La proposta per tassare i “super ricchi”

Tassare i "super ricchi", si ritorna a parlare di questa eventualità. E proprio di recente, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha pubblicato una guida su come intraprendere riforme fiscali efficaci in questo senso

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Il contrasto alle disuguaglianze di reddito e di ricchezza è un tema sempre più presente nell’agenda politica di molti Paesi. Di recente, il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha pubblicato una nota intitolata “How to Tax Wealth”, fornendo una guida dettagliata ai decisori politici su come intraprendere riforme fiscali efficaci per ridistribuire la ricchezza senza danneggiare l’economia. Questa proposta mette in luce diverse modalità di tassazione dei super-ricchi, ovvero l’1% più facoltoso della popolazione, che spesso detiene una quota sproporzionata della ricchezza globale.

Tassare i super ricchi, la proposta

La nota dell’Fmi esplora tre principali soluzioni per tassare i super-ricchi:

  1. introduzione di un’imposta sul reddito da capitale, tramite tassazione dei guadagni derivanti da investimenti e altri redditi da capitale;
  2. prelievo sui patrimoni, ovvero l’applicazione di un’imposta sul valore netto dei patrimoni personali;
  3. inasprire la tassazione sulle successioni, rafforzando le imposte sulle eredità e sulle donazioni per limitare l’accumulo dinastico di ricchezza.

Si tratta di proposte, che il Fondo Monetario ha accompagnato a una serie di raccomandazioni rivolte agli Stati, tra cui quella di concentrarsi sul miglioramento della tassazione del reddito da capitale piuttosto che introdurre nuove imposte sul patrimonio.

Questo perché la tassazione del reddito da capitale tende a causare meno distorsioni economiche rispetto alle imposte sul patrimonio.

Chi andrebbe a colpire la tassa sui super-ricchi?

La tassa sui super-ricchi mirerebbe a colpire i contribuenti con i patrimoni o i redditi più elevati. Questi individui spesso hanno patrimoni netti elevati, includendo proprietà immobiliari, azioni, obbligazioni, partecipazioni aziendali e altri investimenti.

Il termine “super-ricchi” si riferisce genericamente ai contribuenti facoltosi che appartengono allo 0,01% con la più elevata concentrazione mondiale del reddito o della ricchezza. Secondo il Bloomberg Billionaires Index, i 500 più ricchi al mondo possiedono un patrimonio complessivo di 7,7 trilioni di dollari. Una sovrattassa del 2% su questi patrimoni potrebbe generare 250 miliardi di dollari all’anno, secondo l’EU Tax Observatory.

Determinare quanti pagherebbero la tassa per i super-ricchi non dipende però tanto dalla definizione specifica di “super-ricchi”, quando dalle soglie di ricchezza o reddito stabilite dalla normativa fiscale. Generalmente, i super-ricchi sono considerati una piccola frazione della popolazione, tipicamente lo 0,01% o l’1% più ricco.

In Italia, la situazione può essere valutata sulla base delle dichiarazioni dei redditi e delle statistiche patrimoniali. I dati dell’Istat e del Ministero dell’Economia e delle Finanze potrebbero fornire una stima del numero di individui che rientrano nella categoria dei super-ricchi. Ad esempio, se il governo decidesse di applicare una tassa sui super-ricchi definendo “super-ricchi” quelli con un patrimonio netto superiore ai 10 milioni di euro, e supponendo che questa categoria rappresenti lo 0,1% della popolazione, circa 60.000 individui potrebbero essere soggetti alla nuova tassa.

Perché tassare i super ricchi?

Ciclicamente, sul piano nazionale e internazionale, di quanto sia giusto tassare i super ricchi.

È oggettivo che è una proposta del genere potrebbe contribuire significativamente a ridurre le disuguaglianze di ricchezza.

In un contesto di crescenti disuguaglianze e tensioni economiche, la tassazione dei super ricchi potrebbe davvero essere una soluzione concreta e necessaria. Questo approccio, se ben implementato, può offrire numerosi benefici, sia per la società nel suo complesso sia per l’economia nazionale.

Tassare i super ricchi consente una redistribuzione più equa della ricchezza, contribuendo a colmare il divario tra i più abbienti e i meno fortunati. Le risorse raccolte attraverso queste imposte possono essere reinvestite in servizi pubblici essenziali come la sanità e l’istruzione, migliorando l’accesso e la qualità per tutti i cittadini. Questo non solo promuove l’equità, ma rafforza anche il tessuto sociale, creando una società più giusta e coesa.

Inoltre, un sistema fiscale equo si basa sul principio che chi ha di più dovrebbe contribuire di più. I super ricchi, avendo una maggiore capacità contributiva, dovrebbero pagare una quota proporzionalmente più alta di tasse. Questo principio di progressività fiscale assicura che il carico fiscale non gravi eccessivamente sulle spalle della classe media e dei lavoratori, ma sia distribuito in modo da riflettere le reali capacità economiche di ogni individuo.

Infine, uno dei principali vantaggi della tassazione dei super ricchi è la possibilità di ridurre il debito pubblico. Le entrate generate possono essere utilizzate per abbattere il deficit, limitando così la necessità di tagli alla spesa pubblica ma anche stimolando la crescita. Infatti, le entrate derivanti dalla tassazione dei super ricchi possono garantire la sostenibilità delle politiche pubbliche a lungo termine. Queste risorse possono finanziare investimenti strategici in infrastrutture, ricerca e sviluppo, e servizi sociali, contribuendo a una crescita economica sostenibile e inclusiva.

Tuttavia, l’efficacia di tali misure dipende dalla loro attuazione pratica e dalla capacità di evitare l’elusione fiscale. Per l’Italia, seguire le linee guida dell’Fmi potrebbe rappresentare un passo importante verso una maggiore equità fiscale, ma il Governo Meloni sembra non aver intenzione di procedere in questo senso. Poiché nessun tipo di azione del genere, ad oggi, è stata annunciata.