Bilancio di sostenibilità: quali sono i fattori e chi deve redigerlo

Scopri cos'è il bilancio di sostenibilità, cosa riguarda e per quali aziende è obbligatorio

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Pietro Boniciolli

Esperto in Scienze Ambientali

Con una doppia laurea in scienze naturali, scrive articoli per diversi blog che trattano di tematiche ambientali ed è presidente del WWF FVG.

Pubblicato: 16 Febbraio 2021 15:26Aggiornato: 6 Marzo 2024 16:51

Il bilancio di sostenibilità è un documento richiesto periodicamente a un’organizzazione, un’impresa, ente pubblico o associazione che attesta un rendiconto dell’attività, non limitandosi però ai soli risultati finanziari raggiunti. Per capire cos’è il bilancio di sostenibilità è bene distinguerlo dal bilancio d’esercizio: quest’ultimo si configura infatti come un attestato obbligatorio per legge a cui può accedere lo Stato per verificare dati finanziari con entrate, uscite e dettagli utili.

Il bilancio di sostenibilità guarda ad un’attività in modo più completo rispetto al bilancio d’esercizio, non preoccupandosi solo del mero aspetto finanziario, ma dell’impatto che quella realtà ha sul territorio, l’ambiente e l’aspetto sociale.

Cos’è il bilancio di sostenibilità

L’Unione Europea, attraverso il Libro verde della Commissione (2001), presenta questa definizione di bilancio di sostenibilità: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Sei anni dopo, anche il Ministero dell’Interno in Italia ha fissato una definizione nazionale per questo impegno aziendale: “Il Bilancio Sociale è l’esito di un processo con cui l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato”.

Chi deve attenersi all’obbligo del suddetto bilancio? Una volta l’anno sono tenuti a presentarlo gli stakeholder, o portatori d’interesse verso l’azienda, per dimostrare l’aderenza dei principi mantenuti nell’ambito della Responsabilità d’Impresa o Corporate Social Responsibility (CSR). Per portatori di interesse si intendono dipendenti, fornitori, incluse stampa e autorità locali.

I motivi per cui presentare il report di sostenibilità sono svariati. Si risponde certamente ad un’esigenza legislativa, ma non solo. Anzitutto, presentare tale documento significa mostrarsi consapevoli e responsabili nell’adeguarsi al rispetto dell’ambiente. Si crea un’immagine aziendale (o di altra attività) affidabile. Si può accedere a finanziamenti per investire o migliorare dei servizi, partecipare a meeting dove confrontarsi con realtà simili nonché avere la possibilità di partecipare a progetti di politica ambientale.

Come redigere il bilancio di sostenibilità

Oggi non esiste per legge un modello unico a cui attenersi, tuttavia le informazioni da rendicontare tra cui ambiente, comunità locale, personale, rispetto dei diritti umani, lotta alla corruzione attiva e passiva, seguono delle linee guida come quelle del Global Reporting Initiative.

Il GRI è una realtà nata proprio con l’intento di accompagnare le aziende nel comunicare l’impatto che queste hanno sulla sostenibilità (economica, ambientale e sociale). Le direttive coinvolgono sia l’aspetto processuale che di contenuto; il modello è largamente utilizzato in quanto adatto ad ogni tipo di organizzazione (intersettoriali e internazionali) e variabile secondo caso.

I contenuti della rendicontazione, anche se cambiano secondo esigenza, hanno degli elementi minimi in comune, tra cui:

  • la lettera agli stakeholder da parte del vertice aziendale;
  • una nota metodologica, (tra cui redazione del report, processo di engagement ed analisi di materialità;
  • il profilo dell’organizzazione (mission, offerta dei servizi e dimensione sul territorio, valori, organizzazione interna);
  • la governance e strategia (informazioni sulla struttura di governo dell’organizzazione ed esplicitazione della strategia di sostenibilità);
  • la rendicontazione degli aspetti di materialità, che può essere scomposta per stakeholder (clienti, fornitori, dipendenti, comunità locale, ambiente) o per tipologia d’impatto (sull’economia, l’ambiente o l’aspetto sociale).

Bisognerà scegliere le giuste tematiche da snocciolare, rilevanti per gli stakeholder aziendali, non limitandosi al mero impatto sull’ambiente, ma tenere conto dell’influenza ambientale, sociale e governativa in un’ottica più ampia. Allo stesso tempo un altro punto da considerare è la trasparenza nella trasmissione di dati: l’obiettivo con cui si è partiti e il risultato soprattutto, indicando indicatori numerici che rivelino in modo chiaro le performance ottenute nel tempo.

Far certificare il bilancio di sostenibilità da terzi sarà sicuramente un modo per assicurarsi che le linee guida vengano mantenute, aggiungendo o eliminando dati ritenuti necessari o compatibili. Il bilancio dovrà poi essere aggiornato di anno in anno, non limitandosi ad un semplice report numerico ma fornendo un documento con un lessico comprensibile, fluido, curato nonché accattivante.

Chi ha l’obbligo di fare il bilancio di sostenibilità

Tempo fa il bilancio d’esercizio era obbligatorio per legge, a differenza di quello di sostenibilità che era definito su base volontaria. Ad oggi, le cose sono cambiate per il report di sostenibilità: alcune società sono obbligate per legge a presentarlo. La direttiva numero 95 del 2014 (2014/95/UE), accolta alla fine del 2016 da parte del Parlamento e del Consiglio europeo, ha sancito l’obbligo di redazione per tutte le “imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e gli enti di interesse pubblico che sono imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni, in ciascun caso aventi in media più di 500 lavoratori, nel caso di un gruppo, da calcolarsi su base consolidata”.

Base consolidata significa una realtà che abbia determinate caratteristiche stabilite: il totale patrimoniale deve superare i 20 milioni di euro, o, come alternativa, il totale dei guadagni delle vendite e delle prestazioni deve superare i 40 milioni. La direttiva è collegata al principio del “comply or explain“, ossia le aziende che presentano tali caratteristiche dovranno esplicitare le loro politiche nell’ambito, o, nel caso in cui non lo facciano, dovranno spiegare le ragioni per cui non le hanno pubblicate.

La rendicontazione attraverso le sei fasi

Dopo aver menzionato alcune regole generali a cui attenersi per la rendicontazione per cui si rimanda agli indicatori GRI per il dettaglio, può esser utile guardare con attenzione alle fasi che accompagnano tale documento.

Seguendo il modello GRI, infatti, redigere il report vuol dire svilupparlo attraverso 6 punti ad iniziare dalla mappatura degli stakeholder: trattandosi di un documento realizzato ad hoc per gli stakeholder, tra le altre varie figure di riferimento è necessario identificare le figure chiave per valutare quali siano i destinatari da coinvolgere nella valutazione degli aspetti di materialità da rendicontare.

Il secondo passo è l’analisi di materialità interna, che consiste nello sviscerare gli aspetti di sostenibilità tramite un coinvolgimento del massimo rappresentante (o dei massimi rappresentanti) dell’attività in questione.

Segue poi un’analisi di materialità esterna, passo che si sviluppa tramite questionari, interviste o colloqui degli stakeholder chiave con lo scopo di arrivare ad una valutazione riguardo la rilevanza degli aspetti di sostenibilità. La valutazione si ispira al modello GRI, ma può essere tuttavia integrato, come accennato, con altri elementi specifici in base all’esigenza, e quindi variabili. La cosiddetta matrice di materialità si configura come il punto finale del coinvolgimento con gli stakeholder per evidenziare gli aspetti che meritano maggior attenzione e quindi andranno messi nero su bianco nel bilancio di sostenibilità. Lo scopo è fornire utili strumenti alla realtà aziendale nel centrare gli elementi più impattanti in una duplice ottica sia di rendicontazione che di orientamento strategico.

La quarta fase prende il nome di definizione del cruscotto indicatori. Una volta evidenziati gli aspetti più rilevanti da rendicontare, si passa all’eseguire il “cruscotto indicatori”, aiutandosi con l’impostazione promossa dal GRI. Gli aspetti ottenuti dovranno essere descritti tramite un’introduzione dell’approccio gestionale (politica interna e procedure), un’argomentazione riguardo idonei indicatori qualitativi e quantitativi e attraverso una descrizione di precise iniziative.

Si può procedere ora con la fase numero cinque, la raccolta dei dati, processo assai delicato che impegna tutte le parti coinvolte, ognuna delle quali dovrà sviluppare attraverso dati numerici informazioni che provengono dal proprio campo di esperienza. Il lavoro di ognuno confluirà poi nel bilancio finale.

Sesto ed ultimo passo per la redazione del documento, l’elaborazione di dati e testi. I dati numerici estrapolati vengono tradotti in un documento che sarà leggibile anche a terzi, attraverso un lessico preciso e scorrevole. Data la peculiarità dell’argomento trattato, spesso al documento integrale si accompagnano delle note di sintesi per precisi target (ad esempio i clienti, le istituzioni e così via).

Il bilancio di sostenibilità redatto

Una volta seguite le sei fasi, si avrà come risultato finale un estrapolato che può contare su due fattori: il primo è quello di uno strumento di comunicazione perché fornisce dati numerici che rispondono alle istanze conoscitive degli stakeholder riguardo  gli elementi o settori valutati come rilevanti.

Il secondo è uno strumento di gestione utile all’azienda per acquisire una maggior consapevolezza di quelli che sono in termini obiettivi i propri risultati e di migliorare eventualmente determinati approcci di lavoro in un’ottica più lungimirante e consolidata.