Perché gli evasori non dovrebbero andare in carcere

Ernesto Maria Ruffini, direttore dell'Agenzia delle Entrate, ha affermato di non credere alle pene detentive per chi evade le tasse in Italia

Foto di Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Il carcere non è la risposta all’evasione fiscale. Ne è convinto Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate e presidente dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con una dichiarazione che ha fatto storcere il naso a chi si aspetterebbe, da parte del capo del Fisco, una presa di posizione netta nei confronti di chi non paga le tasse. Le frasi dell’avvocato sono state riportate da molti giornali, decontestualizzate, dando vita a una pioggia di commenti negativi sui social. Vediamo cosa ha detto realmente.

“Il carcere per gli evasori non mi convince”: parla il capo dell’Agenzia delle Entrate

Durante la presentazione del suo libro “Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 a oggi”, edito da Feltrinelli, davanti alla platea del Circolo dei lettori del Festival Internazionale dell’Economia a Torino, Ernesto Maria Ruffini ha ricordato che in Italia ci sono almeno 19 milioni di soggetti con almeno una cartella esattoriale.

“La pena detentiva per chi non paga le tasse non mi ha mai convinto”, ha dichiarato. Spiegando i tanti milioni di cittadini e imprese che hanno eluso il Fisco “hanno fatto i maramaldi per tanti anni” ed è necessario usare con loro degli strumenti che li facciano “rientrare in carreggiata”.

Sistemi già individuati dall’Agenzia delle Entrate, come ha tenuto a sottolineare. Idealmente dovrebbe passare il messaggio che “chi non paga viene intercettato” e “l’azione viene punita“. In questo modo un evasore sarebbe considerato come un “autolesionista“.

Ha poi spiegato i suoi dubbi sul carcere a chi non paga le tasse con una domanda retorica. “Meglio mettere in carcere l’evasore, così poi la sua attività fallisce, o farlo lavorare finché non ripaga la collettività?”, ha chiesto al pubblico intervenuto al Festival Internazionale dell’Economia di Torino.

Chi sono gli evasori in Italia e perché non conviene optare per le pene detentive

Durante il suo intervento Ernesto Maria Ruffini ha parlato a lungo delle dichiarazioni dei redditi precompilate, spiegando che il prossimo passo sarà prevedere misure simili anche per le partite Iva. E sulla riforma del Fisco ha dichiarato che andrebbero riorganizzate le norme e capire quali possono essere cambiate. “Altrimenti si fa altra confusione“.

E a ben vedere c’è qualcosa che non torna nel nostro sistema fiscale, considerando l’immane quantità di soldi che puntualmente sfuggono ai controlli. Nel 2017, anno in cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato per l’ultima volta i dati completi che riguardano l’evasione in Italia, il mancato gettito ammontava a oltre 108 miliardi di euro.

A essere maggiormente evase sono queste tasse.

  • l’Irpef, sia per i lavoratori autonomi che per le imprese;
  • l’Iva;
  • l’Imu;
  • l’’Ires;
  • l’Irap;
  • le accise sui prodotti elettrici;
  • il canone Rai;
  • le locazioni;
  • le addizionali locali Irpef per il lavoro dipendente;
  • l’Irpef dei dipendenti.

Quest’ultima ha un tax gap, un indicatore che misura la percentuale evasa del gettito teorico, inferiore al 3%. L’Irpef evasa da autonomi e imprese arriva invece al 69,9%. Tuttavia è l’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, a essere la voce a cui corrisponde un quantitativo di gettito evaso superiore. Da sola è responsabile per un buco di ben 36 miliardi di euro. L’Irpef di liberi professionisti e aziende arriva a poco più di 32 miliardi di euro.

Insomma, autonomi e partite iva, non è una novità, sono i soggetti responsabili di almeno tre quarti dell’evaso. Il 5 Si tratta di soggetti che, trovandosi a dover chiudere le proprie attività a causa della detenzione in carcere potrebbero trovarsi ulteriormente indebitati e quindi nella condizione di non poter pagare quanto dovuto allo Stato, come ha spiegato bene Ernesto Maria Ruffini.