La banca può davvero bloccare i miei soldi?

La possibilità che la banca blocchi un conto corrente genera non poche preoccupazioni per i correntisti. Vediamo quando ciò può avvenire e come si può agire legalmente.

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

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Pubblicato: 19 Dicembre 2024 16:42

Il blocco dei fondi depositati in banca può avere ripercussioni gravi, specialmente se il cliente utilizza quel conto per la gestione delle spese quotidiane o per ricevere stipendi e pensioni. Il tema tocca direttamente i diritti dei consumatori e il rapporto contrattuale che si instaura con l’istituto bancario al momento dell’apertura di un conto corrente. Tuttavia, il blocco dei conti non può essere arbitrario, né slegato da valide motivazioni previste dalla legge.

Quando la banca può bloccare i miei soldi?

La banca può bloccare i soldi di un cliente in circostanze definite dalla legge e dalle condizioni contrattuali del conto corrente. Vediamo i principali casi in cui il blocco del conto è considerato legittimo.

Obblighi di legge

Le banche sono soggette a stringenti obblighi legali e regolamentari, che impongono loro di intervenire se emergono situazioni di rischio o violazione della normativa. Tra i principali motivi:

  • segnalazioni antiriciclaggio (D. lgs. n. 231/2007): La banca è obbligata a monitorare e segnalare operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), un organismo di controllo istituito presso la Banca d’Italia. Se vi sono sospetti di riciclaggio di denaro o finanziamento al terrorismo, la banca può procedere al blocco temporaneo dei fondi, in attesa di chiarimenti. Ad esempio, un cliente versa un’ingente somma di denaro non giustificata rispetto al suo profilo economico.
  • sequestro penale (art. 321 c.p.p.): le autorità giudiziarie possono disporre il sequestro preventivo dei fondi presenti su un conto corrente se questi sono ritenuti connessi a un reato (es. frodi fiscali, appropriazioni indebite). In tali casi, la banca è obbligata ad eseguire il provvedimento.
  • pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.): il blocco dei fondi può essere disposto da un creditore, previa autorizzazione del giudice, per soddisfare un credito insoluto. In questo caso, la banca agisce come “terzo” custode e congela l’importo richiesto fino alla conclusione della procedura esecutiva.

Blocco del conto per motivi contrattuali

Oltre agli obblighi normativi, la banca può bloccare un conto in base alle clausole del contratto sottoscritto con il cliente o a prassi operative interne, volte a garantire la sicurezza e il corretto funzionamento del servizio.

  • Prevenzione di frodi e sicurezza bancaria: le banche adottano sistemi di monitoraggio per rilevare operazioni anomale che potrebbero indicare frodi o attività non autorizzate, come il furto d’identità. In tali casi, il blocco avviene in via cautelativa. Ad esempio se vengono rilevati tentativi di accesso non autorizzati o trasferimenti di denaro insoliti.
  • Scoperti di conto non autorizzati: se il correntista usa il conto oltre il limite del saldo disponibile senza avere un fido bancario o superando il limite concesso, la banca può limitare l’operatività del conto fino al rientro dello scoperto.
  • Inattività del conto: i cosiddetti “conti dormienti”, cioè i conti senza operazioni per oltre 10 anni, possono essere bloccati. In questo caso, i fondi residui vengono trasferiti al Fondo Consap per i conti dormienti, secondo quanto previsto dalla normativa.

Cosa fare in caso di blocco

In caso di blocco, è opportuno contattare immediatamente la filiale o il servizio clienti della banca per chiedere chiarimenti. Le banche sono tenute, ai sensi della normativa sulla trasparenza bancaria (art. 1176 c.c.; D. lgs. n. 385/1993, noto come Testo Unico Bancario – TUB), a comunicare al cliente le ragioni del blocco, salvo che vi siano impedimenti di legge (ad esempio, segreto istruttorio in caso di sequestro penale).

Se il blocco è legittimo occorre regolarizzare tempestivamente la situazione, ad esempio saldando eventuali debiti o adempiendo agli obblighi contrattuali o documentali richiesti dalla banca. In particolare, in caso di pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, è possibile richiedere una rateizzazione del debito; il pagamento della prima rata può portare allo sblocco del conto.

Invece, se il cliente ritiene che il blocco sia illegittimo può procedere con un reclamo formale alla banca, chiedendo lo sblocco del conto. L’istituto di credito ha 30 giorni di tempo per rispondere.

Se la banca non risponde al reclamo o non sblocca il conto, il correntista può presentare ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), il quale risponderà entro 90 giorni dalla ricezione della documentazione. Infine ci si può rivolgere all’autorità giudiziaria.

Posso denunciare la banca se blocca il mio conto senza un motivo valido?

Sì, se la banca blocca un conto corrente conto senza un motivo legittimo è possibile agire legalmente. Il blocco di un conto corrente deve essere sempre motivato e legittimo. Pertanto, blocchi arbitrari possono configurare una responsabilità della banca per i danni subiti dal cliente.

Responsabilità civile

Se la banca non rispetta le condizioni contrattuali o agisce senza una giustificazione valida, ciò può costituire un inadampimento contrattuale (art.1218 c.c.) e il cliente può chiedere il risarcimento per i danni subiti, che possono includere:

  • danni economici (ad esempio, l’impossibilità di effettuare pagamenti, interessi di mora per ritardi, perdita di opportunità commerciali);
  • danni non patrimoniali, come il danno reputazionale.

In alcuni casi, è possibile presentare un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere lo sblocco immediato del conto se c’è il rischio di un danno grave e irreparabile in attesa del giudizio ordinario.

Responsabilità penale

In alcuni casi più complessi, un comportamento scorretto della banca potrebbe integrare fattispecie penalmente rilevanti, come:

  • estorsione (art. 629 c.p.) se il blocco del c/c è il mezzo per esercitare una pressione indebita sul cliente;
  • omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.) in caso di ritardi ingiustificati nella gestione delle operazioni legittime del cliente.

L’azione penale è riservata a casi gravi e deve essere supportata da prove documentali. In genere, la responsabilità penale si affianca a quella civile e richiede il coinvolgimento di un avvocato specializzato in diritto bancario.