Bioplastiche, tra calo dei consumi, illegalità e concorrenza, il fatturato è sceso del 29%

Questi i dati che emergono dal X Rapporto annuale di Assobioplastiche sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili, cala anche del 5,5% la produzione

Foto di Matteo Paolini

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il settore delle bioplastiche compostabili e della raccolta dell’umido in Italia sta affrontando numerosi problemi. Tra questi, l’illegalità diffusa, meccanismi di dumping pericolosi, un calo dei consumi, una forte diminuzione dei prezzi, la crescente diffusione di stoviglie “pseudo-riutilizzabili” e la presenza di materiali non compostabili nella raccolta dell’umido. Questi fattori contribuiscono a un grave stato di disinformazione che complica ulteriormente la situazione.

Per comprendere pienamente i dati che descrivono lo stato di salute di questa filiera, è necessario considerare tutti questi elementi. Dopo un decennio di crescita quasi costante, durante il quale i volumi prodotti sono triplicati e il fatturato, il numero di addetti e di aziende sono più che raddoppiati, il 2023 ha segnato la prima battuta d’arresto.

Questa situazione è stata evidenziata nel X Rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili, presentato a Roma durante un convegno organizzato da Assobioplastiche, Consorzio Biorepack e Cic (Consorzio Italiano Compostatori).

La filiera delle bioplastiche: un’importante risorsa strategica da tutelare

I recenti dati sulla filiera delle bioplastiche, sebbene non siano allarmanti, non devono essere sottovalutati, data l’importanza strategica che la filiera ha dimostrato di avere negli ultimi anni. La filiera delle bioplastiche ha mostrato una forte propensione agli investimenti in ricerca e sviluppo e una grande capacità di creare e moltiplicare sinergie con altri settori, a partire da quello agricolo.

Inoltre, la filiera garantisce indubbi vantaggi ambientali, ed è quindi un comparto prezioso da tutelare. Negli ultimi due decenni, la filiera delle bioplastiche è diventata un sistema economico fortemente interconnesso, in grado di unire la ricerca con l’agricoltura e l’industria, il mondo dei consumi e del commercio con quello del riciclo e della produzione di compost e biogas.

L’Italia, in particolare, è chiamata a proteggere la filiera delle bioplastiche se non vuole perdere la propria leadership nell’ambito della bioeconomia circolare.

Bioplastiche compostabili: frenata in Italia, ma il futuro è ancora verde

Il rapporto sulla filiera italiana delle bioplastiche compostabili ha evidenziato diversi fattori che hanno contribuito al rallentamento del settore.

  • Illegalità Diffusa: la presenza capillare di prodotti non a norma e pratiche di dumping da parte di aziende che ignorano le leggi vigenti
  • Riduzione dei Consumi: una domanda in calo per le bioplastiche compostabili, parzialmente attribuibile all’incremento dei costi delle materie prime e a un contesto normativo incerto
  • Calo dei Prezzi: un abbassamento significativo dei prezzi delle bioplastiche compostabili nell’ultimo anno, che ha messo a rischio la sostenibilità finanziaria delle aziende
  • Diffusione di Stoviglie ‘Pseudo-Riutilizzabili’: l’aumento di prodotti che, benché non siano compostabili, vengono erroneamente smaltiti come rifiuti organici, complicando il processo di compostaggio
  • Contaminazione nella Raccolta dell’Umido: l’introduzione di materiali non compostabili nei rifiuti organici riduce la qualità del compost e interferisce con il processo di riciclaggio
  • Disinformazione Diffusa: una grave mancanza di informazioni precise e consistenti tra consumatori e operatori del settore, che porta a confusione e impedisce una gestione efficace delle bioplastiche compostabili

Nonostante queste difficoltà, il comparto delle bioplastiche compostabili rappresenta un pilastro fondamentale per l’Italia nella transizione verso un modello di economia circolare. Le bioplastiche sono un’alternativa ecologica alle plastiche convenzionali, aiutando a combattere l’inquinamento plastico e favorendo una gestione dei rifiuti più sostenibile.

Bioplastiche in Italia: calo del fatturato nel 2023, ma il comparto resta strategico

Il rapporto Plastic Consult evidenzia una flessione del fatturato della filiera bioplastica italiana, passato da 1,16 miliardi di euro nel 2022 a 828 milioni (-29,1%). Un calo dovuto principalmente al forte ribasso dei listini (materie prime, semilavorati e prodotti finiti).

Anche i volumi complessivi dei manufatti prodotti registrano una diminuzione (-5,5% sul 2022), in linea con il trend del settore delle termoplastiche convenzionali vergini (-6%). Il comparto del monouso è stato il più colpito (-20%), penalizzato dalla concorrenza sleale dei prodotti “pseudo-riutilizzabili” e dalle importazioni di manufatti compostabili dal Far East.

Nonostante il calo generale, alcuni settori hanno registrato un andamento positivo, come quello dei prodotti legati alla raccolta dell’umido e dei film per l’agricoltura.

Nonostante le difficoltà congiunturali, le bioplastiche compostabili rimangono un settore strategico per la transizione verso un’economia circolare. La loro validità come alternativa alle plastiche tradizionali in termini di riduzione dell’inquinamento da plastica e di promozione di una gestione sostenibile dei rifiuti resta un punto di forza da preservare.

Per fronteggiare le sfide attuali e valorizzare il potenziale del settore, è necessario sostenere l’innovazione tecnologica, la ricerca sui nuovi materiali e l’adozione di strategie di marketing efficaci per contrastare la disinformazione e promuovere i benefici delle bioplastiche compostabili.

Crescita del numero di aziende nella filiera delle bioplastiche compostabili nel 2023

Anche se si è registrato un rallentamento del mercato nel 2023, la filiera italiana delle bioplastiche mostra un dato positivo: il numero di aziende è in crescita. Le imprese del settore sono attualmente 288, suddivise in 5 produttori di chimica di base e intermedi, 20 produttori e distributori di granuli, 198 operatori di prima trasformazione e 65 operatori di seconda trasformazione.

Il numero di addetti dedicati al settore, ovvero quelli che lavorano direttamente con le bioplastiche compostabili, è sostanzialmente stabile rispetto al 2022. Si contano infatti 2980 lavoratori, con una variazione negativa dello 0,8% rispetto all’anno precedente.

La crescita del numero di aziende, seppur accompagnata da una stabilità nel numero di addetti, rappresenta un segnale di resilienza del settore. Nonostante le difficoltà congiunturali, le imprese dimostrano di credere nel potenziale delle bioplastiche compostabili e continuano ad investire nel settore.

Il sostegno da parte delle istituzioni e la promozione dei benefici delle bioplastiche compostabili presso i consumatori saranno cruciali per valorizzare appieno il potenziale di questo settore strategico per la transizione verso un’economia circolare.

Riciclo delle bioplastiche, l’Italia si conferma leader, ma c’è da migliorare

I tassi di riciclo delle bioplastiche sono sopra gli obiettivi. Infatti, nonostante il rallentamento del mercato, il riciclo delle bioplastiche compostabili in Italia rimane un punto di forza. Nel 2023, il tasso al netto degli scarti è stato del 56,9%, superando gli obiettivi fissati per il 2025 (50%) e il 2030 (55%).

Sono state riciclate 44.338 tonnellate su 77.900 immesse sul mercato, un dato positivo che conferma l’impegno del settore e la validità del modello di gestione italiano.

È inoltre cresciuta la rete dei Comuni virtuosi. Sono oltre 4.600 i Comuni (58,5% del totale) che hanno aderito al consorzio Biorepack, per un totale di oltre 43,6 milioni di cittadini serviti (il 74,1% della popolazione nazionale). Un dato in crescita di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2022, che dimostra la crescente attenzione al tema della sostenibilità da parte delle amministrazioni locali.

Nel 2023, sono stati erogati 9,4 milioni di euro agli enti locali convenzionati con Biorepack per coprire i costi di raccolta, trasporto e trattamento degli imballaggi in bioplastica compostabile.

Il sistema di riciclo delle bioplastiche compostabili è pero ancora da ottimizzare. Infatti, nonostante i risultati positivi, c’è ancora margine di miglioramento. La presenza di materiali non compostabili nei rifiuti organici e la carenza di informazioni chiare per i consumatori rappresentano criticità da affrontare per ottimizzare il processo di riciclo.

L’obiettivo è quello di rafforzare la filiera delle bioplastiche compostabili attraverso l’innovazione tecnologica, la ricerca sui nuovi materiali, la formazione degli operatori e la sensibilizzazione dei consumatori. Solo così l’Italia potrà mantenere la sua leadership nel settore.

Il contributo positivo delle attività di trattamento dei rifiuti organici

Secondo il rapporto, le attività di trattamento dei rifiuti organici in Italia hanno mostrato risultati significativi. I 155 siti di compostaggio, digestione anaerobica e sistemi integrati distribuiti in diverse regioni italiane hanno trattato poco più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti umidi urbani. Grazie a questi processi, è stato prodotto un totale di 1,44 milioni di tonnellate di compost.

Questi numeri non solo sono rilevanti dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista delle emissioni di CO2eq evitate. Secondo il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ogni tonnellata di rifiuto organico trattato tramite compostaggio anziché smaltito in discarica permette di evitare l’emissione di 1,4 tonnellate di CO2eq. Questo è dovuto ai benefici associati all’utilizzo del compost nei terreni agricoli.

Questi risultati dimostrano che l’Italia sta facendo progressi significativi nel trattamento sostenibile dei rifiuti organici. Il compostaggio e la digestione anaerobica sono metodi efficaci per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti e promuovere la gestione sostenibile delle risorse.

Illegalità e disinformazione frenano il settore delle bioplastiche

La filiera delle bioplastiche in Italia si trova ad affrontare un momento delicato, caratterizzato da una congiuntura macroeconomica sfavorevole (debole crescita e tassi di interesse elevati) e da alcune problematiche interne che ne frenano lo sviluppo.

Tra le principali criticità, gli operatori del settore lamentano la persistente presenza di fenomeni illegali, che danneggiano la filiera legale e l’ambiente. Un caso emblematico è quello dei bioshopper e dei sacchetti per l’ortofrutta. Nonostante una legge specifica in vigore da oltre 10 anni, la commercializzazione di borse non compostabili, prive dei requisiti di legge e con slogan ambientali ingannevoli, è ancora troppo diffusa.

Questa situazione provoca un danno concreto alle aziende che operano nel rispetto delle normative, penalizzandone la competitività e ostacolando la crescita del settore. Inoltre, l’immissione sul mercato di prodotti non conformi ha un impatto negativo sull’ambiente, vanificando gli sforzi per la transizione verso un’economia circolare.

Per contrastare efficacemente l’illegalità nel settore delle bioplastiche, è necessaria un’azione più incisiva da parte delle autorità competenti. Sono necessari controlli più rigorosi, sanzioni più severe per i trasgressori e campagne di informazione per sensibilizzare i consumatori sull’importanza di acquistare prodotti certificati.

Solo attraverso un impegno congiunto da parte di istituzioni, aziende e consumatori sarà possibile creare un mercato delle bioplastiche sano e trasparente, in grado di esprimere appieno il suo potenziale per la tutela dell’ambiente e la promozione di un modello di sviluppo sostenibile.

Importazioni illegali dall’Oriente minacciano l’industria italiana

Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche, denuncia la crescente importazione di shopper a basso costo e di dubbia qualità provenienti dall’Estremo Oriente. Dietro a questo fenomeno, si sospetta il sostegno dei governi locali, che favoriscono le proprie industrie a scapito di quelle italiane.

Questa pratica di dumping rappresenta una seria minaccia per la sostenibilità economica delle produzioni italiane di bioplastiche. I prodotti importati, spesso non conformi agli standard qualitativi e di sicurezza, mettono a dura prova la competitività delle aziende italiane e ostacolano la crescita del settore.

Bianconi sollecita le autorità ad intervenire per fare chiarezza su questo fenomeno e per tutelare l’industria italiana delle bioplastiche. Sono necessari strumenti adeguati per contrastare il dumping e per salvaguardare l’eccellenza produttiva italiana.

La sfida all’importazione illegale di bioplastiche richiede un impegno congiunto da parte di istituzioni, aziende e consumatori. Le autorità devono vigilare sul mercato e sanzionare i trasgressori, le aziende devono puntare sulla qualità e sull’innovazione per differenziarsi dai competitor, e i consumatori devono essere consapevoli dell’importanza di acquistare prodotti certificati e di provenienza italiana.

Il dilemma dei “pseudo-riutilizzabili” e l’impatto ambientale

Il crescente numero di prodotti “pseudo-riutilizzabili” rappresenta una sfida significativa per i mercati e i supermercati. Si tratta di piatti, bicchieri e posate realizzati in plastica tradizionale, vietati dalle norme sul monouso, ma che continuano a essere commercializzati sotto l’etichetta “riutilizzabile“. Questa situazione è resa possibile da una lacuna nella normativa italiana, che non ha definito specifici parametri tecnici per identificare un prodotto come “riutilizzabile”. Questo ha creato un circolo vizioso con conseguenze preoccupanti, tra cui la proliferazione di dichiarazioni ambientali fuorvianti sui prodotti, disincentivi per le imprese a effettuare riconversioni produttive e un freno allo sviluppo delle imprese della bioeconomia circolare. Inoltre, c’è il rischio di vanificare gli obiettivi ambientali e di riduzione del consumo di plastica, oltre al pericolo di cattivo utilizzo delle risorse pubbliche.

In aggiunta a ciò, si osserva un pericoloso aumento dei casi di disinformazione, che diffonde fake news sui materiali compostabili, creando dubbi fra i cittadini e danneggiando la qualità della raccolta differenziata.

La situazione richiede un’azione normativa chiara e rigorosa per affrontare le sfide legate ai “pseudo-riutilizzabili” e contrastare la disinformazione sui materiali compostabili. È essenziale adottare misure che promuovano la corretta gestione dei rifiuti e garantiscano la trasparenza e l’accuratezza delle informazioni fornite ai consumatori.

Ostacoli e sfide nel settore del riciclo organico delle bioplastiche compostabili

Marco Versari, presidente di Biorepack, denuncia che la presenza di materiali non compostabili, come plastiche tradizionali, vetro e metalli, nella raccolta dell’umido costituisce un ostacolo significativo per il settore del riciclo organico dei materiali compostabili. Ogni chilogrammo di materiali non compostabili “sporca” la raccolta dell’umido e richiede una separazione prima delle operazioni di riciclo, sottraendo 1,65 kg di matrici compostabili. Questo fenomeno danneggia i margini di crescita delle aziende e crea problemi economici e di gestione per i Comuni. Versari sottolinea l’importanza di interventi urgenti da parte del governo e delle autorità locali, nonché il ruolo dell’Italia a livello europeo nel promuovere la valorizzazione degli scarti umidi e compostabili come cardine delle politiche ecologiche.

La presenza diffusa di materiali non compostabili nella raccolta dell’umido rappresenta una sfida significativa per il settore del riciclo organico delle bioplastiche compostabili. È essenziale adottare misure urgenti per affrontare questo problema e garantire la sostenibilità economica delle produzioni nazionali.

Valorizzazione dei rifiuti organici, una svolta per l’ambiente

Il legame tra la corretta gestione dei rifiuti organici, l’utilizzo di materiali compostabili e la produzione di compost è fondamentale per affrontare le sfide ambientali del nostro tempo. Come sottolinea Lella Miccolis, presidente del Cic, “produrre compost dai rifiuti compostabili significa valorizzare il 40% dei rifiuti domestici, trasformandoli in un ammendante naturale per l’agricoltura”.

I benefici del compost:

  • Recupero dei nutrienti: il compost riporta fertilità ai terreni agricoli, riducendo l’uso di fertilizzanti chimici e preservando la salute del suolo
  • Riduzione dei rifiuti: il compostaggio contribuisce a diminuire drasticamente la quantità di rifiuti da smaltire in discarica
  • Lotta al cambiamento climatico: la produzione di compost evita l’emissione di CO2 e preserva la capacità dei terreni agricoli di stoccare il carbonio
  • Economia circolare: il compost è un prodotto tipico della bioeconomia circolare, che promuove un modello di sviluppo sostenibile

L’obbligo di raccolta differenziata dell’umido e dei materiali compostabili, introdotto a livello europeo, rappresenta un’importante opportunità di crescita per il settore del compostaggio. Valorizzare e sostenere la produzione di compost è in linea con gli obiettivi di tutela del suolo perseguiti dall’Unione europea con la Mission Soil e la direttiva approvata dall’Europarlamento.

Promuovere l’utilizzo di materiali compostabili, migliorare la raccolta differenziata e investire nella produzione di compost sono azioni fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente, la lotta al cambiamento climatico e la promozione di un modello di sviluppo sostenibile.