ottenuta può essere utilizzata come alternativa ai prodotti a base di carne convenzionale.
Si ipotizza come nei prossimi anni, il mercato della carne convenzionale potrebbe contrarsi a scapito della crescita della carne sviluppata in laboratorio (cell-based), che sulle tavole italiane non è ancora arrivata.
Si tratta di un prodotto vegano?
No, la carne coltivata contiene cellule animali e non può essere considerata vegana. Questa, da una buona parte del movimento vegano, non è nemmeno considerata una soluzione strategica ai molti mali della produzione alimentare, ma forse solo un inizio o una tappa obbligata prima di capire che possiamo fare a meno anche di questa.
Tra i sostituti vegani della carne, troviamo invece Beyond Meat che ha commissionato uno studio al Center for Sustainable Systems dell’Università del Michigan, rilevando che la produzione di un Beyond Burger rispetto all’attuale sistema di produzione di hamburger di manzo riduce del 90% le emissioni di gas serra, richiede il 46% in meno di energia non rinnovabile, ha un impatto del 99% in meno sulle risorse idriche e del 93% in meno sull’uso del suolo.
Si può gustare in Italia, come anche i prodotti di Future Farm e la bistecca vegetale di Novameat, stampata in 3D e composta al 60% di acqua, 30% di fagioli gialli e poi olio di girasole e/o olio evo, aromi naturali, coloranti come la barbabietola e fibre di alghe.
Non solo carne sintetica, ma anche alti prodotti di origine animale sono stati sviluppati in laboratorio. La startup israeliana Remilk ha creato una bevanda che ha lo stesso sapore del latte materno prodotto dalle vacche, ma che in realtà è sintetico e creato in laboratorio da un gruppo di ricercatori in Danimarca. L’azienda punta ad allargarsi sul mercato e produrre poi latte e derivati come yogurt, formaggi e gelati cui sapori e consistenze sono identiche a quelle che conosciamo e tramite una fabbrica che sarà in grado di fare le veci di 50.000 mucche l’anno. Come funziona? Viene utilizzata una tecnica di fermentazione microbica che somiglia a quella adoperata per alcolici oppure nella lievitazione di prodotti come il pane.
Il futuro, sembra già scritto: secondo un rapporto della società di consulenza globale AT Kearney, il 60% della carne che verrà consumata nel 2040, verrà coltivato attraverso bio reattori o sarà costituita da prodotti a base vegetale.